Le conseguenze dell’amore: recensione del capolavoro di Paolo Sorrentino

Le conseguenze dell'amore recensione

Gli estimatori del cinema di Paolo Sorrentino sanno che il regista Premio Oscar ha realizzato, nell’ambito della sua carriera, una serie di prodotti cinematografici in grado di definire – anche grazie al sodalizio con Tony Servillo – una cornice piuttosto importante nel panorama cinematografico italiano. Se alcuni prodotti come La grande bellezza, Il Divo e Loro hanno ottenuto grande credito, altri potrebbero essere stati oggetto di una sottovalutazione maggiore, o di una considerazione più scarsa. Eppure, in ogni caso, si tratta di film e lavori considerevoli. Tra questi, non può non essere considerato Le conseguenze dell’amore, film del 2004 che si propone di approfondire una delle dinamiche più care all’interno della cinematografia sorrentiniana: l’analisi dell’uomo e delle componenti esistenziali, all’interno di questo prodotto resa possibile attraverso una serie di espedienti da cui deriva il nome del film stesso. Vale la pena considerare perchè si possa definire, senza ipocrisia e retorica, questo prodotto un vero e proprio capolavoro.

Trama di Le conseguenze dell’amore

Titta Di Girolamo è un salernitano di mezza età, di cui si sa ben poco all’inizio del film se non quanto trapelato dalle sue affermazioni: un uomo solo, senza fantasia né voglia di interloquire con alcun essere umano, per quanto sia in grado di analizzarli perfettamente, anche e soprattutto attraverso un certo cinismo. Soltanto successivamente, stando a quanto rivelato dallo stesso uomo d’affari, si scoprirà qualcosa di più su Tutta Di Girolamo: a seguito di una vita d’investimenti, l’uomo ha perso miliardi di lire per conto della mafia e, non essendo stato ucciso, è costretto a vivere all’interno di un albergo di Lugano, dal quale settimanalmente deve versare (talvolta per più di un’occasione) un milione di euro nelle casse della mafia.

Nella quotidianità di Titta Di Girolamo, che sembra calcolare tutto nel dettaglio e non dà vita ad alcun tipo di evasione, rientra anche il consumo settimanale di eroina, di cui fa uso una sola volta a settimana (il mercoledì) da più di 20 anni. La vita dell’uomo cambia con la conoscenza di Sofia, barista dell’albergo in cui soggiorna che, per quanto non abbia mai degnato di una risposta, osserva in ogni dettaglio, prima di superare il blocco che lo separa dal parlarle. L’uomo, sposato e separato – con tre figli che non vogliono parlargli – scoprirà di non dover sottovalutare le conseguenze dell’amore solo con la donna, di cui si innamora e con la quale vorrebbe finalmente evadere dal suo soggiorno forzato. Tuttavia, la sua valigetta – contenente il denaro da versare settimanalmente – viene derubata da due uomini che precedentemente aveva ospitato: per quanto inizialmente avesse confessato il furto, in realtà Titta Di Girolamo era riuscito ad assassinare i due ma, conscio della sua vita esistenzialmente determinata, decide di tradire il “patto” con la mafia e di trovare la morte, all’interno del cemento. La valigetta incriminata è stata invece donata a una coppia di anziani con cui era solito intrattenersi a carte, dopo che aveva umiliato entrambi smascherando i loro imbrogli al gioco.

L’estetica di Paolo Sorrentino in Le conseguenze dell’amore: trionfa l’esistenzialismo

Con Le conseguenze dell’amore, Paolo Sorrentino si affaccia per la prima volta sul panorama del grande schermo attraverso una trattazione che l’ha reso celebre nel corso della sua carriera e che, allo stesso tempo, ha da sempre determinato una vera e propria scissione tra i fan, nel giudicare non soltanto il prodotto cinematografico del regista italiano, ma anche la sua vivibilità. Fin dal momento della sua distribuzione, La grande bellezza ha avuto – sostanzialmente – due tipologie di commento: chi l’ha definito un capolavoro e chi un prodotto sopravvalutato, dotato di una grande fotografia e nient’altro. Riuscire a parteggiare con una delle due componenti non è sicuramente semplice, anche alla luce di come il cinema di Sorrentino possa essere percepito.

Ciò che è certo è il dominio nel fattore esistenzialismo all’interno del cinema del regista, così come in un prodotto di grandissimo livello come Le conseguenze dell’amore: il film si apre con una nota che caratterizza perfettamente l’estetica sorrentiniana, determinata dalle parole di un Toni Servillo che, come al solito, risulta essere calato nel suo ruolo con grande importanza. Non riuscire a vedere al di là delle cose, chiudersi in una esistenza vana, che non rivela alcuna profondità, è il senso dell’essere di Titta Di Girolamo. Le telefonate silenziose con la moglie da cui si è separato, l’assenza dei figli, la conoscenza del solo Asso piglia tutto come gioco di carte, la metodicità con cui il protagonista del film consegna il suo assegno mensile al proprietario dell’albergo, sono tutti elementi che riescono a scandire perfettamente una vita destinata all’oblio, magistralmente descritta.

L’amore, che permette al protagonista di riflettere per la prima volta sul senso del suo essere, è sconvolgente: probabilmente – ammette il salernitano – parlare con Sofia è il gesto più pericoloso che abbia compiuto nella sua vita. Il cinema di Sorrentino non conosce lieto fine nell’essenza fiabesca a cui si è abituati, ed è per questo motivo che la morte in una materia fluida come il cemento (la scena in cui lentamente il corpo dell’uomo trova la morte è perfettamente condotta) funziona come finale esatto, esistenzialmente riuscito, di un film che non fuoriesce mai dai suoi binari.

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Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.