House of the Dragon, recensione della prima stagione del prequel ambientato nel mondo di Game of Thrones

Ambientata 127 anni prima della nascita di Daenerys Targaryen , House of the Dragon è una serie tv prodotta da HBO, tratta dal romanzo “Fuoco e Sangue” di George R.R Martin, che racconta le vicende della guerra civile scoppiata in seguito alla morte di Re Viserys Targaryen.

Tra alti e bassi, il prequel di “Game of Thrones” riesce a distaccarsi dal parallelismo con la serie madre, prediligendo l’introspezione alla spettacolarizzazione, il dialogo all’azione. Rispetto a GOT infatti l’attenzione è dedicata alle dinamiche familiari della casata del Drago, perciò l’azione si concentra più nelle sale di Approdo del Re che sui campi di battaglia. Questa prima stagione di House of The Dragon è una produzione di pregevole fattura, una serie graffiante e affascinante, ma non esente da difetti e forzature, facilmente evitabili.

La trama di House of the Dragon

La storia ha inizio con l’incoronazione del tragico Re Viserys Targaryen (Paddy Considine), monarca dal cuore buono ma debole di carattere, difetto mortale per l’ uomo che siede sul Trono di spade.

In seguito alla morte della moglie e del suo primogenito, Il Re nomina come erede alla corona sua figlia Rhaenyra (Milly Alcock da giovane , Emma D’arcy da adulta), non curandosi del dissenso del popolo di Westeros. Da qui ha inizio la catena di eventi che condurrà inevitabilmente alla “Danza dei Draghi“.

I salti temporali

La storia narrata nella prima stagione si dirama nell’arco di un ventennio, per questo il passaggio del tempo viene scandito da vari salti temporali, anche di diversi anni, tra un episodio e l’altro.

Se questa scelta funziona per alcuni personaggi, come Rhaenyra e Alicent (Emily Carey da giovane, Olivia Cooke da adulta), supportate da molte linee di dialogo, per altri invece l’evoluzione caratteriale viene sacrificata in favore di una vera e propria traslazione di personalità. É questo il caso di Daemon Targaryen (Matt Smith), villain ad inizio stagione, padre amorevole nel mezzo e spietato guerrafondaio nell’episodio finale. Un altro esempio è offerto dall’arco narrativo di Sir Criston Cole, che passa da cavaliere onorevole a crudele assassino nel giro di poche puntate, diventando poi un personaggio bidimensionale con nulla da offrire alla storia. Risulta quindi chiaro come gli autori abbiano messo in secondo piano la coerenza, per soddisfare alcune inderogabili necessità narrative.

I neri e i verdi, Rhaenyra e Alicent

Il rapporto tra Alicent e Rhaenyra, con tutte le loro difficoltà , è il vero perno emotivo della serie. Le due ragazze si vogliono un gran bene, condividono la giovinezza tra le sale di Approdo del Re, ma per il destino a loro imposto dai padri arrivano a scontrarsi come regine di due schieramenti opposti. É proprio nella caratterizzazione di questi due fronti, neri e verdi, che House of the Dragon tralascia un aspetto fondamentale del mondo di Game of Thrones.

Nella poetica di George R.R Martin non c’è una netta distinzione tra bene e male, differenza sostanziale rispetto al fantasy tradizionale, poichè i personaggi vengono descritti come inevitabile frutto di un contesto sociale malato, corrotto e violento. Questo aspetto conferisce umanità e credibilità a personaggi quasi mitologici, a stretto contatto con draghi e magia. Questa prima stagione prende invece una direzione diversa, optando per una scissione più netta, tra buoni e cattivi. I figli di Alicent, i giovani Aemond ed Aegon , vengono caratterizzati come il male assoluto, rendendoli protagonisti di scene esageratamente didascaliche, inserite solo per mettere in luce i loro innumerevoli disturbi. Lo spettatore quindi non può che schierarsi a favore dei neri, sempre mostrati come vittime degli eventi, mai come carnefici.

Conclusione: House of the Dragon è un prodotto riuscito?

Nonostante alcuni evidenti difetti, la prima stagione di House of the Dragon soddisfa le aspettative dei fan, portando in scena una storia drammatica e coinvolgente, piena di violenza, tradimenti, incesti e colpi di scena, in pieno stile Game of Thrones.

About the Author

Alessandro Di Lonardo
Nato a Napoli nel gennaio 2001, cresciuto a pane e David Fincher, ho sviluppato nel corso degli anni un certo gusto per il dry humour. Feroce critico ed appassionato di cinema e serie TV, solerzia da sempre condivisa con la famiglia.