Recensione − la trilogia di Halloween diretta da David Gordon Green

La recensione della trilogia di Halloween, scritta e diretta da David Gordon Green

Dopo 40 anni, il terribile serial killer Michael Myers ritorna nella famigerata notte di Halloween. Ma questo nuovo tentativo di riportare alla luce la vecchia saga slasher è riuscito nel suo intento oppure no? Ecco la trama e la recensione della trilogia di Halloween, firmata da David Gordon Green.

La trama della trilogia di Halloween, scritta e diretta da David Gordon Green

Il film, Halloween (2018), ci vuole mostrare com’è cambiata la vita dei protagonisti dopo i tragici eventi della notte del 31 ottobre 1978 (esattamente 40 anni dopo). Jamie Lee Curtis ritorna nei panni di Laurie Strode per affrontare nuovamente il vecchio serial killer Michael Myers. Mentre lui non risulta essere cambiato affatto, lei è un’anziana traumatizzata, agorafobica e ossessionata dall’uomo che cercò di ucciderla anni prima. Il destino li rifarà ricontrare e scontrare nuovamente, solo che questa volta Laurie sembra essere molto più preparata rispetto al loro primo incontro. Halloween Kills (2021) sarà in continuità col finale del primo film, con Michael linciato pubblicamente dai cittadini, ma la sua rabbia non verrà terminata e con sé, nemmeno il suo corpo; Halloween Ends (2022) è invece il finale della trilogia, cronologicamente distante 4 anni dal suo predecessore, e con lo scontro finale e ideologico tra Laurie e l’assassino.

La recensione del primo film di David Gordon Green: Halloween (2018)

C’è a dire subito che si tratta di un seguito diretto, quindi non necessita il recupero nessun altro film della saga, oltre il primo chiaramente. Alla regia e alla sceneggiatura c’è David Gordon Green, regista poco conosciuto e questo lo si evince anche guardando il film, dato che con la macchina da presa non riesce ad avere nessun guizzo particolare ma si limita ad essere molto semplice ed elementare; inoltre cerca di essere anche molto citazionistico, con risultati però differenti (alcuni omaggi funzionano, altri meno). La colonna sonora è senza dubbio l’unica cosa meravigliosa del film, non a caso è stata composta da Carpenter in persona, che è anche produttore. Le musiche riescono a variare a seconda delle scene e delle atmosfere, mentre nel primo c’è quasi sempre il classico motivetto e basta. Peccato però che il regista non sia riuscito a dare una propria estetica alla pellicola, come invece avevano fatto in precedenza sia Carpenter (con un’estetica elegante) sia Rob Zombie nel suo reboot (con un’estetica più sporca e violenta). Tuttavia la regia non è l’unica cosa a non risultare originale (sono anche state riproposte inquadrature del primo film), è proprio il film in sé a non spiccare e a non aggiungere nulla in più alla saga, che si era già persa con i seguiti passati. Green non riesce a farlo suo, non riesce ad andare oltre i cliché del genere e a stravolgere il pubblico con qualcosa di nuovo; invece Rob Zombie era riuscito a fare il film “suo”, dandogli una propria estetica e dando nuova linfa alla saga, per quanto Halloween: The beginning e il seguito siano indubbiamente discutibili per varie ragioni.

C’è da segnalare che durante la narrazione, viene smentito da un personaggio il possibile legame di sangue tra Michael e Laurie, che invece era stato proposto in altri film come ad esempio l’Halloween di Rob Zombie, dove i due sono proprio fratello e sorella.

Sebbene questo sia un grande dilemma che affligge molti fan da anni ormai, non è l’unico punto del film che può far discutere. Ad esempio qui non viene fatto quasi mai riferimento alla possibilità che Michael sia il Male puro incarnatosi in un uomo molto grosso e forte, anzi sembra quasi che come nel film di Zombie, si lasci intendere che sia un essere umano e basta.

Altra cosa che fa parlare molto di sé, è la scena in cui Michael entrato in una casa decide di lasciar perdere un neonato che piange, lo guarda a malapena ed esce come se nulla fosse. C’è chi sostiene che questo non sia da lui e chi invece suppone che l’assassino punisca le sue vittime uccidendole brutalmente, perché peccatrici; secondo queste persone, Michael nella sua visione è un punitore che ha il compito di liberare il mondo dal male, che però non appartiene a un neonato. Il piccolo quindi è innocente e puro, ed è per questo che Myers non lo tocca nemmeno (lo stesso killer ha iniziato a uccidere a 6 anni, dunque è plausibile sia quella l’età in cui si inizia a peccare, sempre secondo la sua visione).

Ottima prova attoriale della Curtis, ma il suo personaggio non riesce mai ad evolversi, resta sempre imprigionato nel suo essere continuamente ossessivo e pessimista, non ha mai un dialogo degno di nota che si ricorderà. Per quanto sia interessante di base la psicologia di Laurie e della sua famiglia, non viene mai approfondita abbastanza e il risulta non può che essere superficiale. Sicuramente è una pellicola che ci mostra la forza delle donne, che possono essere più astute e forti degli uomini; Laurie trasmette la sua forza e la sua determinazione alla figlia e alla nipote, ciò ci viene mostrato anche con dei flashback sulla difficile infanzia di Karen Strode, ma non basta. Alcuni personaggi dicono e fanno cose non esattamente logiche, alcuni a volte sembrano anche sciocchi, altri invece che sembrano avere una certa importanza, spariscono.

La trama è in parte scontata, questo perché come già detto Green non va oltre i cliché del genere slasher, di cui tra l’altro l’Halloween di Carpenter è fondatore; basti pensare alla final girl, ossia l’ultima ragazza viva che arriva a scontrarsi con il killer (in questo caso Laurie) alla fine del film. Il sostituto dello psichiatra Sam Loomis è una macchietta; nel film si dice che era un suo allievo e ha preso in cura Myers, però ne è ossessionato ed è questo il difetto di questo personaggio che risulta essere alla fin fine fuori luogo.

Il finale a tratti funziona. Un climax ascendente che trasmette molta tensione ma che alla fine si perde nella sua poca chiarezza, dove lo spettatore si chiede “Ma è finita?” “Che avrà significato?”. Insomma anche il finale, che nel primo film invece è a dir poco autoriale e simbolico, qui è commerciale. Il film riesce ad intrattenere e si lascia guardare, ciò nonostante per i motivi discussi fin ora, non riesce nel suo obiettivo (da un film di Halloween ci si aspetta qualcosa di più del solo intrattenimento). Effettivamente fare un seguito di Halloween è molto difficile, ed è per questo che potevano benissimo lasciar perdere e far finire tutto con il finale simbolico del primo film, purtroppo si pensa al guadagno e in questo caso si nota tantissimo che è un prodotto esclusivamente commerciale.

La trama e la recensione di Halloween Kills (2021), secondo capitolo della trilogia

Con Halloween Kills (2021) si è cronologicamente in continuità con il primo capitolo del 2018, ma è stato distribuito a distanza di anni causa pandemia. Narrativamente è ancora la notte del 31 ottobre, e ancora una volta Michael Myers conta di mietere vittime per i propri scopi. La casa in fiamme di Laurie era il finale del film precedente, e qui si riprende da quel punto. Il pluriomicida pazzo non è morte, non è stato bruciato vivo come sperava Laurie, con il suo piano quasi perfetto. Ecco che Michael riprende forza e coraggio, ma il suo ruolo vacilla perennemente da preda e predatore.

Il richiamo all’assalto al Campidoglio è profetico, specie a pensare che sia stato girato in precedenza. Halloween Kills è un netto miglioramento rispetto al suo predecessore, con Michael dalla maschera bruciata e inclina ad uccidere, ma che allo stesso tempo viene ricercato da Tommy e la banda dei cittadini arrabbiati. Non ne possono più dei suoi omicidi, sta rovinando la loro vita, specie di Tommy che all’epoca del film di Carpenter era appena un bambino. Ora è cresciuto e riversa la propria frustrazione innalzando odio e portando dalla sua buona fetta della popolazione. Halloween Kills si conclude con il Male che viene accerchiato e linciato, ma che nonostante gli strascichi, alla fine riuscirà a riprendersi e si vendicherà con gli interessi. Critica, quindi, il becero populismo e la giustizia privata portata avanti con violenza dai cittadini che in questo caso uccideranno anche una vittima innocente: un povero malato di mente fuggito dal manicomio, scambiato per Michael.

La trama e la recensione di Halloween Ends (2022), finale della trilogia

Dopo aver ucciso la figlia di Laurie, Michael è talmente ferito da doversi rinchiudere per 4 anni nelle fogne, facendo il verso a It – Il pagliaccio. I personaggi vanno avanti, comprano casa sia Laurie che la nipote sopravvissuta, e Laurie stessa scrive un libro nel frattempo, per cercare di mettere su carta i suoi traumi e le sue paure. Michael non riesce più ad uscire dall’oscurità, ma il male assoluto ormai si è diffuso e la morte, la violenza e la follia primeggiando nelle ambientazioni e in città. Un ragazzo prenderà le sue veci.

In Halloween Ends, il ragazzo in questione è protagonista del bel prologo, dove impazzendo sentendo il nome di Michael, per sbaglio uccide il bambino a cui stava facendo da babysitter. La paura dovuta alla figura del Male quale è Myers, si è diffusa. Regnano paura e caos, violenza e morte. Le atmosfere teen riprese dal primo film funzionano e sono protagoniste per tutta la prima parte del film. Quando un giovane prenderà il suo posto, gli ruberà la maschera e tenterà di vendicarsi di tutti coloro che lo hanno trattato con superficialità; ma lo spirito di Michael non è questo, non è agire per obiettivi personali, e il ragazzo ben presto pagherà le conseguenze delle sue azioni. Ancora degli innocenti a rimetterci, ma questa volta lo scontro finale tra Michael Myers e Laurie avverrà, portando al primo la tanto agognata morte con tanto di processione finale. Una presa di coscienza, un finale che trasuda corporalità. Ma il male ha tante forme.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.