Recensione – Tàr: film con protagonista Cate Blanchett

La recensione di Tàr, film con protagonista Cate Blanchett e candidato agli Oscar 2023

Tàr è un film del 2022, presentato in anteprima alla 79esima Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove Cate Blanchett si è aggiudicata la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile. Tàr è stato distribuito nelle sale in Italia a partire dal 9 febbraio 2023; la durata è di 158 minuti circa. Il film è stato diretto da Todd Field, il cast è composto da Cate Blanchett, Mark Strong, Julian Glover, Nina Hoss, Sydney Lemmon, Sophie Kauer, Noémie Merlant, Allan Corduner, Vincent Riotta, Sam Douglas, Lucie Pohl, Lee R. Sellars. Candidato a ben 6 premi Oscar, ecco la trama e la recensione di Tàr, film con protagonista Cate Blanchett.

La trama di Tàr, film diretto da Todd Field

Ambientato nell’epoca contemporanea, il film prende vita all’interno dell’elegante ambito della musica classica. Lydia Tár (Cate Blanchett) è la protagonista, considerata una delle più grandi compositrici e direttrici d’orchestra viventi e prima donna in assoluto a dirigere un’importante orchestra tedesca. L’intervista iniziale lascia prendere atto dell’importanza di Tàr nella società, diffusamente riconosciuta per il suo talento e la sua genialità, vincitrice di ambiziosi premi.

Il primo incontro con Lydia Tár rivela che la direttrice d’orchestra è all’apice della sua carriera, impegnata sia nella presentazione di un libro, che in un’attesissima quanto complessa esibizione dal vivo della Quinta Sinfonia di Mahler. Durante le settimane che precedono il grande evento, la sua vita comincia a disfarsi di fronte alle problematiche aizzate dopo il suicidio di una ragazza, Krista Taylor, che vede coinvolta Tàr in qualche modo. Ha così inizio una piega del tutto inaspettata nella vita della compositrice.

La recensione di Tàr, film con Cate Blanchett e candidato agli Oscar 2023

Tàr è un film in grado di comunicare su più linee considerabili come rette incidenti, siccome riescono a inglobare in sé più aspetti intrinsechi all’arte del e nel cinema. La proposta di Todd Field è particolarmente audace e al passo con i tempi correnti, ma è tutt’altro che retorica o banalizzante, anzi. La potenza di un film come Tàr sta nella capacità di fornire, attraverso una sceneggiatura complessa e trovate tecniche suggestive, delle chiavi di lettura che possono cambiare o arricchirsi visione dopo visione. Si ha come l’impressione che l’opera si costruisca attorno alla sua protagonista, senza indugiare sui personaggi secondari se non nelle occasioni in cui vengono messi in relazione a Lydia Tàr. Si parla di un personaggio genuinamente ma allo stesso tempo furbamente sfaccettato: in lei viene instaurato un potere, ossia quello di creare essa stessa la significazione della sua icona. Grazie a questo potere, viene imbastito un concetto che ha del meta cinematografico all’interno della parabola narrativa raccontata in Tàr. La compositrice è in grado di ammaliare lo spettatore sin dall’incipit, quando per buoni 10 minuti parla di sé e delle sue idee riguardo l’arte correlata all’artista che la produce, la arrangia, la ruba per poi deformarla e restituirla ad un pubblico dotandola di una propria percezione. Nei dialoghi vengono seminate frequentemente delle informazioni che risulteranno utili ai fini dell’analisi del film, poiché la semina avviene a distanza di tempo nelle circa 2 ore e 40 di durata.

Infatti, in una delle primissime scene si vede Tàr tenere una lezione all’Università, luogo in cui affronta un dibattito con uno studente riguardo il rapporto tra l’arte e il suo autore. Secondo la direttrice d’orchestra, in sintesi, non bisogna marcare un artista in base a fattori “extra curriculari” appartenenti alla sfera privata. Il colore della pelle, la nazione di provenienza, i peccati, i crimini e qualsiasi altro elemento, non deve sporcare la purezza storica dei grandi artisti che hanno fatto la storia, tra cui il citato Bach. Nel frattempo qualcuno ha girato un video mentre Tàr volge al ribasso il discorso dello studente, che invece ritiene Bach un borghese tedesco caucasico, anche fin troppo altezzoso e con degli errori alle spalle incentrati sul valore che il musicista ha della vita umana, in questo caso superficiale e pericolosa, afferma il giovane alunno. Ovviamente, tali riprese vengono modificare con un apposito montaggio e riproposto verso la fine del film per far apparire Tàr come un mostro. Questo lento e magniloquente, in senso artistico, declino della protagonista è estremamente attuale per tantissime ragioni. La Blanchett è in stato di grazia, riesce ad interpretare in modo impeccabile una donna lesbica dalla camminata maschile, che varie volte sembra poter tradire la fiducia iniziale dello spettatore per cadere in tentazioni legate al sesso. Infatti, ben presto circolano voce tra chi la circonda in ambito lavorativo, rumori che la gettano nel baratro classificandola come una che prende nella sua orchestra determinate ragazze solo per trarne dei piaceri sessuali.

Tàr, recensione: il ribaltamento delle immagini

Parlare di Tàr equivale a riflettere sul senso stesso delle immagini nel presente, in quanto anche visivamente il film offre un’impostazione volta ad esteriorizzare il processo evolutivo della sua protagonista agli occhi di chi osserva. Lydia Tàr ha un peccato dalla sua, ossia essere coinvolta nel suicidio di Krista Taylor siccome quest’ultima è stata esclusa e sconsigliata a tutte le altre orchestre da Tàr in persona. Il senso di colpa l’attanaglia dall’inizio alla fine, e la potenza di tale sensazione è crescente come un climax indotto in modo del tutto graduale nonché naturale. La fotografia chiaroscurale, la scenografia con una color palette ben precisa, così come i costumi, dimostrano un’anima nobile “sporcata” da una sensazione negativa in grado di generare una tensione da thriller. In questo caso è il suicidio indotto ad una ragazza attraverso atteggiamenti pseudo aggressivi e volti alla quasi cancellazione della sua esistenza. Infatti, assumono concretamente una presa metaforica le ombre, i luoghi sempre vistosamente spaziosi ad evidenziare la solitudine della protagonista, così come il nero, il grigio e il bianco che si alternano in una danza quasi esoterica per la carica di valore apportata. Tra l’altro, la regia di Todd Field dimostra quanto sia un film interamente basato sulle vicende vissuta da Tàr: l’inizio è maggiormente statico, sia nel montaggio che nei movimenti di macchina; pian piano questi ultimi sono sempre più confusi, come del resto la compositrice. La regia diventa nevrotica, così come è in conflitto la stessa Tàr.

Il linguaggio cinematografico lascia intuire in modo lapalissiano di star vivendo il racconto dal punto di vista diretto di Tàr, sia perché si è sempre ancorati al suo sguardo, sia e soprattutto perché si riescono ad individuare sensazioni puramente soggettive. Ad esempio un suono captato dalla sensibilità della compositrice, ma anche delle piccole scene oniriche che, nel cuore della notte, indicano un sentore di irrequietezza dovuto a ciò che può accadere e che effettivamente avviene. Più volte il sonno leggero della protagonista viene interrotto da rumori che normalmente sarebbero quasi impercettibili di notte, o comunque si fa l’abitudine, ma Tàr denuncia così la sua colpevolezza, ossia esternando l’inquietudine con dei particolari gesti. Tale colpevolezza viene accentuata dai social media, dalla stampa, e dalle accuse burocratiche che tutto fanno tranne che lasciar calare il sipario, anzi, lo squarciano e non permettono a Tàr di esibirsi. La compositrice, nonostante tutto ciò che ha fatto nell’ambito musicale, viene in un lampo spazzata via dal polverone alzatosi nei suoi confronti, avvolgendola in uno stato costante di solitudine e sconforto. Alla fine non viene arrestata, non è dato sapersi se è colpevole dal punto di vista giuridico, ma il finale anti climatico risulta in contesto nel momento in cui dopo il violento sfogo, la protagonista fa le valigie e si ridimensiona. In un altro luogo del mondo, ciò che potrebbe ricordargli le colpe vissute a Berlino, le causano il vomito.

Tàr: l’ambiguità morale

Il film parte con i titoli testa ed una musica classica, ma culmina nel finale musicato in modo totalmente pop ed incalzante, nettamente in contrasto con la serenità offerta dalla musica classica. Un movimento di macchina rivelatore nel suo protrarsi all’indietro, rivela in realtà un cambiamento nello stile di vita, ma chissà se anche nella personalità di Tàr. Il film non giudica, non si schiera, mostra l’inesorabile gioco di potere che diventa distruttore di un mondo, quello individuale. Tàr agisce, questo è il dato di fatto. Ma sta allo spettatore farsi un’idea propria su ciò che ha appena visto, e così facendo l‘ambiguità morale genera un’attiva riflessione negli attenti osservatori. Todd Field realizza così un gioiello, un finto film biografico su un personaggio fittizio che è incredibilmente reale, inducendo a chiedersi se quello affermato da Tàr all’inizio del film sulla sfera privata dell’artista in rapporto alla sua arte possa essere veritiero oppure un raggiro.

L’arte oratoria è pur sempre un’arte, ma quanto c’è di sincero nelle parole di Tàr nel dialogo iniziale? Quanto nella sua disperazione quando perde compagna e figlia? L’immagine di Tàr rispecchia effettivamente la sua essenza, o è molto più sfaccettata? Il grigio come colore adottato più volte nella messa in scena, rispecchia esattamente questo equilibrio ambiguissimo. Ci si chiede se lei in un futuro immaginario sarà considerata al pari dei maestri del passato, pur avendo vissuto il resto della sua vita in esilio. Gli specchi e gli spazi, quando sono raramente più angusti e claustrofobici, la mettono in risalto piegandola su sé stessa in preda al tormento. Una parabola riflessiva, tremendamente moderna e attuale, ambigua, potente, suggestiva: Tàr, uno dei migliori film del 2022 o del 2023, se si considera la data d’uscita italiana.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.