Recensione – Bohemian Rhapsody: il film sui Queen

La recensione di Bohemian Rhapsody, film biografico sui Queen

L’unica cosa più straordinaria della loro musica è la loro storia“. Bohemian Rhapsody, il film che celebra i Queen e la loro musica, nonostante i difetti riesce ad interessare chi non li conosce, e soprattutto riesce a convincere ed emozionare i fan. Bohemian Rhapsody è stato distribuito il 29 Novembre 2018 in Italia, e fu uno dei titoli che più incassarono quell’anno. Diretto da Bryan Singer e il subentrato Dexter Fletcher, aggiudicatosi ufficialmente la regia; interpretato da:

Rami Malek nei panni di Freddie Mercury, frontman dei Queen;
Gwilym Lee come Brian May, il chitarrista;
Ben Hardy nel ruolo di Roger Taylor, il batterista;
Joe Mazzello è John Deacy Deacon, il bassista;
Lucy Boynton veste i panni del più grande amore di Freddie, Mary Austin;
Aidan Gillen è invece John Reid, il primo manager della band;
Allen Leech nel ruolo del manager personale di Freddie, Paul Prenter;
Tom Hollander come secondo manager dei Queen, Jim “Miami” Beach;
Aaron McCusker è Jim Hutton, fidanzato di Freddie fino al giorno della sua morte;
Mike Myers infine, nei panni di Ray Foster, il produttore della casa discografica EMI, conosciuto per essersi lasciato sfuggire dalle mani i Queen.

Ecco la trama e la recensione di Bohemian Rhapsody, film sui Queen.

La trama di Bohemian Rhapsody, il biopic sui Queen

Si legge il nome di due registi e non di uno solo, perché Bryan Singer non ha finito il film a causa di una brutta discussione con Rami Malek; i due probabilmente sono venuti anche alle mani. Per fortuna a finirlo ci ha pensato Dexter Fletcher, abbastanza esperto da gestire bene la cosa.

Il film ricostruisce l’ascesa dei Queen dal 1970 fino al 1985, mettendo in risalto la difficile personalità di Freddie Mercury, il frontman della band. Ciò nonostante tutti i membri del gruppo fanno la loro parte nell’arco dei 130 minuti circa del film. Si parte da una condizione precaria, di povertà, di concerti in pub non proprio elegiaci; si arriva al successo economico e la relativa entrata nella storia del rock da parte di Freddie e la band. Il frontman dei Queen inizialmente lavora in aeroporto a Londra, ma una sera per caso assiste all’esibizione in un locale notturno di una band locale di nome Smile. Dopo lo spettacolo incontra il chitarrista e il batterista del gruppo, rispettivamente Brian May e Roger Taylor; parlando, si offre di sostituire il loro cantante Tim Staffell, che proprio quella notte ha lasciato il gruppo. La stessa sera, Farrokh conosce una ragazza, la commessa Mary Austin. Dopo che al trio si è aggiunto il bassista John Deacon, la band cambia nome in Queen e inizia a tenere concerti in tutta la Gran Bretagna. I musicisti decidono di vendere il loro furgone per ricavare il denaro necessario a produrre il loro album di esordio.

Grazie al loro successo e alla loro sperimentazione musicale, la band fa colpo su John Reid, un famoso manager dell’etichetta discografica EMI, che procura loro un contratto. Allo stesso tempo, Farrokh cambia legalmente il suo nome in Freddie Mercury e si fidanza con Mary. La band incide tre album, che scalano le classifiche in America; durante il primo tour della band negli Stati Uniti, Freddie, che ha sempre avuto uno stile particolare indossando abiti femminili talvolta, inizia ad avere dei dubbi sulla propria sessualità. Nel 1975 i Queen registrano il loro quarto album, A Night at the Opera, ma subito dopo lasciano la EMI dopo aver litigato con il dirigente Ray Foster, che si era rifiutato di pubblicare la canzone Bohemian Rhapsody come singolo di lancio dell’album, siccome avrebbe voluto come singolo principale del disco un brano più accessibile al grande pubblico, come I’m in Love with my Car, che tuttavia il gruppo considera scontata. Freddie riesce poi a far trasmettere in radio la canzone e il riscontro super positivo è immediato. La scalata nella storia della musica ha inizio.

La recensione di Bohemian Rhapsody, con Freddie Mercury protagonista

Quello che fa impazzire il pubblico, oltre ovviamente la colonna sonora composta dalle canzoni più celebri dei Queen, è l’interpretazione degli attori (truccati così bene da sembrare davvero la band originale), in particolar modo di Rami Malek. Infatti l’attore di origini egiziane che deve la sua fama prima di questo film, alla serie TV Mr. Robot, non interpreta Freddie Mercury, lui è Freddie Mercury! Anche se nella maggior parte delle scene cantate vengono usate delle registrazioni, a volte è lo stesso Malek a cantare. Semplicemente perfetto nell’interpretare Freddie Mercury, copiandone movenze ed espressioni, maniacale, profondo: insomma un’interpretazione da Oscar, oggi giorno, con i biopic che vanno di moda. Battuto Christian Bale per Vice alla serata del 2019.

Parlando della sceneggiatura, c’è da dire che l’inizio non è dei migliori, si tende a correre troppo e la prima mezz’ora è trattata davvero in modo superficiale, non si riesce nemmeno a percepire bene il progresso dei Queen, i loro guadagni e come il successo abbia cambiato le loro vite. Fortunatamente nella parte centrale il film si assesta, si concentra molto sulle relazioni personali tra i membri del gruppo e non solo, dato che una delle cose migliori del film è il rapporto che c’è tra Mary Austin e Freddie Mercury, un qualcosa che va al di là anche dell’amore stesso. I due si amano dall’inizio alla fine, sono entrambi l’amore della vita dell’altro, anche senza essere più sposati; questo perché la loro è una relazione basata sulla fiducia e sulla stima, sull’aiutarsi reciprocamente senza seguire i propri fini. Se devono divorziare è perché Freddie finalmente riesce a fare coming-out e ad accettare se stesso (si dichiara bisessuale), cosa molto difficile considerando l’epoca in cui era cresciuto e viveva, dunque non c’è stata neanche una colpa effettiva di uno dei due nella fine del loro matrimonio. Restano in un rapporto quasi fraterno, migliori amici. La parte più interessante come avrete potuto capire, è proprio l’interiorità di Freddie, la figura in rilievo dei Queen e che quindi per forza di cose assume un ruolo centrale, da protagonista del film. Lui è un uomo di origini Tanzaniane, nato a Zanzibar ed emigrato poi insieme alla sua famiglia a Londra. Cerca in tutti i modi di crearsi una nuova identità, di staccarsi dalle proprie radici, anche perché soggetto a episodi di razzismo (veniva spesso chiamato “Paki”, ossia pakistano, per il colore della sua pelle); infatti cambia ufficialmente il suo nome da Farrokh Bulsara a Freddie Mercury, che non è quindi un semplice nome d’arte ma la vera e propria creazione di una nuova identità, che schiaccia quella passata. Inoltre ha paura di mostrare la sua vera sessualità dall’inizio (probabilmente già sapeva di essere omosessuale), risultando un tipo alternativo nei modi di fare e nel vestirsi. Questa paura si accoda al razzismo, nel senso che temeva di incrementare l’odio verso di lui dichiarandosi gay.

Con la sua musica riesce a farsi coraggio, dà sfogo alle sue emozioni e finalmente l’istinto ha la meglio. Del resto è stata proprio la musica e quella incontrollabile voglia di emergere ad aver reso i Queen chi sono oggi, cioè degli emarginati dalla società che si rivolgono ad altri emarginati, (così si definiscono nel film), infrangendo le convenzioni sociali, mettendo in discussione gli stereotipi e dando vita ad un sound memorabile e dei testi iconici. Dalla parte centrale del fino alla fine del film, Freddie cambia più volte idee su sé stesso e sulla sua famiglia (sia quella biologica che I Queen), e vengano mostrate le sue fragilità, la negazione di sé e le tensioni che ci sono state con gli altri membri della band, fino ad arrivare alla maturazione del cantante ormai consumato dalla vita e malato di AIDS. Forse sarebbe stato meglio mostrare di più quanti rapporti effettivamente Freddie ha con gli uomini e quanto entra in contatto con la droga, cose che vengono soltanto accennate e lasciate intendere, ma non approfondite (la scelta però è comprensibile, altrimenti avrebbero dovuto vietare il film). Ci sono alcune incongruenze storiche e dei cambiamenti (ad esempio la nascita della canzone We Will Rock You, avvenuta diversamente da come il film mostra), ma è incredibile la resa della creazione delle canzoni e di una in particolare: Bohemian Rhapsody, da cui il film prende il titolo (e si dice sia la canzone in cui Freddie si dichiara). L’interazione tra i membri in questi momenti risulta simpatica, anche con l’inserimento di battute divertenti, e viene fatta capire tutta la genialità dei Queen nel creare canzoni e mescolare più generi.

Il finale è davvero commovente, con Freddie che conscio di essere malato, lo comunica agli altri Queen, i quali hanno una reazione molto emotiva, quasi fraterna. Sale sul palco di Wembley insieme alla band, dopo un bel po’ di tempo, per il Live Aid, concerto rock tenutosi allo scopo di ricavare fondi per alleviare la carestia in Etopia. Gli ultimi 20 minuti diventano magia ed emozione allo stato puro, ricreando perfettamente quel palco, il pubblico – per lo più in CGI – e soprattutto quella straordinaria performance dei Queen, con un Rami Malek sontuoso nei movimenti e nelle espressioni facciali. La giusta conclusione, siccome mostrare la morte di Freddie avrebbe stonato per il significato del finale, per uno studiatissimo biopic che salda l’eredità di una band che è sempre stata più di una famiglia e che continua ad ispirare outsider e sognatori di tutto il mondo: I Queen!

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.