Recensione – John Wick: film del 2014 con Keanu Reeves

Ecco la recensione di John Wick, film del 2014 con Keanu Reeves

John Wick è un film thriller e d’azione del 2014, diretto da David Leitch e Chad Stahelski, distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 22 gennaio 2015. La durata del film è di circa 101 minuti, mentre il cast è composto da Keanu Reeves, Willem Dafoe, Adrianne Palicki, Alfie Allen, Bridget Moynahan, Jason Isaacs, Dean Winters, Lance Reddick, David Patrick Kelly, Kevin Nash. Di seguito la trama e la recensione del primo film su John Wick, datato 2014.

La trama di John Wick (2014), con Keanu Reeves

John Wick (Keanu Reeves), dopo aver perso sua moglie Helen a causa di una malattia terminale, vede recapitarsi alla porta un cucciolo di beagle di nome Daisy. L’animale è l’ultimo dono della sua amata, accompagnato da un biglietto che lo esorta a non scordare mai come si fa ad amare. Tempo dopo, John sta facendo il solito giro in macchina con la sua ormai inseparabile cagnolina e incontra in una stazione di benzina un trio di gangster russi. Il leader Iosef (Alfie Allen) insiste per comprare la sua auto, una Ford Mustang del 1969, incassando a più riprese una risposta negativa. Arrabbiati, i mafiosi seguono John a casa sua quella notte, lo fanno cadere privo di sensi, rubano la macchina e uccidono Daisy.

Iosef scopre presto da suo padre Viggo Tarasov, il boss della criminalità russa a New York City, chi è John Wick: un assassino soprannominato “Baba Yaga” a causa delle sue opere letali. Quando John volle andare in pensione e sposare Helen, Viggo gli diede il “compito impossibile” di sbarazzarsi dei clan russi rivali. Il sicario completò la missione in un breve periodo di tempo garantendo al criminale russo la posizione di vertice che tanto bramava. Viggo è cosciente che ormai suo figlio è spacciato e prova a chiamare John per una soluzione pacifica.

Dopo aver ottenuto solo una promessa di morte, il boss della malavita russa invia dei sicari a casa di John. Ma il killer riesce ad eliminarli senza troppe difficoltà e si prepara a dare la caccia a Iosef. Allo spaventato boss russo non resta altro che mettere una taglia di 2 milioni di dollari sulla testa del sicario e offrire personalmente il lavoro al mentore del temuto assassino, Marcus (Willem Dafoe). Per John è il momento di tornare alla sua vecchia vita, riprendendo in mano “incudine e martello”, ma in questo caso si tratta di armi e dell’uso pazzesco del proprio corpo.

La recensione di John Wick: un b-movie che offre un ottimo intrattenimento

John Wick è un b-movie con uno sconfinato numero di body count, forse tra le quantità più elevate che si siano viste negli ultimi anni. Ma ridurre il film diretto da Staheleski e Leitch a una mera categorizzazione, non rende giustizia alla costruzione e allo studio che ci sono stati dietro la realizzazione di un’opera che vuole sì intrattenere, ma sfoggia un’abile operazione di mitopoiesi. Non c’è spazio per il romanticismo, perché i capricci di Iosef interrompono la quiete di un sicario, ma non uno qualunque. Il film procede per inizialmente con una sequenza di scene strappalacrime, volte a lasciare empatizzare lo spettatore con il protagonista della quale avrà maggiori informazioni con lo scorrere della narrazione. Questo prodotto del 2014 fa esattamente ciò che deve fare un primo capitolo, ovvero fonda un mito e lo vende ad un grande pubblico rendendo il tutto un imperdibile cult del cinema d’azione. John Wick viene gradualmente presentato, e anche quando prende le bastonate iniziali poiché in lutto e devastato dalla perdita della moglie, le reazioni dei personaggi secondari che man mano compaiono sullo schermo cominciano a far comprendere di chi si tratta. L’uomo che mandi ad uccidere il “fottuto” uomo nero, colui che riesce a togliere la vita a una serie inimmaginabile di uomini armato di una sola matita, insomma tutti passaggi funzionali alla realizzazione della storica figura della malavita quale è John Wick.

Gli viene, non a caso, chiesto più volte se è realmente tornato nel mondo. Eppure John sembra alquanto assertivo di fronte tale interrogativo, ribadendo più volte che si tratta di una questione personale e null’altro. Tutti conoscono il protagonista, e il rispetto offertogli viene evidenziato nelle scene in cui si muove nell’Hotel Continental, ma dallo stesso villain che fa di tutto pur di cancellarlo dall’esistenza. Non basta una taglia di 2 o 4 milioni di dollari per far ciò, poiché John Wick è l’uomo dalle azioni impossibili e viene più volte sottolineato. La costruzione del mito passa attraverso una prima entrata in scena che accompagna il racconto “terribile” fatto da Viggo su quest’uomo-macchina: John affronta 12 uomini che si sono intrufolati in casa sua nel cuore della notte, e con coreografie ad altissima intensità riesce a farli fuori uno ad uno senza subire un colpo. Le coreografie, che risultano ripetitive soltanto nel finale, sono il pezzo forte del film. La realizzazione tecnica di John Wick passa attraverso un linguaggio cinematografico cinico e altrettanto pulito, composto da inquadrature simmetriche che giocano ad offrire le diversi angolazioni e dei suggestivi riflessi sui personaggi in scena. Inoltre, il montaggio – vedasi la scena della telefonata del consièrge dell’Hotel mentre John è alle prese con un ospite indesiderato in camera sua – alterna e lega due spazi affini ma distanti, talvolta incutendo timore, talvolta generando una certa comicità procedendo per ossimori.

Se la prima entrata in scena dell’antieroe John Wick è entusiasmante, il proseguo mostra sì l’umanità di quest’uomo a tratti sovraumano, ma circoscrive delle abilità purissime accompagnate da una concentrazione e una determinazione che risultano fuori dagli schemi. La colonna sonora ricorda le melodie composte da Ludwig Göransson per Tenet, e già questo basta ad evocare una certa memorabilità. Ogni scena è musicata e ritmata secondo quanto le immagini mostrano, alzando la tensione e acutizzandola quando è in procinto di terminare con toni a dir poco epici. La danza dei corpi lesi prende sinergicamente vita davanti l’occhio attento e coreografato della macchina da presa. Il montaggio contribuisce inevitabilmente, essendo alla base del linguaggio cinematografico: un videogioco di guerra viene alternato alla realtà in cui John spara; il cecchino di Marcus viene alternato alla telefonata del consièrge del Continental, e al combattimento di cui John è momentaneamente protagonista, generando una tripla percezione che proporziona il pathos con estrema consapevolezza. La stessa consapevolezza che John Wick assume nelle battute finali, scatenando la sua ira in maniera pressoché esaltante e finalizzata alla vendetta iniziale. Peccato, invece, per un finale troppo melenso in cui il protagonista riguarda per l’ennesima volta il video di sua moglie e adotta un nuovo cane. Per il resto, John Wick è un film d’azione studiato minuziosamente e che merita il suo posto tra i cult del genere.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.