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I migliori film italiani del 2022: la classifica

L’annata cinematografica italiana è stata abbastanza ricca, soprattutto contando i titoli presentati in anteprima alla 79esima Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia. Tra biopic, documentari e film di denuncia, le pellicole entusiasmanti non mancano. Il 2023 è alle porte, ed è il momento di fare i bilanci su quello che è stato. Di seguito una classifica con i migliori film italiani del 2022.

8) Il Signore delle Formiche, di Gianni Amelio

Presentato in concorso alla 79esima edizione della Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia, Gianni Amelio torna a dirigere un film dopo Hammamet con Pierfrancesco Favino. Le perplessità non mancano, e in un annata dove il brio c’è stato, questo film non può che finire in fondo alla classifica. Il film racconta la vera storia di come si svolse il processo riguardante Aldo Braibanti, condannato per plagio letterario con l’accusa di aver corrotto un giovane ma che pagò, in realtà, l’intolleranza del paese italiano verso una persona comunista ed omosessuale, in un particolare periodo storico. Le perplessità sopracitate riguardano una recitazione non di spessore, talvolta troppo pacata, in altre occasioni a briglia sciolta, immotivatamente. La regia di Amelio non raggiunge gran livelli di pathos, e dopo un incipit crudo e realista, la seconda parte del film risulta didascalica, con meccanismi fin troppo esemplificatori di un periodo ad alta tensione, impregnato di intolleranza verso il prossimo. La mancanza di tatto, di fisicità e di reale chimica anche tra i due attori protagonisti (Ferracane ha fatto di meglio), non eleva la pellicola, inchiodata ad un processo grottesco. Elio Germano è un giornalista perfetto nella caratterizzazione e nell’espressività del personaggio, tra le note più dolci di una pellicola problematica. Ciononostante, l’inserimento di questo film nella seguente classifica è dettato più dall’importanza del contenuto che dalle modalità con cui è veicolato.

7) Bones and All, di Luca Guadagnino

Anche questo film è stato presentato in concorso a Venezia 79, conquistando gran parte della critica, oltre che della giuria. Guadagnino, a differenza del sopracitato Amelio, la delicatezza nell’inquadrare ce l’ha eccome, da sempre. Nel suo modo di fare cinema i sentimenti arrivano dritti al cuore di chi guarda, con un pathos ed un cuore enorme, trasmesso anche agli attori protagonisti. La Russell, insieme a Chalamet, svolgono un gran lavoro nel rendere credibile, a tratti realisticamente morbosa, la loro relazione. Gli Stati Uniti del periodo reaganiano sono uno sfondo ideale, con una campagna più viva che mai a rimarcare la solitudine dei personaggi. Peccato per una multidimensionalità mancata, sfiorata ma mai raggiunta; la componente horror è un mero espediente narrativo, quasi è irrilevante. L’idea resta valida, proprio per parlare di emarginazione negli anni ’80 americani (ritratto di un italiano) attraverso il “mangiare qualcuno che si ama” come necessità, penetrazione della carne. Il ritmo a volte si incarta, così come i protagonisti, e i difetti prendono parte attivamente, quasi a tramutarsi in pregi. Ottima la colonna sonora per parlare di libertà, così come i pezzi scelti da far echeggiare in questo road movie, teen horror, che forse mescola troppi elementi insieme sacrificandone o forzandone alcuni. Ma in fondo, la bellezza c’è ugualmente, anche se poteva essere ancora più grande. Bones and All è vincitore del Premio Marcello Mastroianni con Taylor Russell e del Leone d’Argento alla regia di Luca Guadagnino

6) Princess, di Roberto De Paolis

Film d’apertura della sezione Orizzonti di Venezia 79, l’opera seconda di Roberto De Paolis: Princess. La pellicola ha un taglio documentaristico, con la protagonista che è una ragazza nigeriana di 19 anni arrivata in Italia, obbligata a fare la prostituta pur di sopravvivere. Tutta la precarietà della vita passa nei 111 minuti da cui è composto il film, che più volte rischia di scadere nel pietismo forzato, ma in realtà sferra un duro colpo alla mascolinità tossica che si prende gioco delle donne senza fare sconti. La situazione non è dettata da motivazioni razziali, tanto meno per la giovane età; è proprio una questione di sfiducia reciproca che c’è tra la protagonista e, a turno, anziani, lavoratori, tossici, ragazzi di varie età che hanno in testa un unico scopo, mancando di sensibilità. A interpretare Princess è una giovanissima e bravissima Glory Kevin che nella sua vita ha dovuto davvero fare questo lavoro per vivere, adempiendo allo scopo di documentario che la pellicola intende avere da principio. Il personaggio di Lino Musella è la finzione che squarcia la realtà, una favola che sembra aver lieto fine, ma che inconsapevolmente non può ottenerlo a causa del macigno portato interiormente da Princess.

5) Ennio, di Giuseppe Tornatore

Il premio Oscar Giuseppe Tornatore, si è dedicato alla realizzazione di un importante e delicato documentario: Ennio. Con un modo di fare classico, tra interviste e materiale d’archivio, si lascia conoscere Ennio Morricone, scomparso nel 2020. Una delle personalità italiane più importanti sulla faccia della Terra, conosciuto in tutto il globo e vincitore di numerosi premi: due Oscar, tre Grammy Awards, due Golden Globe, sei BAFTA, dieci David di Donatello, undici Nastri D’argento, due EFA, un Leone D’oro alla carriera e tanto altro. Il documentario si incentra sull’amore che il famoso compositore ha per la musica, la passione che lo ha portato a studiare e a dedicarsi poi al cinema, unendo tutto il mondo con le sue splendide note. Ma è anche un modo per parlare della formazione di un’identità, un genio che è stato isolato ed estromesso dal mondo accademico per la sua visione, la sua rivoluzione tecnica. La lunga intervista fatta al maestro resta il cuore pulsante del film, ma la ripetizione di certe interviste a personaggi del cinema e della musica estremamente famosi, sono spesso e volentieri completamente prive di utilità, limitandosi a ripetere elogi dati per assodati. L’emotività è tanta, il fascino c’è, ed Ennio nella sua lunga durata si dimostra un documentario stimolante, squisitamente classico e narrativo, anche se eccessivamente ripetitivo e inutilmente allungato con le già citate interviste. Vincitore del Nastro d’Argento e del David di Donatello come miglior documentario.

4) Leonora Addio, di Paolo Taviani

Film in concorso al Festival di Berlino, l’unico italiano, racconta i tre funerali fatti a Pirandello, ma la storia si intreccia con l’uccisione di un giovane immigrato siciliano a Brooklyn. Le ceneri dello scrittore dovranno attraversare l’Italia in un viaggio da Roma ad Agrigento, patria di Pirandello; infatti, dopo la sua morte, avvenuta nel 1936, è stato sepolto nel cimitero del Verano e solo nel ’47 è tornato nella sua terra d’origine. Il viaggio è stato tortuoso, durato tanti anni; il film si chiude con la lettura di Il chiodo, che narra di un giovane, che viene costretto dal padre a lasciare la sua Sicilia e la madre, per raggiungere l’America. Tramite Leonora Addio, si parla di Pirandello attraverso l’Italia e dell’Italia attraverso Pirandello, di congedi dalla vita, del dialogo tra chi parte e chi resta, e tra pensiero umano, la storia collettiva, il cinema e la personalità (artistica e non). Una narrazione tra il reale e l’irreale, la forma e la deformazione, non c’è scampo per nessuno nella riflessione posta sotto la lente d’ingrandimento del regista.

3) Nostalgia, di Mario Martone

Mario Martone dopo aver presentato Qui Rido Io a Venezia, opta per Cannes. Nostalgia, film scelto per rappresentare l’Italia ai prossimi Oscar, è stato mandato in concorso alla 75esima edizione del Festival di Cannes. La storia di Felice (Pierfrancesco Favino), un uomo che ha dovuto abbandonare la sua terra d’origine per la Libia, sfuggendo alla malavita. Il protagonista torna nella sua Napoli dopo aver vissuto fuori per 40 anni, per incontrare la madre ormai anziana e scopre che il suo amico d’infanzia e di adolescenza, considerato un fratello, è ormai diventato un boss della Camorra. Felice e Oreste, i protagonisti dei flashback in pellicola retrò, immagini di un tempo ormai andato e contenitore di una nostalgia canaglia, che trattiene un uomo d’affare divenuto tale all’estero, nel settore edile. Eppure Napoli, al netto di tutti i suoi problemi, riesce a mostrare la sua magia anche nei quartieri malfamati, con i murales e i panni appesi dai balconi nei vicoli stretti. Una meraviglia che cattura Felice, ricordandogli i vecchi tempi con Oreste, e con tutti gli abitanti della sua vecchia città. Ma ciò non prepara il palato per l’amaro finale a cui lo spettatore viene posto, quasi a voler disilludere dal sogno di un grande incontro tra culture.

2) Piccolo Corpo, di Laura Samani

L’opera prima di Laura Samani, presentata in concorso alla Settimana Internazionale della Critica alla 74esima edizione del Festival di Cannes, è stato distribuito solo in questo 2022 in Italia. Il film ha anche vinto agli European Film Awards. Piccolo Corpo racconta la storia di Agata, giovane ragazza che perde la propria figlia dopo il parto; non può battezzarla e l’anima della piccola sembra così destinata al Limbo, facendo cadere i personaggi in un vuoto stracolmo di dolore unito al misticismo portato dalla pellicola, abilmente inquadrato dalla regista e con pochissimi dialoghi. Quest’ultima decisione è finalizzata ad ottenere atmosfere malinconiche, ma contemporaneamente spirituali. Non manca l’esplorazione del corpo femminile a rendere terrena la pellicola, ma è anche affascinante nel suo tagli semi-documentaristico: una dimensione ibrida, tra incantesimo e superstizione.

1) La Stranezza, di Roberto Andò

La Stranezza, altro film su Pirandello oltre Leonora Addio, è un film diretto da Roberto Andò e interpretato da Toni Servillo, oltre che dall’irresistibile duo comico siciliano: Ficarra e Picone. La pellicola è al posto numero 1 in classifica per tutte le ragioni qualitative: il corpo attoriale è magnifico, perfettamente incline all’espressività singola così come a creare chimica nelle relazioni tra loro. Luigi Pirandello è ossessionato da un’idea strana e ancora indefinita: la suddetta stranezza, ossia la creazione di una nuova commedia. Dopo la morte della sua anziana balia torna al suo paese d’origine. Pirandello osserva e prende spunto, intento a uscire dalla crisi creativa e a scrivere quella che è la sua opera più famosa, Sei Personaggi in Cerca D’Autore, a teatro. Il film è un confluire di idee, una riflessione sulle immagini di un tempo e contemporanee, nonché sul cinema e il teatro in grado di influenzare la vita, a cui però queste due arti sono eternamente grate. Un dialogo costante che genera prodotti, ridisegnando la realtà traendo spunto dalla realtà stessa. La vita di paese dà vita alla messa in scena teatrale, con una quasi rottura della quarta parete delle persone/personaggi; la messa in scena teatrale, a sua volta, ispira Pirandello, autore in cerca dei suoi personaggi.

Christian D'Avanzo: Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.