Recensione – Glass Onion-Knives Out: il ritorno di Rian Johnson su Netflix

Recensione Glass Onion di Rian Johnson su Netflix

Glass Onion – Knives Out è un film di Rian Johnson (già regista del primo film, Cena con delitto – Knives Out) incluso nella piattaforma di streaming Netflix, dopo una breve copertura cinematografica che, secondo le stime, dovrebbe aver fatto guadagnare più di 10 milioni di euro in tutto il mondo. Parte della saga di Knives Out, il film in questione non costituisce il sequel del primo, per quanto riprenda alcuni elementi, che vanno dall’umorismo particolarmente accentuato del film, fino alla riproposizione del personaggio di Benoit Blanc, interpretato ancora una volta da Daniel Craig. Ma il sequel in questione, candidato anche in alcune categorie dei Golden Globe 2023, avrà rispettato le aspettative della vigilia, uscendo vittorioso dal confronto con il primo film? Ecco tutto ciò che c’è da sapere a proposito del prodotto, relativamente a trama e recensione di Glass Onion – Knives Out.

La trama di Glass Onion – Knives Out

A seguito della situazione avvenuta nel primo film, con Ana De Armas e Chris Evans, la situazione nel mondo è cambiata radicalmente: il mondo ha conosciuto il Coronavirus e tutte le sue conseguenze (lockdown, isolamento, mascherine e riduzione dei contatti sociali, ma anche tendenze novax e persone che non riescono a rispettare le direttive dei governi), mentre cresce sempre più la tendenza dei self made man, che governano il mondo indirettamente per mezzo delle loro creazioni tecnologiche e dell’implementazione di sistemi di intelligenza artificiale che cambiano il modo di interpretare la realtà in cui si vive.

Tra questi c’è Miles Bron (Edward Norton), che costituisce una realtà sempre più domotizzata, venendo apprezzato come genio in tutto il mondo nonostante un carattere tutt’altro che semplice da sostenere. Quest’ultimo, decide di realizzare un grande gioco che coinvolga i suoi storici collaboratori, ma per un caso fortuito l’invito (sotto forma di enigma da svelare) viene recapitato anche a Benoit Blanc (Daniel Craig), che così prende parte all’evento. Qui, il detective – che svela in pochissimi secondi l’enigma del gioco di Miles, che avrebbe dovuto tenere tutti occupati per giorni – si confronta con una realtà piena di segreti e possibili moventi, in una forma meno classica di whodunit ma con una grande dose di ironia e caos, che portano lo spettatore verso il finale e verso la risoluzione del caso e lo smascheramento del colpevole.

La recensione del film di Rian Johnson su Netflix

Il sequel di Cena con delitto – Knives Out era inevitabilmente molto atteso, in virtù dei numerosi elementi che erano stati presentati nel primo film, impressionando lo spettatore e riuscendo a conquistare la critica. Per molti, soprattutto tra gli addetti ai lavori, Glass Onion costituisce un piccolo passo indietro del film rispetto al primo prodotto, pur con una qualità che non può non essere sottolineata e che comunque richiama lo standard alto a cui Rian Johnson, con la sua idea di saga cinematografica, ha abituato. Non c’è dubbio che il senso del lungometraggio cambi particolarmente rispetto al primo film, per quanto si possa identificare questo meccanismo come il risultato di un processo di costruzione: l’intento di Rian Johnson, che con Knives Out non vuole realizzare una trilogia fatta e finita ma una vera e propria saga in grado di sfornare altri prodotti nel corso degli anni, non può che passare attraverso una de-costruzione di alcuni atteggiamenti rappresentativi, tra i quale anche alcuni presenti all’interno del primo film, per poi riproporre degli elementi altri, soprattutto in termini di pensiero e di linguaggio, in grado di costituire un’ideale saga che vada dal genere del giallo a quello del thriller, passando anche per motivi grotteschi e per un umorismo che qui risulta essere ancor più accentuato rispetto al primo film dello stesso regista. La volontà di creare una narrazione costante, in cui gli elementi di trama orizzontale sono ridotti o nulli e, soprattutto, in cui ogni storia vive nell’espressione di un solo lungometraggio, è certamente il senso della sfida di Rian Johnson. Per questo motivo, dunque, spogliando ogni film di quegli elementi tipici della narrazione serializzata (il cliffhanger, la reticenza o il flashback), il risultato che ne deriva è la realizzazione di prodotti confezionati e a sé stanti, che possono essere guardati anche in quanto unici e che non hanno alcun legame diretto con i precedenti o successivi lungometraggi.

Ma ciò ha anche un altro risultato, che si intravede chiaramente nel risultato di Glass Onion – Knives Out: sperimentare con i generi cinematografici, cimentandosi con la macchina da presa e riuscendo a creare dei prodotti sempre più innovativi, originali e autonomi nella propria struttura registica. Nel primo film, il grande merito che era stato riconosciuto a Rian Johnson era quello di saper costruire un’enorme macchina rappresentativa che poggiasse sul citazionismo, ben integrato all’interno del sistema: la conseguenza diretta era stata una pregevole ibridazione dei generi, tale da provocare un film che sapeva collocarsi nel presente e nel passato allo stesso tempo; così, dalle citazioni esplicite per mezzo della televisione, fino alla presunta colpevole che collabora con il detective, passando per lo scambio che dà luogo al delitto e alla compresenza di tanti possibili moventi, il film si arricchiva di tanti rimandi diretti e indiretti alla grande epopea del giallo, per mezzo di un’opera complessiva in cui il genere stesso sapeva essere intelligentemente riproposto, anche grazie al dinamismo della pellicola e alla freschezza determinata dell’ironia presente.

Eliminando alcuni di questi sopraccitati elementi, inserendone di nuovi e portando all’estremo le caratteristiche riuscite, ecco il risultato di Glass Onion – Knives Out. Il film si arricchisce innanzitutto grazie ad un grande investimento in termini di cast, con l’inserimento nel film di attori come Edward Norton e Dave Bautista, oltre che per mezzo di alcuni cameo sicuramente molto graditi da parte del pubblico (Ethan Hawke, Angela Lansbury, Hugh Grant).

Gli elementi di differenza tra il primo e il secondo film

La claustrofobia che era stata resa possibile dalla villa del primo film qui viene deformata, per mezzo dell’espediente dell’isola su cui si trova il Glass Onion, la costruzione all’interno della quale vive Miles Bron. Si tratta di una scelta che provoca un risultato duplice: da un lato, quell’intensità che era stata resa possibile da riprese prolungate nella stessa stanza o dalle indagini tipiche del giallo, che si focalizzano su alcuni elementi strutturali (persone comprese) della casa, qui viene meno, in virtù di un allargamento della prospettiva che inevitabilmente poggia su ben altre tipologie di rappresentazione; dall’altro, il senso metaforica della scelta di un’ideale cupola di vetro appare piuttosto evidente: si tratta della costruzione di cristallo di Miles Bron, edificata sulla base di una costante illusione che l’uomo mette in piedi sia nei confronti dei suoi compagni, sia indirizzando a se stesso una considerazione che trova spazio anche nella realtà della contemporaneità, volgendo lo sguardo verso i “guru” del terzo millennio.

Così, per quanto volontaria o meno, la rappresentazione del personaggio interpretato da Edward Norton diventa una parodia particolarmente marcata di Elon Musk, riuscendone ad anticipare anche il senso del declino, rappresentato dalla risposta sociale a un atteggiamento sempre più goffo e tronfio, che contraddistingue questi uomini nel loro operato e nella loro dimensione sociale. Le fiamme che avvolgono la cupola, distruggendo quell’enorme costruzione pomposa ma fragile, dunque, sono la purificazione espressionistica di chi si libera della sovrabbondanza di questi elementi: Rian Johnson qui, inevitabilmente, esagera, lasciando che sia anche la Gioconda a marcire tra le fiamme. In un certo senso, si tratta della chiusura del cerchio, dell’agognato finale di un processo di replicabilità e sintesi che accomuna chi detiene il potere: la considerazione, fallace, di poter conquistare tutto, di potersi appropriare anche di quella dimensione di sacralità che non è in vendita, ma che appartiene all’umano in quanto tale.

L’elemento he permette di dare un senso al lungometraggio è determinato dallo sfasamento temporale che organizza la narrazione in due macro-blocchi: il mistero, dunque, non è più oggetto dei limiti spaziali, quanto più dalla scarsa comprensione temporale che lo spettatore ha del film; per questo motivo, la riproposizione di quelle stesse scene già osservate secondo un’altra prospettiva permette di chiarire gli iniziali dubbi, smentendo parte di quelle certezze che erano state maturate nel corso della visione del film. Una scelta che, naturalmente, poggia sull’elemento del plot twist: per quanto non sia la sorpresa più imprevedibile di sempre, il carattere di attesa viene facilmente soppiantato dall’elaborazione dell’oggetto narrato, ponendo al centro della rappresentazione anche la sempreverde (e spesso utilizzata, nel cinema classico) idea del doppio, in questo caso portatrice dell’equivoco in virtù della presentazione del personaggio di Cassandra/Helen. Infine, a proposito dei personaggi, non si può che notare che – nonostante un investimento maggiore sul cast, che sicuramente si nota all’interno della pellicola per mezzo dei personaggi secondari (Bautista su tutti), manchi un tono drammatico nella gestione del personaggio protagonista, interpretato da Janelle Monáe, attraverso un cast che tende ad essere ancor più corale rispetto al primo film, bilanciando gli screen-time ed annullando l’effetto “Ana De Armas” che c’era stato nel primo film.

La nuova idea pubblicitaria di Netflix e la distribuzione del film in più sale

A margine della considerazione relativa a Glass Onion – Knives Out, c’è un’ultima considerazione da fare a proposito del film, ancora una volta prodotto e distribuito sulla piattaforma di streaming Netflix. Negli ultimi anni, non di rado è stato possibile confrontarsi con numerose polemiche, relative allo scarso approccio del servizio di streaming alla sala, di cui Netflix si è servito solo ed esclusivamente in forma ridotta, al fine di far parlare del prodotto ma dando soltanto a pochi la possibilità di vederlo sul grande schermo. Questa tipologia di ragionamento ha sfavorito sicuramente gli addetti ai lavori, tra cui gli esercenti, che si sono visti negati la possibilità di proiettare lungometraggi particolarmente importanti, come nel recente caso di Pinocchio di Guillermo Del Toro o in quello di È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino.

Con Glass Onion – Knives Out, Netflix ha pensato a una distribuzione più ampia, che ha permesso al fine di giungere anche nei multisala italiani e internazionali, con guadagni che sono stati avvertiti e con un’attenzione al film che non è stata certamente banale. In virtù della volontà di Amazon Prime Video, che produrrà ogni anno film per la sala, si può iniziare a notare un piccolo movimento delle piattaforme di streaming verso la sala, per quanto sia ancora troppo esiguo e nasconda dei problemi strutturali che sono ben più gravi per l’industria cinematografica.

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.