Codice Da Vinci, Tom Hanks contro i film: “Sono un mucchio di balle”

Tom Hanks stronca i film del Codice Da Vinci, dichiarazioni su Philadelphia e altri film dell'attore

I lavori di Dan Brown sono stati, ad un certo punto della storia contemporanea del cinema, fondamentali in un’ottica di adattamento e realizzazione cinematografica. Tra diverse tipologie di interpretazione e, soprattutto, narrazioni di diverso genere, i film tratti dai romanzi di Dan Brown hanno sempre fatto particolarmente discutere, soprattutto per quel che concerne il rapporto con la cristianità di questi prodotti che, naturalmente, hanno fatto storcere il naso a molti. Nessuno poteva aspettarsi che tra i tanti detrattori di questi prodotti cinematografici ci fosse anche Tom Hanks, che ha interpretato un ruolo particolarmente importante e primario all’interno di tre film tratti dai romanzi di Dan Brown. Intervistato dal New York Times, attore 65enne ha parlato dei film ritenendoli sostanzialmente bugiardi e potendo offrire anche un suo preciso pensiero a proposito di alcune tipologie di interpretazione che, oggi, non possono più essere realizzate come in passato, citando, come esempio, il suo film Philadelphia, che gli è valso l’ottenimento della prima delle due statuette agli Oscar nel 1974.

Tom Hanks parla dei film tratti dai romanzi di Dan Brown

Nessuno poteva aspettarsi che, prima o poi, tra i tanti detrattori di Dan Brown e dei film tratti dai suoi romanzi ci fosse anche Tom Hanks, che ha fatto parte di tre romanzi tratti dai romanzi del celebre scrittore del Codice da Vinci. L’attore di Forrest Gump ha mantenuto il suo ruolo in tre film, in cui ha avuto modo di interpretare il personaggio di Robert Langdon: Il Codice Da Vinci nel 2006, Angeli e Demoni nel 2009 e Inferno nel 2016. Tuttavia, sembra non aver buon ricordo delle sue esperienze, tanto da averne parlato in modo tutt’altro che piacevole. In effetti, l’attore ha spiegato che questa tipologia di rappresentazione risulta essere – senza mezzi termini – menzognera. Questa la sua spiegazione: «Oh mio Dio, quella era un’impresa commerciale. Quei sequel su Robert Langdon sono un mucchio di balle. Il Codice Da Vinci era una cavolata. Voglio dire, Dio benedica Dan Brown, ma dice ‘C’è una scultura in un posto a Parigi!’, poi ‘No, è da quest’altra parte’, ‘Vedi come questa croce forma una mappa? Beh è una sorta di croce‘. Sono deliziose cacce al tesoro storicamente accurate come un film di James Bond lo è sullo spionaggio. Ma sono cinici come un cruciverba. Abbiamo solo promesso un po’ di distrazione. Non c’è niente di male con una buona operazione commerciale, a patto che lo sia».

Nel proseguire con le sue parole, Tom Hanks ha avuto modo anche di parlare di un curioso dettaglio che ha riguardato la realizzazione dei suoi film: «Quando siamo arrivati al terzo, abbiamo dimostrato che non era una così buona operazione commerciale […] Era il mio 40esimo e qualcosa compleanno. Stavamo girando al Louvre di notte. Mi sono cambiato i pantaloni di fronte alla mona Lisa! Mi hanno portato una torta nel Grand Salon. Chi può avere un’esperienza del genere? C’è cinismo in questo? Diamine, no!».

Le dichiarazioni di Tom Hanks sulla sua interpretazione in Philadelphia

Nel corso della sua intervista, in cui Tom Hanks sembra aver chiarito definitivamente quale fosse il suo pensiero a proposito dei film tratti dai romanzi di Dan Brown, l’attore ha avuto modo di parlare anche di alcune interpretazioni che l’hanno riguardato nel corso della sua carriera; il due volte Premio Oscar ha parlato anche del suo ruolo in Philadelphia, che gli è valso l’ottenimento del primo dei due Oscar consecutivi (il secondo è stato vinto, naturalmente, in occasione dell’anno successivo per Forrest Gump); tutti ricorderanno che, all’interno del film in questione, Tom Hanks interpreta un omosessuale malato: interpretazione che, a sua detta, non potrebbe più avvenire nel contesto della quotidianità, in virtù di una scelta che molto probabilmente ricadrebbe proprio su un attore omosessuale. Queste sono state le sue dichiarazioni a tal proposito: «Film legati al loro tempo, oggi non riusciremmo a farli. Gary Sinise non potrebbe interpretare il Tenente Dan perché ha le gambe?»

All’interno della sua stessa intervista, però, lo stesso attore ha corretto il tiro, spiegando che un attore eterosessuale – probabilmente – potrebbe non essere in grado di offrire una caratterizzazione importante del personaggio che interpreta, rischiando di minare, per questo motivo, la rappresentazione che dovrebbe realizzare; queste le sue parole: «Parliamone: oggi un etero potrebbe fare quello che ho fatto in Philadelphia? No, e giustamente. L’intero punto del film era non aver paura. Una delle ragioni per cui le persone non avevano paura di quel film era che io interpretavo un uomo gay. Ora abbiamo superato tutto questo e non penso che le persone accetterebbero l’inautenticità di un etero in quella parte. Non è un crimine chiedere da un film che sia più autentico in questi tempi moderni».

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Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.