Recensione − She-Hulk: una serie tv senza idee ed identità

She-Hulk: Attorney at Law, la recensione dell'ultima serie tv Marvel Studios

She-Hulk: Attorney at Law è l’ultima serie tv targata Marvel Studios distribuita sulla piattaforma streaming Disney+. Il primo episodio è stato rilasciato nell’ormai lontano 18 agosto 2022, ed il 13 ottobre dello stesso anno l’arco narrativo è giunto al termine; nel mezzo ci sono stati altri 7 episodi per un totale di 9, ciascuno da circa 30 minuti. A quanto pare la chiusura di questa prima stagione ha generato dissensi. Ma per capire cosa non ha funzionato, ecco la recensione di She-Hulk, serie tv Marvel disponibile su Disney+.

She-Hulk: Attorney at Law, la trama della serie tv Marvel

Jennifer Walters, rinomata avvocatessa, è la cugina biologica di Bruce Banner, diventato Hulk − uno degli Avengers − a seguito di uno sciagurato esperimento con i raggi gamma. A dare gli stessi poteri a Jennifer è proprio il sangue di Hulk dopo un incidente automobilistico dove il DNA di Bruce finisce per intaccare quello della cugina. Ciò che ne viene fuori è una versione femminile dello stesso gigante verde, solo che sta volta sembra andare tutto bene sin da subito: Jennifer ne ha il controllo e non esplode mai in episodi di rabbia. Una volta tornata a casa però capirà di non poter avere la stessa normalità di prima, perdendo innanzitutto il lavoro a causa della paura arrecata dal suo alter ego, e avendo difficoltà a relazionarsi con le altre persone.

Per tutta la serie vedremo la Walters alle prese con la sua doppia identità, divisa tra la donna in carriera che vorrebbe essere ed il suo ingombrante alter ego verde. Ogni episodio avrà una trama verticale ma sarà incentrato quasi sempre sull’accettazione di sé e gli ostacoli che derivano dall’essere diventata una Hulk. Inoltre, avendo trovato lavoro per un’agenzia speciale di avvocati, Jennifer/She-Hulk avrà l’occasione di dimostrare il suo valore aiutando persone con i superpoteri alle prese con problemi giuridici. L’unico elemento di orizzontalità nella serie, riguarda un gruppo segreto che trama contro She-Hulk per rubarle il sangue.

La recensione di She-Hulk: Attorney at Law, una serie MCU eccessivamente problematica

Le difficoltà nel proseguire questa serie MCU dopo il primo episodio sono abbastanza, ma siccome chi scrive si è addentrato coraggiosamente nella banalità di questa storia fino alla fine, si può dare un giudizio completo. Purtroppo sin dalle prime battute è chiaro come gli intenti politici sul femminismo siano ridotti a dei meri stereotipi; si potrebbe anche passare sopra al ritrarre bonariamente una She-Hulk esente da difetti, se non fossero mal presentati e mal raccontati quasi tutti gli altri personaggi collaterali. Salvo la poca pace di qualcuno, tra cui Daredevil, gli uomini sono descritti come stupidi, immaturi ed interessati unicamente al sesso. Scavare un po’ più nel profondo e far fronte a problemi collettivi nonché individuali, sarebbe stata un’operazione ben più interessante. Al contrario, tranne l’ottavo episodio che poteva anche essere distribuito tra i primi tre piuttosto che a fine stagione, i restanti sono un continuo riempitivo per una narrazione scarna e senza senso. Il massimo della tesi-antitesi a cui si assiste è rappresentato da Titania che ruba il nome a She-Hulk per darlo a una personale linea di cosmetici; per non parlare di Wong, qui solo di passaggio mentre guarda I Soprano su Netflix, il cui problema − per lo Stregone Supremo, da sottolineare − è rappresentato da un fallito maghetto di quartiere; e come dimenticare il caro vecchio Abominio ed il suo condominio di speranzosi hippie.

La superficialità con cui questa serie è stata prodotta e distribuita è imbarazzante, e la si può notare sin dalla CGI della sua protagonista: effetto Playstation 2, quindi macchinosa, quindi invecchiata, quindi assolutamente fuori luogo. Come si fa a lasciare degli effetti visivi così posticci su She-Hulk che dovrebbe essere il cuore dell’intera operazione? Sul piano visivo va così, ma il piano narrativo come precedentemente evidenziato non è da meno: nulla da raccontare, inumani secondari mai realmente aiutati nelle loro difficoltà, quasi mai posti interrogativi sensati, si banalizza qualsiasi elemento e persino la rottura della quarta parete è incredibilmente fuorviante. Il finale è il culmine di tutto ciò appena descritto, una scoordinata mescolanza di inutile autoironia e mancanza di idee. Si sceglie la strada della presa in giro, non si capisce bene nemmeno nei confronti di chi, portando lo spettatore negli Studios della Marvel dove Kevin Feige è un droide che deve solo ed esclusivamente pensare a produrre intrattenimento. La linea narrativa si spezza, tutto viene riportato nell’ordinario risolvendo con trovate dozzinali gli esigui ostacoli presenti nella vita di She-Hulk; come se non bastasse, il colpo di scena finale è completamente casuale e messo in atto ai fini del disegno più grande dell’intero MCU.

Cari Marvel Studios, con le serie tv proprio non ci siamo.

About the Author

Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.