The Disciple, la recensione del film Netflix

the disciple

Scritto, diretto e montato da Chaitanya Tamhane, The Disciple è un film drammatico del 2020 prodotto dalla Zoo Entertainment. Disponibile alla visione sulla piattaforma di streaming online di Netflix, The Disciple è una pellicola indiana presentata alla settantasettesima edizione della Mostra Internazionale dei Cinema di Venezia. L’opera affronta tematiche delicatissime, seguendo per oltre due ore l’instancabile ossessione del protagonista che cerca di proseguire una tradizione musicale destinata, a causa del progresso, a scomparire. The Disciple è una pellicola intensa ed impegnata, un’opera che pone lo spettatore di fronte ad una serie di dilemmi di stampo esistenzialista da non sottovalutare affatto. In quest’articolo, vi presentiamo il nostro punto di vista su The Disciple attraverso una recensione.

La recensione di The Disciple, trama

La trama di The Disciple è molto intricata. Riassumere l’arco narrativo su cui si sviluppa il film può essere una vera impresa. Al di là della schiettezza del messaggio trasmesso dalla pellicola, infatti, ciò che rende complessa la fruizione dell’opera è l’esperienza che intende portare sullo schermo e, per la quale, forse le parole non bastano. La storia è questa: Sharad è un ragazzo cresciuto con una figura paterna che l’ha indirizzato, sin dall’inizio, verso la musica tradizionale indiana. Nella pellicola, questa viene definita “musica classica” e, sostanzialmente, si compone di sezioni semi-improvvisate tendenti verso una dimensione spirituale a sé stante, basata sulla ricerca di un flusso interiore.

Il processo di composizione musicale mostrato in The Disciple diventa una vera e propria catarsi spirituale. Con la musica, gli uomini cercano di elevarsi al divino, sfruttando la voce come principale mezzo di comunicazione. Le composizioni classiche indiane, per altro, necessitano una concentrazione ed un allenamento estremi, non ammettendo distrazioni di alcun tipo. Sharad, da parte sua, non serba dubbi. Il giovane vuole diventare un maestro di canto, padroneggiando la musica classica in ogni sua sfaccettatura. Ad un certo punto del suo percorso, però, Sharad comincerà a mettere tutto in discussione; pensando di non essere all’altezza dei guru del rag e rimanendo con il dubbio logorante di aver sprecato la sua vita a rincorrere una chimera.

Non solo musica

Il film oggetto della nostra recensione, The Disciple, è letteralmente diviso in due parti. Se da un lato vediamo il giovane Sharad pieno di speranze negli anni ’90, nella seconda parte è, ormai, un uomo e lotta contro la perdita della tradizione che più ama. The Disciple riflette perfettamente la sensazione di inadeguatezza del protagonista, sempre sospeso in un limbo di insoddisfazione personale. Mentre Sharad lotta con sé stesso per trovare il flusso emotivo che gli permetterebbe di diventare un guru per qualcuno, il tempo scorre e sempre meno persone si appassionano alla musica classica come lui. Insomma, Sharad si sente davvero fuori dal mondo, incapace di trovare un posto dove potersi sentire quanto meno accettato.

La pellicola presenta diversi punti di altissima cinematografia, da scene suggestive a performance a dir poco sublimi. The Disciple è, già di per sé, una piccola esperienza mistica riflessa su schermo. La perdita della tradizione, poi, si traspone pedissequamente nella potenza evocativa delle composizioni scelte per la colonna sonora, sempre più calante scena dopo scena. The Disciple, però, non è solo un film drammatico indirizzato sulla musica. La pellicola è anche un’intensa storia di padri e figli, in costante lotta tra tradizione e contemporaneità. Insomma, il divario generazionale diventa una tematica cardine del discorso portato avanti dall’opera.

Andando avanti nella visione della pellicola, del resto, ci si rende conto che l’incapacità di Sharad di cantare come vorrebbe proviene dal fatto che, questa passione, gli sia stata inculcata e che non l’abbia assimilata naturalmente. The Disciple nasconde, dunque, una serie di spunti di riflessione ben più radicati nel tessuto sociale contemporaneo ed internazionale: “cosa vogliamo fare della nostra vita?” e, ancora, “quanto i giovani sono davvero diversi dalle concezioni idealizzate delle generazioni passate?”; e poi: “Vogliamo davvero sbocciare e diventare guide oppure vogliamo rimanere sotto l’ala protettrice dei nostri maestri per sempre?”.

La recensione di The Disciple, conclusioni

Siamo arrivati alla fine della nostra recensione di The Disciple che, ricordiamo essere disponibile alla visione sulla piattaforma di streaming online di Netflix. Tirando le somme, parliamo di una pellicola destinata ad un pubblico decisamente ristretto. Ammettiamolo, The Disciple non è un film per tutti e, Chaitanya Tamhane lo sapeva benissimo in fase di sviluppo. L’opera è molto spirituale, la musica funge da espediente efficace e da mezzo fondamentale per lo sviluppo di una trama emotivamente intensa.

Affacciarsi, tra l’altro, al folklore di terre lontane, può essere un’esperienza decisamente formativa, pur richiedendo uno sforzo non indifferente da parte dello spettatore. Non è facile entrare in sintonia con le vicende riportate sullo schermo da The Disciple, ma una volta fatto, l’opera offre un’esperienza extra-sensoriale a 360°, capace di proiettarci verso un universo nuovo, misterioso e sconfinato. Consigliamo The Disciple per la sua indole ipnotica e per la sua capacità di lasciare che anche lo spettatore più esigente si abbandoni al flusso di coscienza dell’opera.

About the Author

Claudio Pezzella
Studente in culture digitali e della comunicazione. Articolista specializzato in contenuti a tema culturale. Appassionato di cinema, serie TV, musica ed arte in ogni sua forma.