Borat 2 e il suo successo (scontato) ai Golden Globe 2021: recensione di un capolavoro di Sacha Baron Cohen

Borat 2 e il suo successo (scontato) ai Golden Globe 2021: recensione di un capolavoro di Sacha Baron Cohen

Gli amanti del cinema e i conoscitori dei meccanismi che si trovano alla base delle manifestazioni cinematografiche sapevano che Borat 2 sarebbe andato incontro ad una vittoria pressoché scontata nell’ambito dei Golden Globe 2021; il film del 2020 riesce – in effetti – a offrire una rappresentazione della realtà incredibilmente mordace, e il suo taglio satirico non è assolutamente banale. Al fine di comprendere tutte le determinazioni di questa doppia vittoria, però, vale la pena considerare il film nella sua essenza e sulla base delle caratteristiche che lo riguardano. E’ importante sottolineare, in primissima battuta, che si tratta di un capolavoro di Sacha Baron Cohen: dalla creazione di un personaggio ormai consolidato nella cultura fino alle direzioni di produzione mai banali. 

Di che cosa parla Borat 2?

Al fine di considerare il successo ai Golden Globe 2021 di Borat 2, non si può prescindere da un’analisi del film stesso, che si basi su tutte le determinazioni che l’hanno riguardato. A sua volta, è opportuno sapere di che cosa parli questo film stesso, per quanto la trama possa apparire – in alcuni punti – come surreale, presupposto che, se si parla di Sacha Baron Cohen, non è mai banale. Conosciuto con il nome originale di Borat – Seguito di film cinema. Consegna di portentosa bustarella a regime americano per beneficio di fu gloriosa nazione di Kazakistan, il film è il sequel di Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan, del 2006.

All’interno del film Borat Sagdiyev, per aver arrecato disonore alla sua nazione, è stato costretto a dismettere i panni del giornalista e ai lavori forzati in un gulag. Tuttavia, la situazione cambia quando il Presidente Nursultan Nazarbaev affida una missione: portare in dono, al vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence, una scimmia, Ministro della Cultura del paese, per conciliare buoni rapporti tra i due paesi. Dopo essere stato cacciato dal suo villaggio per il disonore, Borat giunge negli Stati Uniti e, dopo essere arrivato nel paese e aver scoperto che la scimmia è stata uccisa e mangiata da sua figlia – che ha seguito il padre per coronare il suo sogno di diventare come Melania Trump, cambia l’obiettivo della sua missione. Per questo motivo, essendo sua figlia Tutar il dono che dovrà offrire al vicepresidente, compie una serie di migliorie estetiche, comportamentali e di atteggiamenti per renderla appetibile al politico.

Dopo l’insuccesso della sua missione, decide di cambiare obiettivo, e si rivolge all’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani: per questo motivo, sapendo delle passioni erotiche di quest’ultimo, costringe sua figlia a sottoporsi a un intervento di mastoplastica. Tuttavia, per accumulare soldi al fine di compiere l’intervento, Borat lascia sua figlia con una babysitter che, conoscendo di più delle sue credenze e paure, le insegnerà a pensare con la sua testa. Per questo motivo, Tutar si rifiuta di ascoltare il padre e scappa, diventando giornalista. Intanto, suo padre – costretto a trovare una casa per l’emergere dei casi di Coronavirus – si fa ospitare da due negazionisti, che lo convincono di diverse teorie del complotto, e cerca sua figlia. Dopo averla trovata, Tutar si convince a sposare Giuliani pur di salvare suo padre dalla morte ma, proprio quando sta intervistando il politico, Borat interviene per negare questa possibilità.

Tornato in patria, Borat non viene giustiziato ma scoprirà il vero piano di Nursultan Nazarbaev: infettare di Coronavirus il mondo intero, essendo il giornalista uno dei pazienti zero kazaki; tuttavia, avendo registrato – con la sua calcolatrice magica – le parole del Presidente, lo minaccia affinchè ci siano dei cambiamenti in Kazakistan: abolizione del patriarcato, maggiori diritti per le donne e cambiamento dell’antisemitismo in antiamericanismo.

La satira di Sacha Baron Cohen dai rischi al successo

Non è una novità che Sacha Baron Cohen rischi nell’utilizzare costantemente i suoi personaggi, al fine di aumentare la rappresentatività dei suoi prodotti: dai film che l’hanno visto protagonista al Da Ali G Show, la tendenza non è mai stata diversa e – in tal senso – possono essere lette le dichiarazioni dell’attore, che ha dichiarato di voler abbandonare il personaggio per aver troppe volte rischiato la vita. All’interno del prodotto cinematografico domina, in tutte le sue componenti, tutta la satira di Sacha Baron Cohen, in un meccanismo di ironia incredibilmente funzionante e che raramente può essere replicato attraverso queste componenti.

Il film del 2020 diretto da Jason Woliner fa ridere, in alcuni momenti particolarmente, ma non è questo il suo obiettivo: acquisisce un grandissimo tono polemico, denuncia realtà sociali e culturali, mette in ridicolo sub-culture complottiste e occidentali, ironizza sulla realtà kazaka attraverso un tono quasi grottesco, che in alcuni punti cede al ridicolo. Tutti questi elementi fanno di Borat 2 un grande capolavoro, ancor più maturo del primo film del 2006 e, ovviamente, particolarmente consapevole anche in virtù di una situazione sociale vissuta negli Stati Uniti al momento delle riprese. Non è un caso che lo stesso Cohen abbia forzato affinchè Amazon Prime Video acquisisse i diritti della pellicola per trasmetterla prima delle elezioni americane del 2020 e non è caso che i punti nevralgici del film siano, effettivamente, reali: dalla conferenza di Mike Pence in cui si è imbucato indossando una maschera di Donald Trump fino al rapporto con due negazionisti, frequentati per qualche giorno, passando per un convegno antisemita in cui ha suonato una canzone country, prima di essere scoperto e quasi linciato.

Tutto sommato, dimostra Borat al di là di qualsiasi pretesa di satira, ciò che si osserva è reale, pur se colmo di estremizzazioni grottesche che provocano risate e leggerezza. Il successo dei Golden Globe 2021 per il film e per Sacha Baron Cohen sono il giusto riconoscimento per un modello cinematografico – purtroppo – molto raro, ma di cui si ha francamente bisogno.

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.