La recensione di The Pale Blue Eye – I delitti di West Point: il nuovo film Netflix con Christian Bale

Ecco la recensione di The Pale Blue Eye - I delitti di West Point, nuovo film disponibile su Netflix, diretto da Scott Cooper con Christian Bale protagonista.

The Pale Blue Eye – I delitti di West Point è un nuovo film diretto da Scott Cooper, disponibile sulla piattaforma streaming di Netflix a partire dal 6 gennaio 2023. Il genere d’appartenenza dell’opera è il thriller con sfumature horror. Nel cast figura Christian Bale come protagonista, accompagnato da Gillian Anderson, Lucy Boynton, Harry Melling, Fred Hechinger. Di seguito la trama e la recensione di The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, nuovo film Netflix, tratto dal romanzo omonimo di Louis Bayard.

La trama di The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, nuovo film disponibile su Netflix

Sullo sfondo di una West Point del 1830, il detective dalla vita travagliata, Augustus Landor (Christian Bale), un viene assunto dall’Accademia Militare per indagare con discrezione sul macabro omicidio di uno dei cadetti, a cui viene estratto il cuore dal torace con chirurgica precisione. Che possa essere il risultato di un rito oscuro, è l’interrogativo iniziale.

Nella sua inchiesta non può essere aiutato da nessuna delle altre reclute per cui vige la legge del silenzio. Eppure solo una di loro offre la sua collaborazione: si tratta di Edgar Allan Poe (Harry Melling), quello che diventerà uno scrittore di fama mondiale. Quando ci sono alcuni indizi che stanno per portare alla risoluzione del caso, un altro cadetto viene assassinato. Che sia l’inizio di una serie di omicidi?

La recensione di The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, un thriller dalle sfumature horror

Il nuovo film di Scott Cooper, The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, è pretenzioso nel voler unire il thriller con l’horror gotico senza però avere una messa in scena in grado di incutere la giusta tensione. La durata di 2 ore e 8 minuti circa, per com’è strutturato il film, mostra l’attuazione di una dilatazione francamente incomprensibile per quelli che sono le intenzioni seriose della pellicola. Il tono cupo è accompagnato da una fotografia non all’altezza, con i colori scuri fin troppo scuriti per l’appunto, e non permettono la giusta pulizia dell’immagine. La color correction blu nei luoghi meno illuminati è posticcia nel suo essere goffamente digitale; negli interni vige quella arancione con la luce naturale delle candele, ma anche qui si nota che è frutto di un artificio. Se dunque, da punto di vista tecnico il film infligge delle condizioni faticose all’occhio per elaborare ciò che vede, anche la sceneggiatura pecca di una semplicità disarmante ingolfata però da un’inutile modalità manieristica.

Il prendersi così sul serio non sempre paga, e le spiegazioni continue rendono la pellicola tremendamente didascalica. Che Edgar Allan Poe sia una persona positivamente sopra le righe, dall’aspetto considerato sotto la media dei canoni di bellezza standardizzati, e per questo vittima di scherni, non è necessario dover inserire pedissequamente dialoghi sull’argomento. Il suo essere per certi versi unico e immesso nella vita con uno sguardo differente dagli altri cadetti, è lapalissiano sin dalla sua entrata in scena. Lo stesso discorso vale per Landor, un detective tormentato dai recenti avvenimenti; per certi versi fa l’uomo “imbruttito” per il supplizio al quale è sottoposto ogni giorno non conoscendo le sorti della figlia scomparsa. La malattia gli ha portato via la moglie, e la vita da quel giorno ha iniziato a pesargli ancora di più; anche in questo caso, come accennato, è perfettamente comprensibile all’occhio e non vi è utilità alcuna nell’ampollosa ripetizione di alcune brevi inquadrature oniriche o di conversazioni sulla materia.

Ma il grave problema di questa narrazione è che procede a rilento, prendendosi dei tempi morti per non raccontare, ma confermare (anche gli elementi sopracitati); non induce al dubbio, ma svia succintamente lo spettatore dalla strada principale per poi non spostarsi mai davvero da quella posizione. Il senso di inquietudine non gli appartiene, dato che il protagonista delle poche scene definibili d’azione è lo stesso Poe, che per ovvie ragioni si sa non poter morire. Ammazzare così la tensione, e per di più con la ridondanza degli elementi, rendono i circa 128 minuti percettivamente pesanti. Il fattore di maggior interesse è proprio come il famoso scrittore arrivi a concepire la sua poeticità ed il suo futuro stile, immerso in prima persona in una storia misteriosa.

The Pale Blue Eye – I delitti di West Point: quando si sottovaluta il “come” raccontare

Senza entrare nei dettagli, si può tranquillamente affermare che gli elementi gotici inseriti nel film sono pochi e non riescono a destabilizzare. La struttura della pellicola di Scott Cooper è scandita da un ritmo lento, e la presenza di soli due componenti gotiche horror, anche banali tra l’altro, evidenziano la scarsità di idee del regista nel portare avanti il mistero motore d’azione. I colpi di scena sono inesistenti, leggibili e inseriti a lunga distanza l’uno dall’altro a causa della volontà di dilatare forzatamente i tempi. L’unica volontà alla quale Cooper tiene sul serio è svelare la soluzione del mistero, ma dopo 2 ore così, lo spettatore rischia di arrivarci sfiancato. Un’inconveniente fatale dato che, il finale, non è nemmeno una cattiva idea; i problemi però sono quelli riscontrati durante tutto il film, e prendersi una buona fetta di minutaggio per uno “spiegone” come chiusa, non è il massimo. Il soggetto poteva essere modellato sullo sfondo gotico e freddo di West Point, ma ad essere chiuso nel suo mondo anacronistico è il film stesso, eccessivamente vecchio e superato nello stile e nel modo di raccontare abbastanza vacuo.

Nello stesso periodo in cui Rian Johnson dà vita a Knives Out con il detective Benoit Blanc magistralmente interpretato da Daniel Craig, ritrovarsi a guardare The Pale Blue Eye dimostra quanto l’ingegno della confezione possa fare la differenza. L’essere vecchio stampo non è per forza motivo di difetto, anzi, il classico viene abilmente citato nei gialli di Johnson; è con Scott che manca una quadra, una vera e propria presa di posizione. Persino Christian Bale è un filo sottotono nel film, lavorando più con la voce che con le espressioni, elemento più centrato in Hostiles dello stesso regista; qui invece è un continuo alternare scene dove sussurra mentre parla, ed altre in cui alza i toni pur non esagerando con la corporalità. Molto più in risalto la performance tra il trattenuto e lo stravagante di Harry Melling, conosciuto come Dudley Dursley nella saga di Harry Potter. Tutti gli altri comprimari non brillano, a dimostrazione di una direzione scialba e interessata solo alla sorpresa finale.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.