Recensione – Empire of Light: il nuovo film di Sam Mendes

La recensione di Empire of Light, nuovo film di Sam Mendes

Empire of Light è il nuovo film del regista britannico Sam Mendes, il cui ultimo lavoro era stato apprezzato dalla critica e dal pubblico, oltre che dall’Academy: 1917. Per quanto riguarda la distribuzione in sala di Empire of Light, il film era stato presentato al Torino Film Festival nel novembre del 2022; negli Stati Uniti esce al cinema nel periodo natalizio, mentre in Italia è arrivato soltanto il 2 marzo 2023. La sua durata è di circa 115 minuti, mentre appartiene ai generi sentimentale e drammatico. Il cast è composto da Olivia Colman, Michael Ward, Toby Jones, Colin Firth, Monica Dolan, Ron Cook, Sara Stewart, Tom Brooke, Justin Edwards, Tanya Moodie, Crystal Clarke, Hannah Onslow. Di seguito la trama e la recensione di Empire of Light, diretto da Sam Mendes.

La trama di Empire of Light, film diretto da Sam Mendes

Il film è ambientato nell’Inghilterra, in particolare sulla costa meridionale bagnata dal mare, negli anni Ottanta. La protagonista è Hilary (Olivia Colman), una donna che fa la vicedirettrice al cinema Empire collocato poco prima di una suggestiva spiaggia. Hilary vive da sola e ha problemi legati alla depressione e alla schizofrenia, ma un l’incontro con Stephen (Michael Ward) sembra cambiarle la vita. Quest’ultimo è un nuovo giovane dipendente del cinema Empire, subentrato a un certo Trevor. Stephen ha il sogno di lasciare la cittadina provinciale in cui vive in condizioni precarie a causa dell’intolleranza razziale e del movimento degli Skinhead, razzisti annunciati. La sua volontà sarebbe di proseguire gli studi all’Università di architettura preso un college.

Hilary cerca di combattere i suoi disturbi, ma avere una relazione con il direttore del cinema in cui lavora nonché suo capo, non la aiuta di certo. Donald (Colin Firth) sembra essere un uomo assertivo che si serve di Hilary per un mero piacere sessuale, essendo anche sposato con un’altra donna. Parallelamente Stephen si ritrova a essere vittima di pregiudizi da parte dei suoi concittadini a causa del colore della sua pelle. Tra i due nasce qualcosa, scatta sin da subito una forte attrazione che ben presto culminerà in un sentimento ben più profondo. C’è un senso di appartenenza tra Hilary e Stephen, una dolce ed improbabile relazione che viene curata nel cinema, dove le pellicole del proiezionista Norman (Toby Jones) fanno da sfondo.

La recensione di Empire of Light: il peggior film di Sam Mendes

Il ritorno di Sam Mendes a pochi anni da 1917, film per cui il regista si è lasciato ispirare dalle lettere del nonno risalenti alla Prima Guerra Mondiale, passa ancora una volta per un aspetto intimo e personale. L’autore britannico vorrebbe attingere dalla sua biografia per mettere in scena una lettera d’amore per il cinema e la vita, legando saldamente l’uno all’altro, ma se l’intenzione è nobile, la composizione è tremendamente goffa. Empire of Light è un film che vorrebbe raccontare tanto e, invece, finisce per non raccontare niente inciampando nella sua ragnatele di trame e sottotrame. Il primo grosso problema del nuovo film di Sam Mendes è la totale mancanza di equilibrio tra la relazione vissuta dai protagonisti e tutto il resto. Infatti, se i caratteri dei due sono ben delineati, i personaggi secondari sono un contorno a volte piuttosto fuori luogo, così come lo sfondo politico. Il governo Thatcher nella Gran Bretagna degli anni Ottanta ha grande rilevanza storica, essendo anni di tumulti politici e sociali come si nota dalla presenza degli Skinhead nel film, che danno fastidio a Stephen più volte. Si tratta però di due scene decontestualizzate e inserite ad un certo punto della pellicola per offrire un senso di conflitto e di tragedia, ma è tutto ciò che il film ha da fornire nel complesso. I due attori protagonisti, i cui personaggi sono gli unici con una parvenza di scrittura alle spalle, sono sì ben interpretati, ma molte scene sono artificiosamente costruite per permettere ad Olivia Colman di sfoggiare un’interpretazione desiderosa di emergere. Il trucco in poche occasioni enfatizza la non curanza estetica di Hilary, e superficialmente con qualche sbavatura qua e là, dimostrando l’obiettivo di raffazzonare gli spettatori.

Il cinema dovrebbe essere protagonista esattamente quanto lo è la componente sentimentale di Empire of Light. D’altronde il titolo del film richiama il fascio di luce che va dal proiettore allo schermo, in grado di dar vita a delle immagini in movimento. Tuttavia il cinema è una semplice scenografia, non c’è nessuna lettera d’amore, e lo stupore che deriva dal citato fascio di luce è banalmente inserito in un paio di dialoghi anche piuttosto astratti. Il senso del cinema in quanto arte vitale ed energia positiva si perde in una semplice azione che consiste nell’insegnamento dei giusti meccanismi per adoperare i proiettori. Sul finale viene ripreso tematicamente in modo totalmente casuale e pretestuoso, la passione e l’amore per il cinema: non si capisce come sia stata alimentato questo sentimento, né per quale motivo Hilary voglia vedere un film in sala in un momento di felicità. Ma di espedienti narrativi deboli e raffazzonati, Empire of Light ne è pieno zeppo, basta pensare alla ragazza con cui Stephen inizia una relazione e la modalità con la quale questo nuovo personaggio viene accantonato in pochissimi istanti. Altra scena incomprensibile e forzata è il momento in cui Stephen viene picchiato a sangue dagli Skinhead che hanno fatto irruzione nel cinema: i malviventi rompono il vetro dopo aver visto un ragazzo di colore all’interno del cinema. Ma bisogna chiedersi perché i dipendenti del cinema mandano lui a chiudere le serrande quando potevano farlo loro, trattandosi di una manifestazione razzista.

Empire of Light è un grande brodo che mescola decisamente troppi elementi risultando insipido. Difficile poter arrivare al cuore dello spettatore con due personaggi che non si aprono mai sul serio, conversando su cose piuttosto lineari e mai realmente intime. Qualsiasi incomprensione è un pretesto allo scopo di voler giustificare Hilary perché afflitta da patologie mentali, mentre Stephen è soggetto ad esclusioni sociali a causa del colore della sua pelle. Il cinema resta sullo sfondo, la politica e l’ambito sociale anche, cosa resta? Una storia d’amore che non ha altro da offrire se non un sentimento di lontana empatia e qualche siparietto tenero. E in tal senso ci sono tutte le ingenuità di un regista che si appresta per la prima volta a girare un film, non di certo un autore del calibro di Sam Mendes. Infatti, l’incipit mostra Hilary svolgere azioni quotidiane con una certa noia e malinconia, mentre quando la donna incontra Stephen e si innamora, le stesse attività vengono mostrate nuovamente ma Hilary sta volta ci mette il sorriso. Il primo ammiccamento concreto ad un’attrazione tra i due è quando Stephen trova un piccione al quale curare l’ala rotta: a proposito di espedienti narrativi che vanno col pilota automatico senza alcuna intensità. Oltre il melenso, c’è ben poco da ricordare in Empire of Light.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.