I peggiori horror del 2022: la flop 5

I peggiori 5 film horror usciti nel 2022

Il 2023 è alle porte ed è scoccata l’ora dei bilanci. L’horror è un genere usurato ad Hollywood, ed ogni anno ne vengono rilasciati tantissimi provenienti da più parti del mondo, anche ai festival. Di seguito una classifica sui peggiori distribuiti nell’arco del 2022, tracciando una flop 5 di horror senza gusto e anche commercialmente discutibili. Di seguito la classifica:

5) Pearl, di Ti West

Se Ti West con il suo X: A Sexy Horror Story è finito nella classifica dei migliori horror del 2022, inevitabile inserire nella sfortunata cinquina l’inutile seguito: Pearl, presentato in anteprima alla 79esima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Il tripudio del nulla, un film incredibilmente vuoto come doveva essere sulla carta, un seguito assolutamente inatteso e non richiesto, senza mordente. La storia fa il verso ad Il Mago di Oz, ma la direzione presa non è chiara: esteticamente molto colorato, ma la voglia di vivere oltre le mura da parte della protagonista è ingiustificata. Si fa fatica a parteggiare per lei, siccome ha un padre disabile e una madre come la si è già vista in altre occasioni, tra l’insopportabile e il sopportabile. La ragazza, pudica, viene stimolata dall’altro sesso, ma viene poi presa in giro, ricordando Carrie – Lo Sguardo di Satana. Nell’interminabile ora e quaranta di film, non c’è altro che una Mia Goth in over acting con un monologo tremendamente didascalico e delle uccisioni senza enfasi, che danno l’idea di essere girate in fretta e furia. Il successo commerciale per una pellicola indipendente, ha spinto produttori e regista a farne una trilogia, ma se il primo è riuscito tutto sommato a portare un buon risultato qualitativo a casa, questo secondo non fa ben sperare per il proseguo, nonostante un ulteriore successo al botteghino negli Stati Uniti.

4) Men, di Alex Garland

Il tentativo mal riuscito del regista di Ex Machina, Alex Garland, di rappresentare una società maschilista e alienante con una metafora religiosa. Men è la storia di Harper (Jessie Buckey), una giovane donna che ha da perso da poco il marito (Paapa Essiedu), dopo che quest’ultimo si è buttato da un palazzo. Alla ricerca di un po’ di serenità dopo il lutto, Harper decide di concedersi una piccola vacanza solitaria in campagna. Ben presto, però, il suicidio del marito inizia a perseguitarla e la donna comincia a essere ossessionata da una serie di personaggi maschili grotteschi. Il tutto è condito da una didascalia di fondo che non giustifica un linguaggio fintamente complesso e simbolico, siccome è tutto spiegato secondo una determinata logica e celata dietro una pesante metafora religiosa. Risulta un film eccessivamente lapalissiano, sin dal titolo: Men, “Uomini”. Garland riflette in maniera furbamente autocritica su maschilismo e patriarcato, con trovate estetiche mai davvero esaustive e indipendenti dall’ingombrante sceneggiatura, esplicativa in tutto e per tutto. Così facendo, è un esercizio di stile fuorviante e respingente, pur avendo un’aura grottesca. Horror scialbo e pretenzioso, con uno “spiegone” finale che racchiude in sé tutti i difetti del film.

3) Firestarter, di Keith Thomas

Ennesimo film trasposizione di un romanzo di Stephen King. La trama verte sulla coppia formata da Andy e Vicky, che cercano di proteggere la figlia Charlie da una misteriosa agenzia federale che vuole impossessarsi dei suoi poteri, ossia generare fiamme col solo pensiero. Non c’è molto da dire su un film così disastroso: la CGI è imbarazzante, tremendamente low budget; i personaggi sono mal scritti, senza sviluppo, senza verve e dialogano in modo anacronistico. Il risultato senza girarci attorno, consiste in una rappresentazione teen degli X-Men, in particolare su Fenice, del tutto goffa e senza idee. Ricorda vagamente un altro film mediocre e già dimenticato: Brightburn, il male incarnato in Superman.

2) The Twin – l’altro volto del male, di Taneli Mustonen

Il film narra di Rachel che, insieme al marito e al figlio Elliot, si trasferisce nella campagna finlandese dove la famiglia del partner è originaria. Ciò per cercare di ricominciare da capo dopo la scomparsa dell’altro figlio gemello Nathan, ma il lutto è veramente difficile da superare e l’atmosfera che si viene man mano a creare nella vecchia casa è di completo disagio. Aleggia lo spirito del gemello, o si tratta di un’altra entità? Il soggetto avrebbe anche del potenziale, e addirittura si citano capolavori del calibro di Rosemary’s Baby; a mancare, a sorpresa, non è la tecnica che fa il verso alla A24 ed in particolare ad Ari Aster in Hereditary, bensì le vere idee. Tutto è sconclusionato, contraddittorio, e senza un vero e proprio filo conduttore che tenga incollati allo schermo. Man mano che si procede con la narrazione, lo spettatore rischia di perdersi nell’inutile ragnatela tessuta dal regista finlandese. Sia che si parli di fantasmi o di sanità mentale, o addirittura di sette sataniche, sembra quasi che siano presenti più sottotrame. Il finale è semplicemente imbarazzante, a tratti offensivo: tutto ciò che si è visto è inutile, si ripeterà perché non c’è mai stato sviluppo o rielaborazione. Semplicemente, inevitabilmente, un prodotto insulso.

1) Hatching – la forma del male, di Hanna Bergholm

Un body horror psicologico dalle buone premesse: potrebbe rappresentare l’amore pedante dei genitori, a tratti soffocante; potrebbe dare spazio alla volontà dei figli nell’espatriare alla ricerca della propria identità; potrebbe giocare con la deformità dei corpi. Tutto ciò che sarebbe potuto essere, non è. Il film ruota attorno alla storia della dodicenne Tinja, in un tranquillo quartiere di una cittadina qualunque, cresciuta in simbiosi con la madre, ossessionata da un successo che lei non ha e che trasmettere alla figlia. Il lato dalla deriva fantasy non si estende alla favola gotica, ma diventa sintomo di un film disastroso da tutti i punti di vista: in primis tecnicamente, utilizzo di GoPro assolutamente fuori luogo, così come scene di 5 secondi montate senza grazia e inutili narrativamente. La storia procede con un ritmo logorante, che a definirlo lento gli si fa un complimento, dove letteralmente non accade nulla di rilevante o di realmente ambiguo. Tutto avviene per una ragione di solito, ma qui la ragione la si perde dopo pochissimi istanti dall’inizio di questa tremenda pellicola. Non sa cosa raccontare, tanto meno come farlo, risultando un fallimento su tutta la linea. Il peggior horror uscito quest’anno tra streaming e sala.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.