Barbari: l’inedito sguardo sulla storia dell’Impero Romano presente su Netflix (recensione)

Barbari Netflix recensione

Dopo il suo debutto avvenuto il 23 ottobre del 2020 sulla popolare piattaforma di streaming Netflix, Barbari è stata fin da subito al centro dell’attenzione di numerosi spettatori, che ne hanno scorto rimandi di molto semplice immaginazione vicini ad un altro prodotto di punta della produzione televisiva della piattaforma: Vikings. Le ambientazioni lontane dai nostri tempi, il tema riguardante la storia dell’Impero Romano e la velocità con cui la serie riesce a scorrere hanno caratterizzato, inoltre, i motivi predominanti per una Serie TV come Barbari, mai davvero originale nei suoi contenuti, ha avuto successo sulla piattaforma di streaming, facendo molto ragionare i fan della stessa e di prodotti televisivi incentrati sulla tradizione e sulla storia romana. Il prodotto osservato su Netflix, però, vale la pena essere considerato come positivo? Tra pregi e numerose problematiche, ecco tutto ciò che c’è da sapere a proposito della serie televisiva Barbari, un inedito e particolare sguardo sulla storia dell’Impero Romano, a cura di Jan Martin Scharf e Arne Nolting e data la regia di Barbara Eder e Steve St. Leger.

Trama di Barbari, Serie TV Netflix sulla storia della battaglia di Teutoburgo

Gli amanti della storia e i conoscitori dell’Impero Romano conoscono perfettamente le determinazioni che si trovano alla base di Barbari, Serie TV Netflix che non vuole raccontare nulla di nuovo rispetto a ciò che si conosce già perfettamente, ma che – allo stesso tempo – vuole porre l’accento sulla storia attraverso un punto di vista inedito. La battaglia di Teutoburgo rappresenta, per la storia di Roma, una delle più amare sconfitte che abbiano caratterizzato un freno all’avanzata di Roma verso le tribù germaniche e, di riflesso, l’inizio di un lungo e progressivo declino operato proprio dalle stesse.

La Serie Tv di Netflix prende le mosse dal 9 d. C., anno in cui le asperità tra Impero Romano e tribù germaniche diventano particolarmente forti, dato l’atteggiamento remissivo di queste ultime contro il potente nemico che, guidato dal governatore Varo, ha acquisito sempre più potere all’interno della regione, attraverso l’atteggiamento dispotico di riscossione di tributi. Quando Arminio, figlio del reik Segimero ma allevato da Varo e divenuto cittadino romano, ha deciso di tradire quella Roma che l’aveva cresciuto, è stato in grado di riunire le tribù germaniche nonostante le numerose disparità che ci fossero tra le stesse, determinando la creazione di un unico grande popolo, in grado di sconfiggere Roma in due giorni, dal 9 all’11 settembre del 9 d.C., determinando la disfatta di tre regioni romane e la sconfitta di Varo che, per non essere vinto definitivamente dai germani, ha deciso di togliersi la vita.

La trama, chiaramente, risente della necessità di romanzare il racconto della realtà, a causa di esigenze strutturali e narrative: per questo motivo, è possibile osservare numerosi dettagli che non corrispondono alla narrazione offerta dalla storiografia romana, mentre per altri la riproduzione è stata particolarmente fedele.

Barbari: tra pregi e difetti della Serie TV

Vale la pena sottolineare, in prima analisi, che Barbari non sia uno dei migliori prodotti che possono essere ritrovati sulla piattaforma di streaming Netflix, e il tutto è confermato dal fatto che, al di là delle prime settimane, la Serie TV non sia stata tra le più osservate all’interno della piattaforma di streaming. Barbari riesce ad avere il pregio di osservare la realtà storica romana attraverso uno sguardo inedito, ovvero quello della vessazione e delle difficoltà storiche e sociali delle tribù germaniche, che sono continuamente dominate dai soprusi e dall’atteggiamento dispotico romano, rappresentati dal governatore Varo. Al di là di questo elemento, però, sono pochi i punti di forza della serie televisiva, che non si imposta attraverso uno sguardo documentaristico e che, allo stesso tempo, si discosta volutamente anche da quella tipologia di narrazione storica che ha arricchito alcuni dei più grandi capolavori televisivi e cinematografici della storia.

Di sicuro, uno dei punti di forza della narrazione è dettato dal pregio dei costumi e della fotografia, che riescono a riprodurre fedelmente la realtà simbolica delle tribù germaniche, attraverso costumi di grandissimo valore e ambientazioni molto ben realizzate, anche grazie alla cura della foresta di Teutoburgo, nella quale si svolge la battaglia finale e sarà vinta dai barbari. A proposito della stessa, essa rappresenta il picco della serie televisiva e delle sei puntate che possono essere osservate, con una cura dei dettagli narrativi e storici particolarmente preponderante, che porta da battaglia ad essere quanto più possibile realistica e ben strutturata, per quanto i tre giorni effettivi di guerra si trasformino, all’interno della narrazione visiva, in poche ore.

Tutti gli altri dettagli che possono essere presi in considerazione sono, purtroppo, preda del dubbio o dell’errore, a causa di un atteggiamento registico che non è stato mai del tutto chiaro all’interno della narrazione, e che ha portato alla realizzazione di un prodotto mai fin troppo esemplificativo nei suoi contenuti. Innanzitutto, i personaggi principali che si ritrovano all’interno della serie, non godono di una caratterizzazione dinamica e complessa, tanto che non si riesce, in nessun caso, a capire quale sia effettivamente il senso della loro lotta, e le loro narrazioni risultano essere piuttosto statiche, e definite in una dicotomia tra supporto e contrasto al popolo romano.

L’unico personaggio che gode di una evoluzione marcata all’interno della serie è quello di Arminio, che, naturalmente, essendo un barbaro allevato è cresciuto all’interno del popolo romano, vive il costante dissidio interiore relativo a quale debba essere la sua parte all’interno di una disputa come quella tra germani e Impero Romano. Eppure, anche la scelta definitiva di fronteggiare il popolo che l’ha cresciuto, è dettata dal caso, e da una decisione che Varo, suo padre e governatore, ha intrapreso, ovvero quello di nominarlo a capo di una tribù germanica, quella dei Cherusci. In altre parole, anche un personaggio che avrebbe potuto godere di caratterizzazione più dinamica e complessa risulta essere, al termine della narrazione, schiavo di una troppo rapida messa in scena da parte degli autori di Barbari, che sembrano fremere per la chiusura della serie televisiva.

Il giudizio definitivo si rimanda, comunque, alla possibilità di una seconda stagione: se ciò dovesse essere tale, si potrebbe osservare il destino che Arminio ha avuto nella storia, nel fronteggiare Germanico in una rivincita dei romani e nel trovare la morte da parte dei suoi stessi sudditi. In caso contrario, si potrebbe parlare di un esperimento realizzato da Netflix che non gode di eccellenti caratterizzazioni ma che, allo stesso tempo, non può neanche dirsi fallito al 100%.

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Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.