Recensione – Women Talking: vincitore del premio Oscar 2023 per la miglior sceneggiatura non originale

Ecco la recensione di Women Talking, film vincitore del premio Oscar 2023 per la miglior sceneggiatura non originale

Women Talking è un film del 2022, scritto e diretto da Sarah Polley e distribuito in sala in Italia a partire dall’8 marzo 2023. Il film è stato candidato agli Oscar 2023: miglior sceneggiatura non originale e miglior film, vincendo il primo. Si tratta di una pellicola drammatica della durata di 104 minuti circa, che attinge dall’omonimo romanzo di Miriam Toews. Il cast è composto da Rooney Mara, Frances McDormand, Judith Ivey, Emily Mitchell, Kate Hallett, Liv McNeil, Claire Foy, Sheila McCarthy, Jessie Buckley, Michelle McLeod, Kira Guloien, Shayla Brown, Vivien Endicott Douglas. Ecco la trama e la recensione di Women Talking, film vincitore del premio Oscar 2023 per la miglior sceneggiatura non originale.

La trama di Women Talking, sceneggiato da Sarah Polley

Un gruppo di donne che appartiene a una comunità religiosa isolata e rigida, subisce ogni tipo di sopruso, maltrattamento e violenza sessuale da parte dei loro uomini. Queste donne si troveranno un giorno a dover fare una scelta decisiva: non fare niente, restare e combattere o andare via. La scelta più importante della loro vita. Dovranno però confrontarsi con l’ostacolo più grande, la loro profonda Fede. Ma il bisogno di giustizia e di non subire e non far subire alle proprie figlie tutta quella violenza, le aiuteranno a reagire e affrontare la lotta.

Le tre protagoniste che contrappongo la loro ideologia a riguardo sono: Ona (Rooney Mara), che vorrebbe rifondare una comunità con le sole donne; Salome (Claire Foy), che vorrebbe restare e combattere; Mariche (Jessie Buckley) che sembra divisa a metà perché teme la reazione spropositata degli uomini. A verbalizzare la discussione tra le donne di vecchia e nuova generazione c’è un uomo di nome August (Ben Whishaw), maestro dei ragazzi della comunità. Ogni donna ha la sua storia, e il dibattito viene generato da un terribile evento.

La recensione di Women Talking: la comunità al femminile, tra pregi e difetti del film

Sarah Polley, scrittrice e regista del film, è fresca vincitrice del premio Oscar 2023 per la miglior sceneggiatura non originale. In effetti Women Talking è un film puramente scritto, e le immagini presenti non hanno una grande rilevanza estetica, anzi. L’unico tratto interessante poiché narrativo, è la scelta di utilizzare una fotografia desaturata, poiché i colori sbiaditi riflettono esattamente lo stato emotivo delle donne. La comunità dove prende il via il dibattito e la vicenda, è ispirata all’omonimo romanzo scritto da Miriam Toews e pubblicato nel 2018. Ma la scrittrice a sua volta si è liberamente ispirata ai terribili eventi accaduti nella colonia Manitoba in Bolivia nel 2011, dove le donne della comunità sono state addormentate e violentate dagli uomini. Questo è il motore d’azione del film, da cui le donne partono per decidere in autonomia il da farsi. La mancanza di colori indica proprio una freddezza insita nella realtà del film, che è ambientato nel 2010, anche se esteticamente potrebbe trarre in inganno risalendo erroneamente all’Ottocento o agli inizi del Novecento. Si tratta di una colonia religiosa dove la Fede è ciò che conta. Le donne sono abituate a stare in silenzio, e gli uomini sono i padroni di questa piccola realtà.

Tuttavia, il senso di sopravvivenza sembra crescere in maniera esponenziale quando Salome aggredisce uno degli uomini dopo aver appurato di essere stata violentata. Molte delle donne presenti temono non solo per sé stesse, ma soprattutto per le proprie bambine. La diatriba prosegue per circa 36 ore, durante le quali ogni storia viene raccontata, evidenziando come le reazioni siano differenti. C’è chi ha degli attacchi di panico, chi fuma, chi ha sviluppato atteggiamenti aggressivi, chi preferisce mantenersi nell’ombra e chi è totalmente arrabbiata. Uno dei personaggi più interessanti è sicuramente la ragazza che ha subito molteplici abusi a tal punto da perdere un figlio, decidendo così di cambiare genere sessuale e diventando così un ragazzo. Non solo, parla soltanto con i ragazzi e non con le donne, poiché esse non riconoscono il suo cambiamento. Nonostante manchi un approfondimento vero e proprio, come del resto anche per la maggior parte delle altre donne presenti, il focus di Women Talking è appunto l’importanza della parola. Tutti i dialoghi servono per esplicitare un pensiero ed esporre una propria, importante ed essenziale opinione per giungere ad una conclusione utile a tutta la comunità. Perdonare e andare avanti, restare e lottare, oppure cambiare luogo prendendosi la responsabilità di incorrere in difficoltà per la nuova condizione.

Così facendo, però, le donne otterrebbero finalmente una libertà mai scoperta finora, e soprattutto non scadrebbero nella futile vendetta creando un loop infinito di violenza. Anche perché, essendo una comunità religiosa, la Fede finirebbe per incatenare le loro anime all’inferno, secondo le loro credenze. Dunque, la miglior soluzione alla fine è dimostrare una certa superiorità in confronto dell’altro sesso, che è quasi sempre fuori campo. La regia della Polley è minimale, il pezzo forte tecnicamente è sicuramente la fotografia perché veicola un contenuto in continuità con quanto espresso dalla sceneggiatura. Peccato che non ci siano dei dialoghi mai realmente incisivi, non esiste la provocazione e il feticismo della parola tende ben presto a scivolare nel dimenticatoio. Per quanto vengano adottate delle soluzioni interessanti come quelle finora esposte, Women Talking manca di mordente e di intensità in quasi tutte le scene, dove la Foy è la miglior attrice tra le altre. La McDormand purtroppo è soltanto una comparsa. Molto dolce Rooney Mara ed estremamente misericordiosa, saggia, probabilmente perché si appresta a diventare madre.

Women Talking: troppe didascalie e poca intensità, un buon compito che non riesce ad elevarsi

Altro elemento a destare interesse è la conversazione su come agire nei confronti dei ragazzi della colonia, chiedendo ad August se i maschi tra i 13 e i 14 anni sono pericolosi. Ed è qui che viene evidenziato il problema estetico del film: ci sono troppe didascalie che tendono ad appiattire il racconto e il cosiddetto feticismo della parola, e il potere che ne deriva. Se si racconta, è futile mostrare flashback dove il sangue primeggia a far comprendere l’orrore subito; oppure è piuttosto ridondante sottolineare come dietro ogni volto maschile innocente, può celarsi la violenza. D’altronde, la soluzione sta proprio nell’educare con amore, sin da principio, e questo filo conduttore è estremamente attuale oltre che nobile. August, tra l’altro, è l’unico uomo mai lasciato fuori campo ed è sempre attento a non ferire nessuno e a rispettare le donne che ha di fronte. Nonostante venga insultato a più riprese, questo contadino che è andato all’università riesce a non scadere nella risposta rabbiosa, anche perché guidato dall’amore (platonico) per Ona.

Ma gli uomini sono una minaccia mai realmente proposta in campo, generando una storia con un narratore esterno che nella sua percezione non include gli uomini se non attraverso soluzioni estetiche in cui i maschi adulti sono mascherati nell’ombra o nel cuore della notte, in fuga. L’unico uomo che si vede, oltre August e i ragazzini, è un adulto in auto ripreso dallo specchietto e riflettendo così il suo volto. Le donne vogliono comunque gli uomini nella loro vita, che siano i figli o appunto un dolce August, poiché rinunciarci genererebbe odio e ulteriore violenza. La rifondazione va affrontata con intelligenza e consapevolezza. In conclusione, Women Talking è un buon film con elementi interessanti, ma non riesce ad andare oltre perché sostiene la sua tesi senza lasciarsi supportare delle immagini (e nel cinema è fondamentale) e non proponendo dialoghi consistenti, risultando didascalico e in alcuni punti ripetitivo.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.