I migliori 10 film sentimentali di sempre

I migliori 10 film sentimentali di sempre: la classifica

Il cinema ha sempre avuto la potenza di mescolare diverse arti tra di loro, oltre che gli stili e le poetiche dei vari autori. Si tratta di un metodo assolutamente valido per le persone di potersi rispecchiare nei personaggi messi in scena e nelle loro storie, storie prettamente umane. Narrare di vicende storiche impreziosite dai diversi punti di vista di chi l’ha vissuta, oppure generare un sentimento caloroso come quello dell’amore, è una maniera efficace di veicolare un messaggio e, più in generale, un contenuto con estrema sincerità. Non è un caso che tra i generi cinematografici più amati di sempre ci sia proprio quello sentimentale, in grado di mostrare relazioni improntate sulla seduzione, la stima, la passione travolgente: ciò talvolta è reciproco, talvolta è disilluso, affettuoso ma malinconico per quanto sia drammaticamente respingente. Insomma, i film sentimentali riescono a scolpire le storie di personaggi umani nei cuori e nella mente del grande pubblico, e a volte anche della critica. Ma quante e quali volte, i registi sono riusciti ad esporre brillantemente una storia d’amore veicolata con estro? E quali volte la critica contemporaneamente al pubblico generalista è stata convinta da un determinato film? Ecco la classifica dei migliori 10 film sentimentali di sempre, posizionati in modo sparso.

I migliori film sentimentali della storia: i 10 titoli

Sono numerosi i film sentimentali prodotti e distribuiti, anche diretti da grandi registi che hanno saputo impregnare le storie d’amore con la loro visione poetica a riguardo, e con una tecnica talvolta sontuosa e in grado di comunicare al meglio attraverso il linguaggio cinematografico. Chi è riuscito in tale impresa, è assolutamente da inserire in un’apposita classifica. Di seguito vengono indicati i 10 migliori film sentimentali di sempre.

10. Via col Vento, diretto da Victor Fleming (1939)

Via col vento è uno dei migliori film sentimentali di sempre senza ombra di dubbio. Ciò è comprovato dal fatto che a distanza di 84 anni è ancora impresso nelle menti dei critici e le persone di tutto il mondo. Si tratta di un kolossal incentrato su una storia d’amore, distribuito nel 1939 e diretto da Victor Fleming, ambientato nel sud degli Stati Uniti durante la Guerra di Secessione americana. I personaggi protagonisti sono la nobile Rossella O’Hara (Vivien Leigh), ossessionata dal marito di sua cugina ma che allo stesso tempo vive una relazione amorosa piuttosto altalenante e agitato con Rhett Butler (Clark Gable). I dialoghi sono iconici, tanto da essere ricordati ancora a distanza di tutti questi anni. Le relazioni tra i personaggi indicano seduzione, contrasti tra ideologie (arretrate e moderne), temi superati, temi ancora ambiguamente moderni: una formula ammaliante quella del kolossal diretto da Fleming. L’amore è dare sé stessi, ma anche rinunciare, e ciò viene declinato attraverso il contesto storico in cui le vicende prendono vita.

Via col vento ha un sapore di nostalgia per come ricostruisce una società passata, contrapponendo le diverse personalità che la componevano. La Guerra di Secessione è un espediente per confrontare due diversi stili di vita, così come erano in guerra gli Stati Uniti e gli Stati Confederati. La protagonista è un’aristocratica dotata di grande passione ma anche di abilità meschine, siccome tende a voler manipolare gli altri per fare i propri interessi personali. Poi c’è Ashley, personaggio che pur di difendere il suo mondo è disposto a qualunque mezzo o azione, incarnando perfettamente lo spirito Sudista. Rhett Butler invece è più cinico e razionale, e comprende che il Nord industrializzato ha più possibilità di avere la meglio in un conflitto bellico grazie ai vantaggi economici. La tradizione, quindi i conservatori, sembra essere minata da tale avanzamento ideologico, tecnologico ed economico degli stati del Nord: per il Sud, infatti, il cotone è considerato oro bianco per il suo valore, in grado di far gola esattamente quanto un affare tra le banche e le altre istituzioni, o le ferrovie per esempio.

9. Casablanca, diretto da Michael Kurtiz (1942)

Uno dei film più intriganti, ricordati e amati della storia del cinema è Casablanca, di importanza vitale per i suoi significati e per la forza evocatrice dell’amore inscenata nella relazione impossibile tra i due protagonisti. La costruzione dell’immaginario nel film da principio da imponenza e centralità all’immagine di Rick (Humphrey Bogart), eroe americano che quasi come un detective del noir è sfuggente, seducente e allo stesso tempo parte da una condizione isolazionista ad un coinvolgimento emotivo nonché politico. Non è un caso che lo stesso Rick zittisca gli ufficiali tedeschi intonando la Marsigliese, provocando la reazione dei patrioti germanici. Rappresenta proprio la posizione americana che nel ’42 aveva deciso di non schierarsi nella Seconda Guerra Mondiale, con i tedeschi ad aver occupato la Francia e gran parte dell’Europa. La coscienza politica in questo caso ha la meglio sull’amore, che deve qui sacrificarsi per il bene del globo, regalando così un finale amaro, sofferto, quanto intenso e ricco di pathos.

Un sacrificio personale-individuale lascia comprendere come si può fare la differenza. Ilsa viene anch’essa sacrificata ed è stessa lei a subirne le conseguenze, nonostante per la trama abbia un ruolo fondamentale nel fare aprire la mente ed il cuore a Rick, l’eroe di turno. Una donna dal carattere forte, sfacciatamente dichiarato e perciò iconico. Pellicola in bianco e nero che dimostra una grande qualità nella fotografia, tanto da farla rientrare perfettamente nei canoni da noir per le ombre che squarciano la luce e l’immagine. Rick sul finale si allontana tra le sabbie rosse della Monument Valley, si distacca per difendere l’ideale di libertà e prende una netta posizione politica, troppo importante per essere messa in secondo piano.

8. Vacanze Romane, diretto da William Wyler (1953)

Ambientato a Roma, precisamente si raccontano le vicende dell’irrequieta principessa Anna (Audrey Hepburn) che riesce a scappare dal controllo delle guardie e a girovagare per la capitale italiana. Siccome incontra il giornalista Joe Bradley (Gregory Peck) la sua vita cambia drasticamente e la raffinata commedia di William Wyler non fa altro che mettere in evidenza come una principessa possa sentirsi tra le libere strade di una città, senza dover tenere fede ai propri impegni reali. La sceneggiatura riesce ad inglobare i personaggi, in particolare la coppia protagonista, in una serie di espedienti narrativi freschi nei dialoghi e negli equivoci bizzarri, efficace e ambigua perché il sentimento reciproco non viene esternato sin da subito ma gradualmente. La Hepburn è al suo primo ruolo importante e segna subito l’immaginario collettivo con questo personaggio.

La Vespa, addirittura, è riuscita ad elevarsi a status symbol come mezzo privato di anarchia totale e girovagare spensierato. La scenografia è sfruttata per inserire i personaggi in un processo di avvicinamento delicato e studiato minuziosamente, come ad esempio nella scena particolarmente dettaglia ed efficace della Bocca della verità, monumento romano conosciuto in tutto il mondo. Il finale è sì amaro, ma pregno di significato siccome la principessa deve tornare a ricoprire la sua carica ufficialmente e l’incontro nascosto ma non troppo, con il giornalista, è espresso in un potente scambio di sguardi, irresistibile.

7. Io e Annie, diretto da Woody Allen (1977)

Io e Annie è considerato il capolavoro della poetica di Woody Allen, regista di etnia ebraica che interpreta una versione macchiettistica e comica di sé stesso, con pregi e difetti enfatizzati. I pensieri filosofici del protagonista Alvy sono veicolati con un approccio divertente e incalzante, tanto da rapportarsi con Annie Hall come un genio affascinante ma allo stesso tempo maledetto per le paranoie nutrite e il bisogno incessante di esprimere sé stesso. C’è una certa anarchia nei dialoghi, così come c’è nelle relazioni sentimentali, soprattutto in quella imbastita dalla coppia protagonista. La riflessione sulla natura dell’amore e l’impossibilità reale di poter convivere con certe dinamiche, così come la carriera non si può sacrificare quando dietro c’è una grande passione e la vita tra fidanzati così come tra marito e moglie, ne risente.

Nell’arco dei 90 minuti c’è spazio per proiettare mentalmente ciò che Alvy pensa e come riflette su certe sue azioni in rapporto ad Annie. La conoscenza tra i due e il successivo innamoramento è tenero, ma allo stesso tempo divertente e si conclude la parabola con un cambio di città, di taglio di capelli e soprattutto di stile di vita, siccome Annie preferisce adesso poter dedicarsi soltanto a sé stessa. Alvy invece è sempre stato in un limbo, non sapendo bene cosa volesse davvero: per un periodo sembra infastidito da Annie, in un altro sembra non poter fare a meno di lei. Insomma, tra sesso e marijuana, litigi e riappacificazione, il capolavoro massimo di Woody Allen scorre meravigliosamente lasciando lo spettatore travolto e tramortito da quanto ha potuto osservare.

6. Harry, ti presento Sally, diretto da Rob Reiner (1989)

Divertente commedia che è riuscita a influenzare il cinema portando in sé un prezioso espediente narrativo, seducente ed efficace per far sì che il pubblico potesse specchiarsi nei due protagonisti: Harry e Sally sono due migliori amici che si conoscono inizialmente, non si sopportano ma finiscono per volersi bene. Il bene diventa qualcosa in più, si tramuta ben presto in amore ma ognuno dei due personaggi prende una strada diversa, elemento evidenziato anche dall’uso dello split screen al montaggio.

Iconica la scena in cui Sally dimostra ad Harry che le donne possono fingere un orgasmo, ma l’imbarazzo si fa protagonista vero siccome i due sono in un elegante ristorante con parecchie altre persone, rendendo la scena incredibilmente divertente e a tratti surreale. La relazione tra la futura coppia è esilarante sia per i dialoghi, dove i due sono sempre pronti a punzecchiarsi, ma soprattutto per i gesti messi in scena: un tocco, uno sfiorarsi le dita, i capelli, dimostra quando sia fondamentale e amorevole prendersi cura di un’altra persona. L’amore sboccia solo e finalmente nel finale, quando con un’esternazione da memorizzare la coppia si dichiara ciò che prova.

5. Before Sunrise – Prima dell’alba, diretto da Richard Linklater (1995)

Un film che difficilmente può essere analizzato ed espresso propriamente a parole, siccome il regista riesce nell’intento di immergere o avvolgere in una ragnatela di dialoghi il pubblico. L’incontro casuale tra due giovani a Vienna è il fulcro per Linklater di esporre forse stesso, forse storie di altri ascoltate e prontamente trasposte dalla sua macchina da presa. Il film, primo di una bellissima trilogia, riesce nell’intento di mostrarsi come una specie di diario della nuova coppia che in circa 24 ore sancisce anche l’amore fisico (oppure no?) dopo quello mentale. Infatti, per un’ora e mezza si assiste alle domande più convenzionali ma dalle risposte talmente ammalianti da non poter far a meno di ascoltarle.

Seduzione, simbiosi, caducità del tempo e destino che coglie in flagrante i due personaggi protagonisti. Ma a differenza della commedia hollywoodiana classica, in questo film c’è sì un grande senso di atemporalità, eppure lo sfondo assume comunque significato: Vienna sprigiona romanticismo, non ci si tira indietro da uno sguardo o un semplice gesto comunicante ed espresso con sincera passione.

4. I ponti di Madison County, diretto da Clint Eastwood (1995)

Romanticismo classico raccontato da uno dei pochi registi viventi ancora a mettere in scena il cinema classico hollywoodiano. Clint Eastwood stesso recita al fianco di una Meryl Streep mai così seducente, sincera e appassionata. Infatti, la storia di una casalinga nei pressi della rurale Madison County che viene stravolta dalla presenza di un misterioso fotografo arrivato all’improvviso, in un week-end in cui la famiglia della donna è fuori. I due stringono subito un legame alimentato dalla curiosità di scoprirsi l’un l’altro.

Ben presto la curiosità si trasformerà anche in passione fisica, e le inquadrature proposte da Eastwood riescono ad affascinare quanto a incidere sui tocchi, gli sguardi, il coronamento totale di un amore scoppiato e accesosi letteralmente nel giro di poche ore. Un punto di vista romantico, d’altri tempi, ma incredibilmente concreto e per questo tangibile.

3. Titanic, diretto da James Cameron (1997)

Titanic è un kolossal sentimentale che riesce ad andare ben oltre la sola storia d’amore. Il film detiene il record di nomination agli Oscar (14) ed è una pellicola incredibilmente amata sia dal pubblico generalista che dalla critica, anche a distanza di oltre vent’anni. Si tratta di una tragedia vissuta con il cuore, immergendo lo spettatore in una dilatazione temporale prettamente cinematografica quale è il flashback della Rose anziana, che narra l’affondo del famoso transatlantico ai ricercatori. “Il cuore dell’Oceano” è il gioiello da loro ricercato, ma in fondo custodisce i segreti del cuore di una donna, quale è Rose: una donna che si lasciata salvare dagli ideali di Jack, ma che al tempo stesso si è resa protagonista e artefice della propria libertà, in quanto individuo valoroso e valorizzante. Allo stesso tempo Jack si fa beffe della classe sociale dei ricchi, e di conseguenza del fidanzato attuale dell’amata Rose.

Ma se la madre di quest’ultima tenta di bloccare la eventuale relazione con un “poveraccio” come Jack, proprio nel momento in cui, tra l’altro, la mamma le stringe il corsetto come a voler indicare un “restringimento” dell’ossigeno circostante, l’amore riesce a prevalere. Infatti, Rose decide per sé e in quanto donna di inizio Novecento ha la forza di dire no alle convenzioni sociali della borghesia, infischiandosene di poter “retrocedere” a proletaria purché si viva al meglio, come le suggerisce l’arte di Jack e il suo girovagare per il mondo ascoltando storie. Il montaggio, la fotografia, le interpretazioni e ogni componente riesce ad essere incredibilmente cinematografica nel veicolare il messaggio: la tragedia vissuta dalla coppia squarcia inizialmente l’amore, ma la donna sul finale si libera di quanto raccontato in un momento di massima catarsi culminato nella morte e nel ricongiungimento delle anime. Non solo una grande storia d’amore pregna di significato, ma anche un dialogo quasi senza inclusioni tra alto e basso, verticale e orizzontale, ricchi e poveri.

2. Se mi lasci ti cancello, diretto da Charlie Kaufman (2004)

Pellicola sentimentale basata sullo scambio di ricordi tra Clementine e Joel, i due protagonista interpretati rispettivamente da Kate Winslet e Jim Carrey. Con un espediente narrativo appartenente al cinema di fantascienza, grazie ad un macchinario la coppia che si è appena lasciata e sta soffrendo per questo, può finalmente cancellare i ricordi che li lega l’uno all’altro. La sceneggiatura si fa disturbante nei dialoghi, ma soprattutto è l’anarchia visiva a rendere inquietante questo percorso a ritroso nel subconscio dei due protagonisti.

I suoni diventano comunicatori di irrequietezza, dovuta ad una una straordinaria voglia di evadere dalla realtà. Il punto di vista di Kaufman è improntato sul dolore di quando avviene la rottura tra due persone, eppure il riavvicinamento tra i due personaggi sul finale lascia avvertire un leggero calore per la speranza alimentata. Il melenso delle dichiarazioni vengono celate dall’orrore che vivono i personaggi nei propri ricordi, in particolare Joel, che nel frattempo ci ripensa e vorrebbe svegliare il vero sé, addormentato.

1. Chiamami col tuo nome, diretto da Luca Guadagnino (2017)

Altro racconto atemporale e moderno nei concetti e nell’esposizione fondamentale per l’impiego sociale. Una coppia omosessuale non può dichiarare apertamente il suo amore in “un luogo qualunque del Nord Italia” negli anni Ottanta proprio a causa della mentalità retrograda. I dialoghi e l’apertura dei genitori di Elio rappresentano la modernità, un passo in avanti nell’accettare ciò che il pensiero umano (non tutto) non sempre contempla e da per assodato. La macchina da presa di Guadagnino segue le nudità dei corpi, si fa erotica ma allo stesso tempo mai compiaciuta o ingombrante. Sembra quasi un film di altri tempi per quanto sia edulcorato inizialmente e veicolando tramite immagini, espressioni facciali quali l’irritazione, la noia, la passione e soprattutto l’amore esploso poi in sessualità.

Gradualmente la seduzione e i gesti tra la coppia cresce in maniera esponenziale, e le inquadrature romantiche ed intime di Guadagnino non fanno altro che esplicitare ciò che sta accadendo interiormente ai personaggi. Le contrapposizioni narrative come il ruolo del padre nello studiare reperti archeologici quando è un uomo prettamente aperto in tutto, l’attrazione di Elio per le ragazze (reciproco) ma soprattutto per il nuovo affascinante arrivato: Oliver. L’irritazione di Elio si fa costante a causa dei comportamenti piuttosto menefreghisti dell’uomo, padrone di una certa cultura. Ma l’attesa è fremente, e il gioco delle parti fa sì che con l’avanzare del tempo le maschere possano in realtà cadere. L’esplosione si fa attendere, e l’addio diventa più complesso che mai per la coppia di amanti che nel frattempo aveva intrecciato identità, corpi e soprattutto anima.


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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.