I documentari più terrificanti di sempre

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La realtà può, molto spesso, essere più bizzarra della finzione. I documentari hanno mostrato molto spesso i lati più torbidi dell’esistenza, comprovando questo modo di dire. Sono diverse, infatti, le opere che hanno raccontato di eventi e persone straordinarie, sia in senso positivo che negativo, stupendo gli spettatori. Il mondo, infatti, non è tanto meraviglioso quanto, spesso, appare che, riflesso sul grande e piccolo schermo, ha condotto a documentari terrificanti..

C’è un lato oscuro della vita umana che ha, talvolta, dato vita a storie reali degne dei più spaventosi film dell’orrore. A dire la verità, alcune di queste sono arrivate ad essere ancor più terrificanti degli stessi film appartenenti al genere. Per fortuna, la stragrande maggioranza di queste storie è stata raccontata al fine di sensibilizzare le persone riguardo determinate tematiche. A prescindere da ciò, comunque queste produzioni audiovisuali non richiedono effetti speciali di sorta per scioccare chi li guarda.

A differenza dei film horror basati, in maniera sedicente e poco attendibile, su fatti realmente accaduti, questi documentari che puntano su fare luce sui lati più oscuri della natura umana sono disturbanti già di per sé. Questo significa che, al di là di qualche minimo aspetto leggermente romanzato, queste produzioni sono in grado di sbalordire e terrificare solo coi fatti. Ne scopriamo alcuni nelle prossime righe.

Wrinkles Il Clown

Da La Casa dei 1000 corpi a It, il mondo del cinema e della letteratura horror vede tra i suoi baluardi la terrificante figura dei clown. Radicatosi nell’immaginario collettivo, il concept di clown spaventoso si presenta come una costante all’interno di questo paradigma del sublime. Sebbene moltissimi dei personaggi appartenenti a questo filone narrativo siano, ovviamente, fasulli e romanzati, ce n’è uno che ha infestato la Florida per diverso tempo e, la cui storia, viene raccontata in un documentario omonimo del 2019: Wrinkles Il Clown.

I bambini americani hanno sentito spesso dire che lo spaventoso pagliaccio li avrebbe puniti di notte per non aver obbedito agli ordini dei genitori. Ciò nonostante, alcuni di questi sarebbero andati al gradino successivo di questa forma di castigo, assumendo il vero clown per terrorizzare i più piccoli. Video virali sono circolati online in cui Wrinkles appare da una finestra o, da sotto il letto di un bambino, come una delle clip più famose mostra.

Queste immagini, da sole, sono abbastanza per destare lo shock degli spettatori. Ciò che affascina di più, però, è l’affascinante esplorazione del prodotto culturale clownesco insito nel paradigma della narrazione horror. Insomma, alcuni adorano questo personaggio, mentre altri lo deridono; molti altri lo assumono, specie per spaventare i bambini più indisciplinati. Wrinkles sarà, sicuramente, ricordato per le leggende sorte intorno al suo personaggio.

Cropsey

Ogni luogo ha le sue leggende metropolitane e, diverse, riguardano figure antropomorfe o uomini spaventosi che danno la caccia alle persone. I ragazzini raccontano di parchi giochi pullulati di mostri in ogni angolo del globo. Nel documentario diretto da Joshua Zeman e Barbara Brancaccio, cresciuti a Staten Island, si racconta di un’inquietante figura che infesta il luogo, chiamata Cropsey.

Egli non sarebbe altro che un paziente psichiatrico scappato da un ospedale, con una protesi a uncino alla mano. Si dice che Cropsey viva in un manicomio abbandonato nella foresta e che rapisca bambini nel cuore della notte. Lo stesso edificio in cui si sospetta la figura compia i suoi deprecabili atti ha tutte le carte in regola per entrare nei più spaventosi film dell’orrore.

Comunque, quando Andrew Rand, un impiegato del suddetto ospedale, fu arrestato dopo aver rapito una ragazzina nel 1987, sembrò che la storia di Cropsey fosse divenuta realtà. Le immagini di Rand durante l’arresto, con un’espressione vacua, lo fecero assomigliare in tutto e per tutto ad un assassino. Questo bastò alla giuria del processo e all’opinione pubblica per definirlo colpevole, a dispetto dell’assenza di prove più certe.

L’atto di uccidere

Uno dei documentari più terrificanti nella storia del genere cinematografico è stato candidato agli Oscar. Nel 2012, Joshua Oppenheimer trasporta lo spettatore lungo un viaggio conoscitivo della violenza più cruda, intervistando i responsabili di genocidi che hanno tolto la vita a mezzo milione di persone, avvenuti tra il 1965 e il 1966 in Indonesia, durante un’operazione militare.

Incredibilmente, il regista riesca a convincere gli assassini a ricreare le metodiche di esecuzione e le torture con cui hanno assoggettato migliaia di civili innocenti. Le scene più famose arrivano dal mandante degli omicidi, oggi anziano con diversi nipoti che, con disinvoltura, ha raccontato le metodiche con cui mandava le vittime alla garrota o come eseguiva i pestaggi che conducevano alla morte dell’inquisito.

Il lungometraggio è crudo, senza compromessi e, alcuni momenti, risultano decisamente disturbanti alla vista, così come le orrende pratiche di tortura degli aguzzini protagonisti del documentario; basti pensare che il personaggio principale attorno a cui verte la pellicola abbia reagito con felicità alla vista dei nipoti dell’opera a lui dedicata.

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Claudio Pezzella
Studente in culture digitali e della comunicazione. Articolista specializzato in contenuti a tema culturale. Appassionato di cinema, serie TV, musica ed arte in ogni sua forma.