Paolo Sorrentino e la meravigliosa lettera dedicata a sua madre

Paolo Sorrentino e la meravigliosa lettera dedicata a sua madre

E’ stata la mano di Dio rappresenta uno degli eventi cinematografici dell’anno e, naturalmente, ha fatto molto parlare di sè, soprattutto per quel che concerne le sue caratterizzazioni. La storia raccontata all’interno del film, al di là di naturali considerazioni di natura pratica, è prettamente autobiografica, soprattutto per un insieme di elementi che riguardano la famiglia e i genitori del regista Paolo Sorrentino, rimasto orfano all’età di 16 anni. Sorrentino, che ha diretto un film già candidato ai Golden Globe come miglior prodotto straniero, ha dedicato la sua realizzazione a sua madre, scomparsa quando era solo un adolescente; attraverso parole cariche di grandissima emozione, Paolo Sorrentino si è riferito a sua madre augurandosi che nell’al di là sia presente un cinema, per poter osservare la dedica che ha realizzato per lei.

La lettera di Paolo Sorrentino a sua madre

A seguito della realizzazione del suo film, Paolo Sorrentino ha avuto di parlare particolarmente di una serie di elementi che hanno caratterizzato la sua pellicole e che, tra gli altri, definiscono anche la presenza dei suoi genitori, persi quando aveva solo 16 anni. Il regista ha avuto modo di scrivere una bellissima lettera dedicata a sua madre, particolarmente carica di emozione e sicuramente commovente per le parole presenti all’interno della stessa. Si tratta della seguente:

Chissà se, nell’aldilà, è consentito andare al cinema. Così mia madre potrebbe vedere la lettera che le ho scritto, attraverso questo film. La lettera che sosta tutti i giorni nell’anima dei figli diventati grandi. Dove scriviamo, col pensiero e con le parole che non abbiamo detto, quella meraviglia che è stata o non è stata, ma che sempre rimarrà nella nostra vita sentimentale, l’idea di meraviglioso.

Abbiamo avuto madri meravigliose e da ragazzi non lo sapevamo. Coltivavano pedagogie traballanti, fameliche di sensi di colpa. Mia madre, per esempio, nei momenti di conflitto, era solita dire: “Quando non ci sarò più, soffrirete tantissimo”. Non volevamo crederci, perché rifiutavamo il concetto di scomparsa. Invece, naturalmente, è stato così. Come poteva essere altrimenti. Era uno squarcio di cattiveria gratuita e in buona fede. D’altronde la cattiveria tende a essere sempre gratuita. Ma era un altro mondo.

Mia madre era sbrigativa ma molto affettuosa. L’ironia era il sollievo per qualsiasi problema. Ai primi sintomi di adolescenza, quando si cominciava a frequentare, con quella gravosità affranta, la profondità, mia madre ricorreva a uno strumento irritante: minimizzava. Da adulto, ho compreso. Mi è parsa l’unica strada. Minimizzare. Non è utile, ma è difficile rintracciarne altre. Oggi l’educazione dei figli è una missione. Per la generazione di mia madre era solo un altro fardello che la vita imponeva. Eppure, era tutto amore. Ma l’ho capito dopo. E quando ho avuto le parole per dirglielo, lei non c’era più.

Per questo mi piace pensare, con un’ingenuità da bambino profondo, che nell’aldilà si possa vedere un film. Per dire quello che non ho potuto dire. E per chi può, ho un solo consiglio: ditelo. A costo di essere ridicoli, sentimentali e pieni di lacrime. È necessario, per diventare grandi, passare attraverso le porte del ridicolo e del pianto. Il pianto degli adulti. L’unico modo, per una madre, di ritrovare, davanti a sé, il bambino meraviglioso che tutti siamo stati.

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.