Devilman Crybaby: tra pregi e difetti dell’anime shonen presente su Netflix

Devilman Crybaby: tra pregi e difetti dell'anime shonen presente su Netflix

Devilmna Cryvbaby è un esperimento presente su Netflix e distribuito sulla piattaforma di streaming a partire dal 2018. A proposito del prodotto, per quanto miniseriale e in sole 10 puntate, ci sarebbe tanto da dire, soprattutto per quel che concerne un proposito di adattamento che non a tutti è piaciuto. Devilman, infatti, era uno dei prodotti che non aveva ancora trovato una controparte su piattaforme di streaming; con la direzione di Masaaki Yuasa e la direzione dello studio Science Saru, l’anime shonen è stato reso visibile a tutti gli spettatori di anime direttamente su Netflix. Sulla base di queste caratteristiche e, soprattutto, in virtù delle determinazioni del prodotto in 10 puntate, si può dire molto, soprattutto per quel che concerne il contenuto del prodotto anime e le sue realtà contenutistiche mostrate sul piccolo schermo.

Devilman Crybaby e il progetto di Netflix in 10 puntate

Al di là di esplicitazioni che successivamente saranno meglio espresse, relativamente a trama, contenuti e concezione di un anime shonen, rispetto anche ad un pubblico piuttosto variegato che accede alla piattaforma di streaming Netflix, il primo punto di grande interesse riguarda il progetto di Netflix per quel che concerne l’adattamento in 10 puntate dell’opera di Gō Nagai. Il manga aveva già trovato una trasposizione anime nel corso della sua storia, sulla base delle predisposizioni tipiche degli adattamenti su piccolo schermo. Con la volontà di realizzare un progetto net anime, ovvero un prodotto che funzionasse indipendentemente dalle televisioni, attraverso una piattaforma di streaming (come la già citata Netflix) che ne permettesse la diffusione, la struttura di Devilman è radicalmente cambiata, dovendosi adattare alle esigenze del mercato e della piattaforma di riferimento.

Devilman Crybaby è diventato, dunque, una miniserie in 10 puntate dalla durata media di 23 minuti. La sensazione che si avverte, nell’approcciare al prodotto su piccolo schermo per la prima volta, è che il numero sia assolutamente striminzito rispetto ad una materia che necessiterebbe di un adattamento sicuramente più consistente. Chiaramente, è palese che la ricerca di Netflix non sia quella di realizzare un’opera che possa trasporre totalmente quanto mostrato all’interno del manga; allo stesso tempo, però, sarebbe stato sicuramente preferibile un formato classico delle miniserie anime, in 12 puntate, che avrebbe dato di certo un respiro migliore alla narrazione, permettendo anche di esplicitare alcuni contenuti che, soprattutto nella parte finale dell’anime, sembrano essere stati condotti verso una risoluzione in modo particolarmente frettoloso. Si coglie, comunque, la volontà di realizzare un prodotto compatto, che permettesse anche una visione – da parte dello spettatore – veloce, in uno o due giorni.

La trama di Devilman Crybaby

Devilman Crybaby inizia con una serie di frasi e di immagini che non riescono ad essere colte dallo spettatore ma che, allo stesso tempo, riescono nell’intento di creare un clima generale di interesse e di coinvolgimento. A parlare è Ryo, giovane ragazzo dalle abilità straordinarie che, dopo qualche minuto, si mostra assolutamente convinto e voglioso di sconfiggere i demoni presenti sulla Terra; per riuscire nel suo compito, decide di affidarsi ad Akira Fudo, un giovane ragazzo che – data l’assenza dei suoi genitori – vive con un’altra famiglia e si sente piuttosto lontano ed emarginato dalla società in cui vive: non eccelle nell’atletica, è piuttosto dimenticato da amici e conoscenti e, allo stesso tempo, il suo aspetto non è sicuramente tanto avvenente da provocare un interesse femminile.

Akira Fudo e Ryo vengono a contatto con un Sabba, una festa in cui si svolgono rituali demoniaci: qui Ryo riesce a completare il suo piano fondamentale, che porta Akira a venire a contatto con Amon, il più forte e importante tra tutti i demoni. Da questo momento in poi Akira vede mutate le sue caratteristiche: è più bello, più veloce, più forte e, soprattutto, sente il suo fisico cambiare radicalmente, riuscendo anche ad attirare il pubblico femminile di cui prima di sentiva orfano. Nonostante il contatto con un demone, però, Akira mantiene il suo cuore umano pur avendo caratteristiche “mostruose”: è un Devilman, ovvero un ibrido tra uomo e demone. Da questo momento in poi inizierà l’insieme delle peripezie e degli scontri che riguarderanno la trama, fino alla guerra finale tra i Devilman e Ryo, che si scopre essere Satana in un obiettivo di eliminazione degli esseri umani.

Le scelte contenutistiche di Devilman Crybaby: pregi e difetti dell’anime

Chi vuole approcciare ai 10 episodi di Devilman Crybaby deve partire da un presupposto necessario: si tratta di un anime shonen, ovvero di un prodotto che – secondo la concezione generale del mercato – è destinato ad un pubblico adolescenziale maschile. Le scelte che ne conseguono, soprattutto dal punto di vista contenutistico e tecnico, sono finalizzate ad un consolidamento di questo presupposto; si avverte, per questo motivo, un eccedere di alcune caratteristiche che sembrano essere portate verso un’esagerazione sotto diversi punti di vista. La funzione splatter è ben visibile sullo schermo, anche e soprattutto attraverso la resa cromatica del sangue dei demoni (di colore giallo), capace di rendere più intensi scontri e guerre tra demoni, umani e mostri.

Non si può dire lo stesso, invece, degli altri caratteri, che non sembrano essere resi allo stesso modo. In alcuni punti ci si ritrova di fronte a scene che sembrano essere esagerate anche per un pubblico adolescenziale maschile, che sembra voler essere costantemente stimolato dal punto di vista ormonale attraverso nudi e riferimenti propri della cultura hentai. Chiaramente, non si condanna di certo l’intento in sé, che fa parte di una cultura dell’intrattenimento piuttosto consolidata e degna di attenzione e interesse, ma la volontà di predominanza di certi caratteri, che in molti punti portano anche ad un sostanziale sacrificio della trama. Attraverso uno sguardo complessivo, per questo motivo, si ha l’impressione di ritrovarsi di fronte ad una trama che poteva offrire molto di più ma che, in virtù di scelte contenutistiche differenti, rimane ancora a certi meccanismi che la frenano notevolmente.

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.