The Rain: il disastro post-apocalittico targato Netflix che delude le aspettative

The Rain: il disastro post-apocalittico targato Netflix che delude le aspettative

Chiunque abbia modo di rapportarsi ad un prodotto televisivo come The Rain, che l’abbia fatto a partire dal 2018 – anno in cui c’è stata la presenza della prima stagione della serie televisiva scandinava su Netflix – o, tutto d’un fiato, nel 2020, sa che la serie televisiva tende a proporsi come un prodotto che si struttura su tre matrici fondamentali: un inizio promettente e molto affascinante, uno sviluppo lento e piuttosto forzato, un finale terribile e, per certi versi, privo di un fondamento basico che possa giustificare la sua sensatezza. The Rain, insomma, cade inesorabilmente in quel ciclone che avvolge mortalmente molte serie televisive dalle belle premesse e nient’altro: la noia, lo sconforto e, in qualche caso, la voglia di non aver mai premuto play per iniziare il prodotto stesso.

Eppure, se molte serie tv sanno riprendersi in maniera episodica, con momenti iconici e considerevoli o con un finale decente che giustifichi l’aver visto un prodotto certamente non elevato dal punto di vista qualitativo, purtroppo The Rain non compie neanche quest’ennesima ma necessaria misura di salvataggio, cedendo al baratro disastroso del post-apocalittico che propone. Ma per quale motivo se ne parla in toni così tanto negativi? Ecco tutto ciò che c’è da sapere a proposito della serie televisiva danese ideata da Jannik Tai Mosholt, Esben Toft Jacobsen e Christian Potalivo.

La trama di The Rain, serie televisiva danese presente su Netflix

Prima di comprendere quali siano tutte le determinazioni fondamentali che si trovano alla base dell’insuccesso di The Rain, serie televisiva presente – in tre stagioni – su Netflix, vale la pena sottolineare quale sia la trama e il cast di questo prodotto televisivo stesso. Protagonisti della serie tv sono due fratelli, Simone e Rasmus, che per 6 anni vivono all’interno di un bunker – dove sono stati lasciati dal loro padre con la promessa di non uscirne – per salvarsi da una misteriosa pioggia assassina, che decima e minaccia l’umanità.

Dopo aver trascorso a fatica, e con poche provviste a disposizione, gli anni in questione, i due finalmente usciranno dal bunker, rapportandosi ad altri superstiti e con un unico obiettivo: sopravvivere e attraversare il muro, considerato come il valico fondamentale per la salvezza. Ben presto i due fratelli si renderanno conto della mutevolezza e della pericolosità del virus che, tradendo la sua natura iniziale, non uccide più attraverso la pioggia, ma insediandosi nelle carni umane che distrugge in un rapido e doloroso moto omicida. Una serie di colpi di scena e peripezie portano i due fratelli ad essere l’uno opposto all’altro, in quella che sembra essere una lotta tra il bene e il male, che si risolve con la vittoria del primo.

Cast di The Rain, tra attori conosciuti e altri all’esordio

Di seguito è indicato il cast della serie televisiva danese:

  • Alba August: Simone Andersen
  • Lucas Lynggaard Tønnesen: Rasmus Andersen
  • Mikkel Boe Følsgaard: Martin
  • Lukas Løkken: Patrick
  • Jessica Dinnage: Lea
  • Sonny Lindberg: Jean
  • Angela Bundalovic: Beatrice
  • Johannes Bah Kuhnke: Sten
  • Natalie Madueño: Fie
  • Clara Rosager: Sarah
  • Evin Ahmad: Kira
  • Rex Leonard: Daniel

Recensione di The Rain: dalla pioggia omicida (scomparsa) alla banale lotta tra bene e male

Se si potesse sottolineare il motivo dell’insuccesso di The Rain attraverso tre caratteristiche fondamentali che siano in grado di denotare la serie televisiva danese, si potrebbe pensare ai seguenti: la pioggia omicida, che imperversa nella prima stagione, improvvisamente placida e mai più presente nel prodotto televisivo stesso; il lento e inesorabile processo (quasi come se non si avessero idee per far sopravvivere i personaggi per 20 episodi) di svolgimento della trama; il finale raffazzonato, e che si risolve in una banale lotta tra bene e male. 

Perchè la pioggia di The Rain scompare dopo la prima stagione?

Procedendo con ordine, il primo elemento che ha fatto storcere il naso agli spettatori della serie televisiva danese è rappresentato dalla pioggia, portatrice di una vera e proprio novità sullo schermo, oltre che di morte e dolore all’interno di The Rain. Quella stessa pioggia che devasta e uccide, costringendo i due protagonisti a vivere all’interno di un bunker per anni, diventa poi innocua e placida nella seconda stagione, essendo incredibilmente inesistente nella terza.

Per quale motivo? Un esperimento umano condotto in maniera ottimale porta alla risoluzione dell’incredibile tragedia? Il virus che prima si trasmetteva attraverso la pioggia non ha più bisogno della stessa, dal momento che ormai è diffuso in tutto il mondo? Non è dato saperlo e, soprattutto, non si spiega una scelta che tradisce le aspettative del prodotto televisivo, fin dal titolo di una serie che poi mostra tutt’altro.

La trama confusa di The Rain e i personaggi caotici immersi nella trama

In secondo luogo, la trama che riguarda i singoli personaggi è caotica, confusa, quasi prolungata a stento: personaggi che muoiono e risorgono, persone che vengono uccise dal virus mentre altre ne sono immuni, personaggi che convivono col virus e, infine, il caso emblematico di Rasmus, un giovane insopportabile fin dalle prime battute che cede alla megalomania dopo aver scoperto di poter trasmettere (?) il virus semplicemente volendolo, in maniera fisica, quasi come se detenesse il potere di un supereroe. Chicca complessiva in questa trama è la credenza, chiaramente fallace, del minore dei fratelli Andersen che, dopo aver visto la morte davanti ai suoi occhi, crede che lo stesso virus possa salvare l’umanità.

La banale lotta tra bene e male tra Rasmus e Simone

Ciò porta al terzo e fondamentale errore della serie televisiva: Rasmus diventa il cattivo di turno per, si spiega nelle ultime battute della serie televisiva, non essere stato compreso abbastanza dalla sorella, Simone, che si fa emblema di un atteggiamento rivoluzionario e salvifico per l’umanità. Lo spettatore, così, resta inchiodato allo stesso atteggiamento, che si ripete ossessivamente per una stagione e mezza prima di giungere a risoluzione: Simone e Rasmus, che si fanno portatori di due visioni distinte dell’umanità e del virus, sanno di doversi necessariamente contrastare, se non uccidere, eppure continuano a convivere, scontrarsi, riappacificarsi e poi ancora litigare, come se quello di Rasmus non fosse un virus ma un comune raffreddore di stagione.

La lotta di fratello e sorella, di cui uno che vuole infettare/salvare tutti con il suo virus, l’altra che vuole salvare il mondo con l’essenza di un fiore, si conclude con la morte del cattivo, che decide di finire in bello stile uccidendosi, e prosciugando il suo corpo del mortale virus in un fiore che si era scoperto essere fondamentale per la salvezza umana.

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.