Al di là del bene e del male: recensione del Joker di Todd Phillips (2019)

Al di là del bene e del male: recensione di Joker (2019)

Nella sua celebre esibizione al Teatro Brancaccio di Roma, del 1998, Fabrizio De André affermava – prima dell’esibizione della sua iconica “La città vecchia” che c’è ben poco merito nella virtù e poca colpa nell’errore. La rivalutazione dei due canoni di bene e male è un proposito che qualsiasi forma d’arte cerca di portare a compimento. Si potrebbe, anzi, affermare che la stessa arte non se ne fa nulla di questa dicotomia e che il compito dell’artista sia, piuttosto, la riaffermazione di un ideale estraneo a qualsiasi contrario. Il Joker di Todd Phillips è riuscito, attraverso la sua pellicola di due ore e due minuti, ad annullare ogni concezione statica e facendo innamorare lo spettatore, al di là del bene e del male.

Il contesto sociale: che cos’è Gotham

Spiegare che cosa sia Gotham e, soprattutto, quali siano le caratteristiche della città in cui il male trionfa, sembrerebbe abbastanza inutile, anche per coloro che la saga di Batman non la amano. Più opportuno è, però, spiegare che cosa sia la Gotham che Todd Phillips vuole portare sul grande schermo, attraverso quelle medesime caratteristiche che già lo spettatore conosce, ma che allo stesso tempo riscopre guardando la pellicola.

La città in cui regna il caos è, allo stesso tempo, causa e conseguenza della figura di Joker. Se in qualsiasi altra narrazione poteva essere trascurata la doppia valenza della città, il regista premiato a Venezia è attento alla resa ideale dei due volti di Gotham: un centro nevralgico di ansie e depressioni, di umori e tremori, di passivismo e ossessione ma, allo stesso tempo, di quella fiamma metaforica e reale rappresentata dalla rivoluzione violenta, dalla distruzione.

Il protagonista si muove su una scena dinamica soltanto a tratti, attraverso una sceneggiatura che premia altro fuorché l’azione e che regala i particolari della distruzione soltanto quando l’epilogo è chiaro, e non necessita di altro per affermarsi. Si potrebbe pensare che raccontare di Gotham non mostrando Gotham sia un azzardo, ma se si ammette che ogni più piccolo particolare porta alla distruzione, si comprende il senso di ogni scena: dall’ascensore guasto al gran numero di scale da compiere, passando per un contesto di fatiscenza che alimenta la scena.

Il Joker di Todd Philips tra angoscia e compassione

Venendo al fulcro della narrazione cinematografica, non si può fare a meno di cogliere un aspetto fondamentale, che crea la rivoluzione del Joker e, allo stesso tempo, un solido spartiacque nella storia della cinematografia. Viene definita “sindrome del Luna Park” quella condizione secondo la quale l’evasione dai canoni della quotidianità crea stupore e interesse, perché rivoluzionario. La presenza dei dinosauri nel Jurassic Park dell’omonimo film di Steven Spielberg è una rivoluzione, perché distrugge un certo tipo di linguaggio comunicativo e ne crea uno nuovo, non importa se valido o meno.

La presenza di un Joker umanizzato funziona attraverso lo stesso obiettivo, ma mira ad un ulteriore capovolgimento comunicativo: se si è abituati a vedere Joker in funzione di Batman e della sua eterna guerra con l’anima buona di Gotham, il prodotto cinematografico crea una nuova rivoluzionaria visione del personaggio, un nuovo modo di intenderlo e viverlo.

Una delle caratteristiche principali del film vuole essere, senza dubbio, il senso di angoscia che si percepisce in ogni passaggio della narrazione. Non bastano le scene volutamente dissacranti, l’impianto comico della narrazione e i momenti in cui ci si può lasciare andare alla risata, dal momento che l’impatto generale del film è quello del sentimento e della sensazione negativa: osservando la scena di coglie quel processo distruttivo che passa attraverso una serie di azioni, per quanto bonarie possano sembrare, significative. Basti pensare al ballo, alle sigarette divorate e ad una resa mimico-facciale che sembra non avere eguali.

La condivisione emotiva non è assolutamente cosa da poco, specie se si considera il personaggio che viene raccontato sullo schermo e ogni sua azione. Ecco, allora, qual è il punto della narrazione: lo spettatore si trova di fronte ad un personaggio complesso, eppure a tratti molto semplice e lineare, che compie il suo processo evolutivo verso il declino; dalla scoperta di essere figlio di uno dei più potenti imprenditori della città, poi a sua volta smentita con la scoperta dello stato di pazzia di una madre che non si rivela essere tale, fino all’amore idealizzato che diventa addirittura sogno lucido e inconsapevole. E poi i molteplici omicidi che si evolvono dal canone della quasi difesa personale alla riaffermazione di sé e di un ego distrutto e ridotto a brandelli.

Il film di Todd Phillips mostra il bene e il male svuotandoli di contenuto, rendendoli insignificanti agli occhi dello spettatore, e la realtà violenta mostrata non viene né condannata né esaltata, ma semplicemente accettata per quello che è e deve essere. Si può affermare, insomma, che al di là del bene e del male il nuovo Joker riesce a funzionare evadendo da dicotomie e schemi, vivendo ed esercitando passivismo e potere nella sua realtà.

Perché Joker è potenzialmente un film pericoloso

L’accettazione di un fatto in quanto tale, e non sottoponendolo ad una capacità di giudicare estranea al semplice subire la scena, è il pericolo fondamentale del film. Quelle rivolte che culminano con la distruzione di una Gotham lacerata sono il messaggio che, più di ogni altro, viene condiviso dallo spettatore e il personaggio di Joker diviene emblema di una cultura molto più ampia di quanto si possa credere.

Esiste un doppio livello nella visione di un film, che differenzia l’animale istintivo dallo spettatore razionale: statisticamente parlando, esiste chi – nel vedere uccisi i genitori di Bruce Wayne nella rivolta sanguinaria da Joker ideologicamente avviata – ha interiormente provato un senso di soddisfazione, prima di comprendere di essersi compiaciuto di un doppio assassinio.

Al di là di quella retorica secondo cui il prodotto televisivo o cinematografico porta a ripercussioni nella realtà, però, c’è davvero da riflettere su quella condivisione emotiva che porta tutti ad essere dalla parte del Joker.

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.