Recensione The Last Of Us 1×01: “When You’re Lost In The Darkness”

La recensione del primo episodio di The Last Of Us, serie HBO Max Original

Dopo tanta attesa sin dal suo annuncio è finalmente sbarcata la serie TV targata HBO Max: The Last Of Us, tratta dall’omonimo videogioco per Playstation. Su Sky è disponibile, in contemporanea con il rilascio statunitense, a cadenza settimanale per tutti e 9 episodi previsti. Ogni puntata sarà fruibile a partire dalle 3:00 del mattino della notte tra domenica e lunedì, a partire dal 15 gennaio 2023. Si tratta di una trasposizione seriale di un prodotto videoludico tra i più amati degli ultimi, e che proprio dal cinema ha preso spunto per imbastire una narrazione intensa e sfaccettata. Di seguito la trama e la recensione del primo episodio di The Last Of Us, intitolato “When You’re Lost In The Darkness”.

La trama del primo episodio di The Last Of Us, nuova serie HBO Max Original

La storia è identica al gioco, se non fosse per la spiegazione iniziale arrivata direttamente da un programma televisivo interno alla serie, dove nel 1968 durante un dibattito tra scienziati, uno di loro fa presente che l’umanità potrebbe perdere − “Noi perdiamo” − in caso si presentasse un leggero surriscaldamento globale e un conseguente virus partito dai funghi. Successivamente l’azione prende il via il 26 settembre 2003, ad Austin, città americana del Texas. Un’adolescente di nome Sarah (Nico Parker) vive quella che sembra essere una giornata qualsiasi mentre si prepara a festeggiare il compleanno del padre Joel (Pedro Pascal), che però ha davanti a sé una dura giornata lavorativa col fratello Tommy (Gabriel Luna). Le loro vite ordinarie stanno per cambiare irreversibilmente a causa di una minaccia totalmente inaspettata.

L’azione si sposta dal 2003, anno di inizio dell’apocalisse, al 2023: la vita di Joel è confinata in una zona di quarantena di Boston dove regna la dittatura militare denominata FEDRA (Federal Disaster Response Agency). Quest’ultima è a sua volta costretta a fronteggiare le aggressive rivolte di un gruppo di ribelli denominato Luci (Fireflies in originale), il cui obiettivo è quello di contrastare le misure oppressive, restituendo una società più libera ed equa. Nel frattempo, si cerca una cura all’infezione derivata dal fungo parassita che ha messo in ginocchio il mondo intero, minando il destino della razza umana, incerta di sopravvivere.

Una leader delle Luci, Marlene (Merle Dandridge) è alle prese con Ellie (Bella Ramsey), un’adolescente ribelle e immune al fungo, e per questo potenzialmente decisiva nel trovare finalmente una cura. Quando Joel e la compagna Tess (Anna Torv) decidono di partire alla ricerca di Tommy, con il quale si sono interrotte da settimane le comunicazioni, i due trovano un accordo con Marlene per portare Ellie fuori da Boston ma senza sapere il reale motivo del “contrabbando”: inizia la lunga e tortuosa avventura.

La recensione di The Last Of Us 1×01, “When You’re Lost In The Darkness”: un inizio scoppiettante

Neil Druckmann è lo scrittore del gioco, e qui anche co-autore e produttore esecutivo affiancato dal Craig Mazin della miniserie televisiva Chernobyl. Il primo episodio parte in quarta sull’onda narrativa impattante proposta nel videogioco per console; infatti, i richiami sono molteplici, anche sul piano visivo con inquadrature riportate pari pari. L’atmosfera tragica, quella “polverosità” presente nell’aria che non è soltanto dettata dalla contaminazione in circolazione, è indotta nello spettatore sin dalle prime battute. La vita ordinaria di Joel e Sarah viene sconvolta, il climax nell’attesa dell’inevitabile viene messo in scena con una minuziosità tale da percepire una graduale tensione che cresce enormemente con lo scorrere dei minuti. In ogni oggetto traspare il tempo come nemico principale, tra orologi ed un ticchettio quasi inconsapevole, anziani che si sanno essere le prime vittime sacrificali. E poi esplode, con il calar del sole, l’evento che in fondo si sperava non arrivasse. Il piano sequenza, tecnica cinematografica per eccellenza, è stato ripreso nel videogioco per avvolgere i giocatori in una dissennata discesa negli inferi; allora era prevedibile che questo espediente visivo tornasse a casa, mostrando i muscoli di una produzione che non ha paura di osare, mettendo sul campo scene con esplosioni ed abbondanti comparse. Ma la commistione dei linguaggi, quello seriale-cinematografico e videoludico, passa per il montaggio: quando un personaggio va a dormire, in un videogioco implica un salvataggio dei dati, un punto di partenza; nella serie TV ciò si traduce in ellissi, un’ottima intuizione per dare fluidità alla narrazione. Le musiche sono composte dallo stesso ideatore di quelle del videogioco, e qui sono inserite ad hoc nei momenti di picco. I tempi narrativi sono seriali, quindi dilatati, ma ben sfruttati con elementi volti ad incrementare il pathos o a fornire preziose informazioni sulla psicologia dei personaggi presenti.

La sceneggiatura riesce ad essere estremamente attuale e tocca tasti suggestivi di questi tempi per quanto riescono ad evidenziare i problemi contemporanei. Nel dibattito televisivo inserito nell’incipt, non casualmente datato 1968, si profetizza la fine del mondo per mano di un virus procurato dal cambiamento climatico, quindi dal surriscaldamento globale. Il virus è capace di viaggiare in pochissimo tempo in tutto il territorio globale, piegando l’umanità. Lapalissiano il riferimento al Covid-19, ma fortunatamente non è andata come in The Last Of Us. D’altronde è di fronte le tragedie che l’uomo si mostra per ciò che è, e la polverosità sopracitata è assorbita dalle scenografie malridotte e dall’aspetto estetico trasandato della gente, perché ormai si sopravvive, non si vive. Nel ’68 si era predetto, eppure l’indifferenza l’ha fatta da padrone e ha causato un cinico declino per gli esseri umani, ridotti nel 2023 ad una colluttazione tra bande. L’azione, infatti, è ben poca in questo primo episodio, che quindi risulta bilanciato rispetto all’onda d’urto della prima parte (circa 35 minuti), spaventosamente viscerale. La società è ormai nel baratro, consumata dallo sforzo per mantenere puro e ritmato il respiro perennemente in pericolo. Si sceglie la via del worldbuilding con annessa edificazione del background dei personaggi, intenti a relazionarsi per la prima volta tra di loro agli occhi degli spettatori. L’introduzione di Ellie avviene per gradi, e sin dai primi istanti si percepisce l’alchimia con Joel, in attesa di vederli fuori dalla zona di quarantena per ampi momenti al cardiopalma. Il primo episodio fa riferimento ad una frase ricorrente nel videogioco, ossia “Quando ti senti perso nell’oscurità, cerca la luce”: le Luci, la milizia paramilitare; oppure una fioca speranza in attesa di rialzarsi tramite la tanto desiderata cura. Le persone sono qui desensibilizzata, poiché ci si mente spudoratamente per poi uccidere senza ritegno dato che l’importante è preservare sé stessi chiusi, in una bolla di vertiginoso egoismo. Chissà che Joel ed Ellie cambino quest’aspetto del nuovo mondo, che pessimisticamente parlando, è lo specchio della coscienza umana.

The Last Of Us 1×01: la miglior trasposizione videoludica?

La risposta alla domanda la si potrà dare solo alla fine del nono episodio, in tutta probabilità. Ma questo pilot è di certo una partenza a razzo che fa ben sperare, e per i motivi sopracitati risulta estremamente intelligente il modo di adattare un videogioco che già per sé è debitore al cinema e alla serialità. Dal primo trae giovamento dall’estetica, con il già nominato piano sequenza; dalla seconda invece, prende l’ampio respiro della narrazione finalizzata all’esplorazione, anche psicologica, dei personaggi. I dialoghi sono dei momenti troppo interessanti per essere saltati come usualmente farebbe un videogiocatore, e questo a dimostrazione del fatto che Joel ed Ellie sono pienamente convincenti nel loro sviluppo temporale. E a proposito di tempi, è chiaro che la dilatazione nella serie TV avvenga, ma non era scontato che riuscisse a tenere incollati allo schermo fornendo continuamente informazioni utili al worldbuilding iniziale; invece, dal canto suo, il videogioco deve lasciare spazio al gameplay e quindi risulta più diretto e maggiormente rapido in certe dinamiche. The Last Of Us, in ogni caso, trasuda tragicità intensamente trasposta dal punto di vista drammaturgico, sia nel gioco che in TV. Ci si aspetta che non perda di compattezza nel proseguo della narrazione, ma che riesca a mantenere fede a questa bellissima premessa iniziale, trattando la base di partenza del videogioco come materia letteraria, ma che possa allo stesso tempo brillare di luce propria, con trovate estetiche ed effetti visivi sempre di alto livello.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.