The Promised Neverland: tutte le differenze tra manga e adattamento anime

The Promised Neverland differenze anime e manga

Non è un mistero che l’adattamento anime di The Promised Neverland abbia portato la maggior parte dei fan del prodotto manga a protestare e, soprattutto, non riuscire ad accettare il destino di protagonisti e altri personaggi del racconto. Le differenze che si avvertono nel passaggio dal manga all’anime, in effetti, non rispecchiano tanto una logica di adattamento che può far storcere il naso per alcune scelte, quanto più una dinamica di differenza incredibilmente percepibile, che porta a snaturare – o, comunque, cambiare radicalmente – il senso di quanto letto all’interno dell’anime. Per chi approccia la prima volta all’anime di The Promised Neverland, soprattutto per quel che concerne la seconda stagione del prodotto, l’idea è quella di un racconto che viene portato avanti in modo frenetico e smodato, anche qualora non si abbia una controparte manga che possa far capire cosa cambia. Si vuole, dunque, riportare in maniera esaustiva quali sono le principali differenze tra manga e adattamento anime di The Promised Neverland, presente su Netflix.

Le differenze di ritmo tra prima e seconda stagione di The Promised Neverland

La principale differenza che si avverte tra la prima e la seconda stagione di The Promised Neverland costituisce anche l’indicatore fondamentale, in grado di spiegare – sostanzialmente – quali siano le principali differenze con l’omonimo manga. Il motivo si avverte soprattutto dal punto di vista tecnico, oltre che in un’idea di ritmo che porta ad una narrazione realizzata in modo diametralmente opposto: la sensazione, dunque, è quella di ritrovarsi di fronte a due tipologie di anime differenti, sia per dinamica di racconto, sia per velocità della narrazione.

Non è un mistero che la prima stagione di The Promised Neverland si sia basata sull’adattamento di 5 volumi del manga, mentre la seconda ha tentato un balzo notevole attraverso la trasposizione in anime di ben 15 volumi. La differenza è netta, e si avverte senza problemi nel ritmo della narrazione dell’anime: la prima stagione presenta un ritmo quasi cadenzato, a tratti poetico, che permette di destinare un’atmosfera puramente thrilling alla narrazione, in grado di far immergere perfettamente gli spettatori nelle dinamiche mentali dei protagonisti. Il senso costante di apprensione, di ricerca della fuga, di astuzia e – come conseguenza fondamentale – di attesa continua nel cercare di comprendere quali siano le prossime mosse in un ideale scacchiere narrativo, permettono di godere nel migliore dei modi di una stagione condotta sicuramente in modo perfetto e, allo stesso tempo, in grado di raggiungere un apice incredibile nella sua parte finale, attraverso una colonna sonora impeccabile che ha accompagnato gli ultimi attimi dell’episodio.

La seconda stagione rinuncia a tutto questo: se da un lato il senso di accavallamento, dettato da un insieme di azioni sicuramente maggiore rispetto a quelle della prima stagione, è assolutamente inevitabile per un motivo pratico, allo stesso tempo una narrazione frenetica e volenterosa di essere portata al termine non ha sicuramente aiutato, dal momento che la percezione dello spettatore – anche se neofita del prodotto anime – è stata quella di enormi buchi di trama, accompagnati a scelte comode e, molto stesso, ad un ideale sottintendimento che avrebbe dovuto far capire e comprendere caratteri che non sono stati assolutamente esplicitati all’interno della narrazione. Ovviamente, chi ha prima letto il manga e poi visto l’anime ha assorbito la negatività di queste scelte ancor peggio.

La caratterizzazione diversa del personaggio di Norman

E’ importante sottolineare la grande differenza nella caratterizzazione del personaggio di Norman. Chi approccia a The Promised Neverland si affeziona sicuramente ai tre personaggi principali della serie, Emma, Ray e Norman. Si tratta dei tre bambini protagonisti che scoprono tutto il meccanismo di Grace Field e che – a poco a poco – riusciranno ad annientare la realtà in cui vivono. Norman si è sempre presentato come una persona dal carattere ambivalente: gentile, premuroso e, soprattutto, generoso nei confronti di tutti gli altri bambini, per i quali decide di sacrificarsi, ma allo stesso tempo cinico, determinato e deciso a perseguire il suo scopo di eliminazione dei demoni quando, dopo il suo salvataggio e la sperimentazione medica, troverà il modo di salvarsi dalle grinfie di Ratri.

All’interno dell’anime, l’atteggiamento di Norman appare fin da subito differente ai suoi amici, quando possono rapportarsi a lui dopo il tempo trascorso: il bambino appare come cinico ma, allo stesso tempo, cela una grande debolezza, dettata – ancora una volta – dalla volontà di sacrificarsi per riuscire a salvare tutti gli altri. Grazie a Emma (e, soprattutto, grazie alla demone che si chiama allo stesso modo, creando un parallelo in grado di farlo rinsavire), Norman tornerà sui suoi passi e a desistere dal suo obiettivo iniziale. All’interno del manga la fredda lucidità del personaggio viene accentuata sempre di più attraverso i volumi, senza la possibilità di un cambiamento determinato dall’intervento dell’amica Emma.

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Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.