Nomadland, la recensione del miglior film drammatico ai Golden Globes 2021

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Oggetto del nostro articolo, la pellicola attraverso la quale la regista cinese, naturalizzata statunitense, Chloé Zhao, ha raggiunto la consacrazione. Parliamo di Nomadland, il film protagonista di questa recensione, che ha conquistato i Golden Globes 2021 come miglior film drammatico. L’accezione per cui Nomadland è stato premiato, però, potrebbe trarre in inganno i più. L’opera della Zhao, infatti, vuole essere un monito alla speranza; una tela su cui i colori più brillanti appartengono agli ultimi, ai reietti che non demordono, ai nuovi cowboy che hanno voltato le spalle alla modernità, per volere, ma principalmente per necessità; accettando di buon grado un destino che molti definirebbero infausto. Già dalle prime righe, si evince che, Nomadland, sia una piccola gemma della cinematografia moderna. Di seguito, ne scopriremo i punti di forza.

La recensione di Nomadland: i particolari della trama

Nomadland vuole essere una condanna definitiva ai tratti più logoranti del capitalismo. Forte di una trama limpida e di interpretazioni intensissime, il film si ispira all’omonimo libro di denuncia sociale della giornalista Jessica Bruder che condanna la condizione degli homeless statunitensi durante il periodo della grande recessione del 2008. Riportato su grande schermo e, sapientemente modellato dall’estro genuino della Zhao, però, Nomadland si propone come una rivisitazione languida e luminosa dello stato dei senzatetto americani.

In Nomadland assistiamo alla sovversione totale dell’American Dream; all’abbattimento dell’avanguardia in favore di un nuovo rinnovamento, più spirituale che materiale, meno concreto e straordinariamente emozionale ed emozionante. In Nomadland i senzatetto diventano i nuovi pionieri che vedono nel nuovo oro la felicità stessa. Raggiungere la realizzazione personale in Nomadland vuol dire vivere al di là della società e della sua ricerca spasmodica dello status quo.

L’esperienza della protagonista

Tutto questo, nel film viene esplicato attraverso l’esperienza di Fern, vedova che intende procedere da sola nella sua vita, poiché sradicata a forza da tutto ciò che, prima della crisi, aveva considerato la normalità. La perdita degli affetti, del lavoro e, la progressiva trasformazione di Empire, la sua città nel Nevada, in un luogo dai tratti post-apocalittici, spingono Fern a lasciarsi alle spalle la desolazione del ricordo, abbandonando i fantasmi del passato a bordo di Vanguard, il furgone che le avrebbe fatto da casa e mezzo di trasporto.

La donna affronterà tutto questo con grande spirito di cambiamento, conquistando una pace interiore che, mai prima di allora era riuscita a raggiungere. La pellicola raggiunge il climax attraverso le avvolgenti parole della protagonista, quando si definisce una senzatetto e non una senza casa, data la mole di persone straordinarie che ha conosciuto nel tempo. Fern è felice, glielo si legge negli occhi e nella voce, calda, sicura e capace di tranquillizzare anche nelle tempeste più oscure. Lei e tutti gli altri houseless ritratti in questo meraviglioso spaccato d’America, hanno accettato candidamente il loro destino, vivendo alla giornata con lavori stagionali e, soprattutto, concentrandosi su tutto ciò che la vita ha da offrirgli.

Le scelte del cast sono un punto di forza di Nomadland

Giunti a questo punto della nostra recensione di Nomadland che, ricordiamo, aver conquistato il titolo di miglior film drammatico ai Golden Globes 2021, ci sembra opportuno spendere alcune parole d’elogio per il cast e la scelta originale di Chloé Zhao per la pellicola. Ad animare Nomadland, infatti, sono stati soltanto due attori professionisti: Frances McDormand, immensa nel ruolo di Fern e David Strathairn nel ruolo di Dave. Tutte le persone che hanno costituito il nucleo esistenziale della protagonista dopo la sua svolta naif, infatti, sono veri homeless statunitensi che, attraverso Nomadland, hanno avuto l’opportunità di raccontare la loro esistenza; narrando di quanto meraviglioso sia assistere al cambio delle stagioni on the road e visitare le lande più selvagge degli Stati Uniti in cerca di ristoro; muovendosi controcorrente rispetto ad un mondo sempre più frenetico ed interconnesso.

La recensione di Nomadland: le conclusioni

Nomadland è uno spaccato salvifico di un’esistenza considerata, da molti, come un’ultima spiaggia alla quale aggrapparsi in un momento particolarmente critico della propria vita. Quella degli homeless è, del resto, una categoria completamente bistrattata e, in alcune società, malvista del mondo moderno. Ciò nonostante, occorre fornire uno spiraglio al mondo dei senzatetto, affinché la loro condizione sia portata in risalto nella frenesia della routine moderna. Nomadland, però, vuole essere questo e molto di più. Nella sua natura primordiale di ricongiunzione catartica con la vera natura dell’uomo, la pellicola intende mostrare alle persone che delle alternative esistono.

Nomadland, in questo senso, ci invita a rompere il castello di vetro nel quale gli abitanti del mondo civilizzato si sono relegati; mostrandoci una possibile via d’uscita agli istanti più oscuri del vivere comune. La pellicola si muove su una filosofia del Less is more che, mai come in tempi discutibili come questi, può fornire interessanti spunti di riflessione su sé stessi e sulle proprie fortune. Nomadland è un tripudio d’empatia, un manifesto dell’indipendenza più totale che non ha paura di rompere le barriere del pensiero condiviso. Chiudiamo la nostra recensione di Nomadland con un’osservazione sul lavoro della Zhao: attraverso la pellicola con cui la cineasta si è consacrata al grande pubblico, questa ha firmato la sua più viscerale dichiarazione d’amore alla natura; servendosi di una fotografia magistrale che mette in risalto le suggestive ambientazioni dell’America libera dal cemento, dalle emissioni e dal caos metropolitano.

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Claudio Pezzella
Studente in culture digitali e della comunicazione. Articolista specializzato in contenuti a tema culturale. Appassionato di cinema, serie TV, musica ed arte in ogni sua forma.