Black Mirror: avrebbe davvero senso guardare una sesta stagione della serie tv?

Black Mirror: avrebbe davvero senso guardare una sesta stagione della serie tv?

Black Mirror è, di sicuro, uno dei prodotti televisivi che più ha saputo sconvolgere il panorama seriale degli ultimi anni. Il suo impianto narrativo, legato a tematiche sempre innovative, non è certamente di nicchia o selettivo, ma allo stesso tempo fa riferimento ad un certo modo di vedere e concepire le serie tv, tutt’altro che ordinario. A partire dall’impianto narrativo tipico della non serialità fino ai temi trattati, personaggi affrontati e distopie mostrate, Black Mirror può certamente ritenersi al di fuori di una certa norma.

Se l’attesa spasmodica che ha portato ad anticipare le prime cinque stagioni della serie televisiva britannica è stata giustificata e ripagata, il rapporto con un’eventuale sesta stagione è leggermente diverso. I tempi, culturalmente e ideologicamente parlato, sono certamente diversi rispetto a quanto osservato nel 2011, e la possibilità di rapportarsi ad un prodotto televisivo non più in grado di portare quella amara distopia sullo schermo è concreta. Avrebbe, dunque, davvero senso guardare una sesta stagione della serie tv?

Perchè Black Mirror 6 potrebbe non funzionare

Al fine di comprendere i motivi che portano a parlare in termini parzialmente negativi di una eventuale sesta stagione di Black Mirror fanno riferimento a quell’impianto su cui la stessa serie antologica si è basata nel corso della sua storia. Fin dal primo episodio del 2011, in cui si mette a nudo tutto il vuoto della classe governativa, Black Mirror ha saputo francamente sconvolgere pubblico e critica, presentando sullo schermo qualcosa di inedito, originale e profondamente distruttivo di schemi consolidati anche e soprattutto all’interno della tradizione seriale e televisiva.

Ogni rottura con la tradizione ha due possibili effetti: creazione di una nuova tradizione o atteggiamento che, perseguito nei suoi aspetti più estremizzati, difficilmente riesce a essere classificabile in un canone ben preciso. Black Mirror ha decisamente perseguito la seconda strada, per poi doversi adattare – per esigenze strutturali – ad un mainstream costruito ad hoc per la sua stessa legittimazione. Nel corso degli anni sono stati osservati i più profondi risvolti di un’umanità verso la sua fine: padri che lasciano morire figli, storie d’amore costruite da sistemi artificiali, social che legittimano il proprio stato esistenziale attraverso percentuali, umanità distrutta, torture reiterate e tanto altro ancora.

Questo stesso meccanismo è stato accompagnato da quell’espediente della distopia che necessariamente ha bisogno di un continuo rinnovamento: cambiano i tempi culturali, cambiano le ideologie dominanti e, di conseguenza, cambia anche il modo di raccontarle. Black Mirror ha parlato anche di amore in grado di sfidare ogni logica di potere, vivere in eterno e oltre la morte. Ha narrato, in uno degli episodi più contestati della serie, di quel rapporto con l’idolatria che può essere profondamente distruttivo.

Tutti questi temi avrebbero chiaramente bisogno di un aggiornamento data la situazione sociale in cui si vive: trattare in modo simile a quanto già fatto sarebbe non soltanto ridondante, ma non più in linea con quell’idea di distopia che lo stesso Black Mirror ha portato avanti nel corso degli anni. Ovviamente, ciò sarebbe certamente possibile ma, dopo 22 episodi che hanno saputo – con ampio spettro – analizzare parecchi dei comportamenti sociali e umani, riuscire a creare qualcosa di altro sembra particolarmente difficile. Più concreta la possibilità di una discesa verso trattazioni comunque interessanti, ma allo stesso tempo mai troppo schierate come osservato nei momenti migliori della serie televisiva: a ben vedere, è questa una tendenza già osservata nella quinta stagione di Black Mirror, certamente qualitativamente ben realizzata, ma manchevole di quel mordente che aveva saputo appassionare fino a quel momento. 

I lati positivi di una (eventuale) sesta stagione di Black Mirror

Accanto a quella serie di prospettive negative che riguardano l’eventuale realizzazione di Black Mirror 6, non si possono non citare quei possibili motivi positivi che determinerebbero, invece, un successo inaspettato ma degno del nome che la serie tv antologica ha. Black Mirror: Bandersnatch ha saputo portare avanti una tendenza di rinnovamento certamente piacevole e ben costruita, per quanto si sia chiaramente di fronte ad una forma embrionale di prodotto che fatica a essere costruito nella sua interezza, anche per scelte di natura estetica e morale. Tuttavia, riesce a definire una possibile via percorribile per gli ideatori e produttori di Black Mirror, che hanno certamente la possibilità di creare un qualcosa che non sia sulla falsa riga di quanto già creato, ma completamente inedito: ancora una volta, dunque, una rottura, non più con una precedente tradizione, ma con il proprio modo di creare e pensare.

Un ultimo punto a favore dei lati positivi di una sesta stagione di Black Mirror: gli ideatori di Black Mirror hanno creato uno dei prodotti più godibili in mesi difficili e segnati dalle limitazioni del Coronavirus: il mockumentary Death to 2020 sa unire satira comicità, immagine crudeli a parole taglienti, in un perfetto stile ibrido che indirizza verso un’altra strada che certamente non deluderebbe gli spettatori del prodotto televisivo. E’ ovvio, chiaramente, che ogni meccanismo sia dettato da quella forte credenza che soltanto chi ha creato Black Mirror può avere.

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.