Malala: trama, cast e tutte le info sul film dedicato all’attivista Premio Nobel per la Pace

Malala: trama, cast e tutte le info sul film dedicato all'attivista Premio Nobel per la Pace

La formidabile e ormai ventiquattrenne Malala Yousafzai, blogger e attivista impegnata nella causa della scolarizzazione delle ragazze, fondatrice dell’organizzazione no-profit Malala Fund per la raccolta di fondi a scopo educativo, sopravvissuta nel 2012 ad una ferita d’arma da fuoco per mano di un sicario talebano nel nativo Pakistan e vincitrice del premio Nobel per la pace, si è sposata.

Il felice annuncio della Premio Nobel Malala attraverso i social media

Malala Yousafzai, una tra le voci più influenti e distinte degli ultimi decenni, nata a Mingora (Valle dello Swat, Pakistan) il 12 luglio 1997, è adulata in tutto il mondo (specialmente nei paesi occidentali) per il suo coraggio ammirevole. Dedita sin da giovane alla lotta per l’affermazione dei diritti civili e per il diritto all’istruzione – bandito da un editto dei talebani – delle donne, ha iniziato l’ascesa alla notorietà grazie al suo blog per la BBC.

Dopo i tragici eventi che l’hanno coinvolta e i numerosi successi della sua carriera da fervente attivista sociale, la giovane rivoluzionaria rivela attraverso i social media di aver raggiunto un altro importante traguardo della vita. Se a luglio dichiarava in un’intervista per il British Vogue la sua incertezza in merito all’utilità effettiva della pratica del matrimonio attirando a sé numerose critiche, il 9 novembre 2021 la si vede più innamorata che mai, affiancata da suo marito nelle foto allegate al post su twitter in cui annuncia: “Oggi segna un giorno prezioso nella mia vita. Asser e io ci siamo sposati e saremo compagni per la vita”.

He named me Malala: la trama del documentario

Il superlativo film/documentario He named me Malala diretto dal regista e produttore cinematografico statunitense Davis Guggenheim nel 2015 è un utile e, oggi più che mai necessario strumento conoscitivo del mondo islamico, attraverso la commovente storia di Malala, la giovane attivista ridotta in fin di vita per la sola colpa di aver manifestato pubblicamente il suo desiderio di leggere e studiare.

Guggenheim mette in luce la netta separazione tra il terrorismo politico-religioso e la vita pacifica dei popoli aventi un credo diverso senza mettere in discussione i diritti fondamentali dell’essere umano, la democrazia e la pace universale. Egli pone sotto l’attenzione dello spettatore la fede islamica, che, se vissuta come fa la famiglia Yousafzai (così come moltissime altre famiglie mussulmane), non manca di rispondere all’uguaglianza e al rispetto collettivo.

Il film, realizzato in 18 mesi molto intensi, si apre fluidamente in una sequenza di fiabesche animazioni alternate alle genuine interviste ai membri della famiglia e alle riprese storico-geografiche del Pakistan. La protagonista ha poco più di undici anni, le piace ridere, scherzare, giocare, ascoltare la musica, guardare la televisione, passeggiare, fare shopping e soprattutto andare a scuola e studiare. Ma tutto ciò si scontra con gli ideali politico-religiosi estremisti dei talebani. Del resto, sono gli stessi corsi e ricorsi storici a insegnarci che, da sempre, l’arma più temuta dai retrogradi e sanguinari regimi dittatoriali è proprio l’istruzione, l’unica vera forza capace di render libere e incontrollabili le popolazioni.

La piccola Malala, che già in tenera età assisteva in casa ai discorsi del padre e dei suoi amici sulla politica (assimilandoli inevitabilmente), prorompe più esplosiva di un’atomica e comincia a scrivere, sotto pseudonimo, un blog per la BBC in cui si fa portavoce della lotta per la libertà e la scolarizzazione femminile, scontrandosi coi divieti vigenti e ribadendo più volte l’importanza fondamentale della cultura, grazie alla quale, a sua detta, si sarebbero potuti superare tutti i comportamenti e le ideologie nocive. Ma l’efferata risposta dei talebani sopraggiunge puntuale: nell’ottobre del 2012 Malala viene colpita rovinosamente da tre proiettili alla testa durante un attentato, mentre era di ritorno da scuola a bordo di uno scuolabus. Subisce a Birmingham (Regno Unito), un delicatissimo intervento al cervello, che le viene ricostruito in parte, e dopo una lunga convalescenza la giovane rivoluzionaria torna a combattere più determinata che mai, creando col padre il Fondo Malala, pubblicando il best-seller Io sono Malala in collaborazione con Christina Lamb, tenendo commoventi discorsi alle Nazioni Unite, incontrando influenti capi di stato, intraprendendo numerosi viaggi in tutto il mondo per la difesa dei diritti dei bambini e diventando la più giovane candidata (e vincitrice) del premio Nobel per la pace della storia.

Le dichiarazioni di Davis Guggenheim sul film dedicato a Malala

Il ritratto del regista quindi si focalizza sulla crescita di Malala, che prende coscienza del suo potere come agente di un cambiamento globale ed epocale. Lei stessa afferma dopo il tragico evento: «Credevano che i proiettili ci avrebbero zittiti. Ma nella mia vita non è cambiato niente a parte questo: la debolezza, la paura e il pessimismo sono morti; sono nati la forza, la potenza e il coraggio». 

«Grazie alla sua istruzione», dice Guggenheim dopo la lavorazione del film, «Malala ha trovato la propria voce, e ha poi preso la decisione di usarla per quello in cui crede. Se qualcun altro venisse ispirato a parlare a gran voce vedendo questo film, sarebbe qualcosa di speciale». 

He named me Malala: cast e riconoscimenti del documentario

La Fox Searchlight Pictures, in associazione con la Image Nation Abu Dhabi, Participant Media e National Geographic Channel, presenta una produzione Parkes-MacDonald e A Little Room. Il film è diretto da Davis Guggenheim (altresì noto per aver diretto il documentario “Una scomoda verità”) con la presenza di Malala Yousafzai, Ziauddin Yousafzai (padre di Malala), Toor Pekai Yousafzai (madre di Malala), Khusal e Atal Yousafzai (fratelli di Malala).

I produttori sono Walter Parkes e Laurie MacDonald (“il Gladiatore”) e Davis Guggenheim con Mohamed Al Mubarak, Michael Garin, Jeff Skoll (“Citizenfour”) e Shannon Dill (“Foo Fighters: Back and Forth”) come produttori esecutivi. L’equipe di produzione comprende i montatori Greg Finton, A.C.E. (“Waiting for Superman”), Brian Johnson e Brad Fuller (“Rebirth”); il direttore della fotografia Erich Roland (“Waiting for Superman”), musica di Thomas Newman (“American Beauty”), le animazioni di Jason Carpenter (“The Renter”), la produttrice delle animazioni Irene Kotlarz, i produttori associati David Diliberto e Shiza Shahid, e Sarah Regan alla supervisione della produzione.
Il 1° dicembre 2015, il film è stato nella rosa dei candidati, insieme ad altri quattordici, come Oscar al miglior documentario per i Premi Oscar del 2016; è stato anche nominato alla 43ª edizione degli Annie Awards, nella categoria Miglior produzione speciale animata e ha ricevuto due nomine al Women’s Image Network Awards, includendolo come Miglior documentario e Migliore produzione.

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Stefania D'Aniello
Appassionata di lingue, culture e comunicazione in tutte le sue forme verbali e non.