Tra realtà e allegoria: recensione de Il Buco, thriller-horror di Galder Gaztelu-Urrutia (2019)

Il Buco Netflix

Dopo aver ottenuto un discreto successo nel 2019, anche e soprattutto grazie alla vittoria al Festival di Sitges e dopo aver conquistato il pubblico al Festival di Toronto 2019, Il Buco – nuovo prodotto di cui si dibatte particolarmente di recente – si è affermato attraverso la piattaforma di streaming Netflix, che ne ha permesso una notevole fruizione e pubblicizzazione. Il risultato è stato quello di un prodotto cinematografico incredibilmente dibattuto e oggetto di diverse polemiche e dubbi, volutamente ottenuti da Galder Gaztelu-Urrutia, che ha realizzato quello che si può definire come un piccolo gioiello di produzione tutta spagnola che ha positivamente sorpresa. Ve ne parliamo attraverso quella compresenza tra realtà e allegoria che caratterizza il film presente su Netflix.

La trama di Il Buco, thriller-horror di Galder Gaztelu-Urrutia presente su Netflix

Il Buco, film del 2019 diretto da Galder Gaztelu-Urrutia, è ambientato in un edificio che si sviluppa su più livelli: una prigione verticale che permette la collocazione casuale dei suoi individui che, all’inizio di ogni mese, vengono posizionati in un livello differente al fine di sopravvivere per sei mesi. Al piano 0 dell’edificio sono preparati tutti i cibi preferiti di coloro che si trovano all’interno della prigione, e che indicano gli stessi in sede di presentazione della loro richiesta di far parte dell’edificio: sarà una piattaforma, che sosta per due minuti ogni giorno in ogni livello, a portare il cibo in ogni piano.  Gli individui possono, inoltre, portare con sè solo un oggetto, di qualsiasi tipo, da utilizzare durante la prigionia, e dovranno sfamarsi di ciò che trovano (progressivamente, scendendo di livello, sempre meno) sulla piattaforma stessa.

Protagonista del film è Goreng, volontario che – accompagnato dal libro Don Chisciotte – affronterà i diversi livelli della prigione (con condizioni differenti e passando dal livello 202 a quello 6), prima di dare il via ad una vera rivoluzione che porterà al salvataggio di una bambina, ritenuta come il messaggio da portare al piano 0 per il salvataggio dell’umanità nel Buco. 

La simbologia di Il Buco e il rapporto con l’allegoria

Al di là di una trama che si basa molto sull’alternanza tra verosimile e inverosimile, e che caratterizza i 94 minuti di Il Buco, sono tanti gli elementi che meritano di essere approfonditi e che sottolineano tutto quel naturale successo che il prodotto cinematografico ha saputo ottenere, superando il naturale ostacolo di un periodo segnato dall’emergenza sanitaria e dalla conseguente scelta di prodotti cinematografici e televisivi. Il Buco si basa su una simbologia semplice e incredibilmente efficace, che si arricchisce di una serie di elementi che – per quanto possano non essere colti in una prima lettura degli stessi – rimbalzano all’occhio dello spettatore più attento o semplicemente amante dei particolarismi.

Non è casuale il noto rimando che in più sedi ha visto il collegamento tra il prodotto spagnolo che porta la firma di Galder Gaztelu-Urrutia e la Divina Commedia di Dante; più che un percorso prettamente letterario, però, il discorso che merita di essere imbastito vuole avere un significato allegorico. Lo stesso Dante, nel presentare la sua opera, ne distingueva livelli di lettura e di fruizione, divenuti universalmente concepiti e capiti come fondamentali nella modalità di comprensione dell’opera magna del poeta fiorentino: se da un lato esiste la letteratura, quella di lettura e di interpretazione, di fruizione lineare e di parole cariche di una certa etimologia, dall’altro esiste l’allegoria, un qualcosa di oltre rispetto allo scarno simbolo e che riesce, per la sua portata interpretativa, a suggerire un significato che sa andare oltre il significante e, allo stesso tempo, che riesce a tenere oscuri certi ambiti di senso e di comprensione.

Non volendo dilungarci oltre in ardite analogie tra le due opere prese in questione, si può innanzitutto definire la discesa di una piattaforma come metaforica discesa agli inferi di un sistema, più che di uomini: è chiaro come il funzionamento del Buco sia una riuscita rappresentazione della società capitalistica e dei suoi valori, uguali ma non egualitari, libertari ma non liberi. Accanto a questa cruda rappresentazione – che di elementi cruenti e splatter si arricchisce notevolmente – coesiste anche quel senso di graduale “discesa” che nulla ha a che fare con il senso ideologico della sua rappresentazione, ma che ricorda fedelmente l’avvicinamento alle condizioni che riguardano l’uomo nel suo essere infimo, distrutto, morto nella sua essenza. Non è casuale la rinuncia alla vita quando casualmente si capita in un livello basso, così come piuttosto significativi sono quei voli che portano al suicidio di chi rinuncia alla vita e alla sua essenza, posto in determinate condizioni. A volerla vedere significativamente sono esemplificative le parole di Trimagasi, secondo le quale ciò che è giù rimane giù, e ciò che è su non presterà mai attenzione a cosa c’è sotto.

Numeri e simboli nel film presente su Netflix

Accanto al fenomeno allegorico che abbiamo preso in considerazione, merita di essere sottolineata anche la forte simbologia che domina Il Buco, attraverso un ricorso – ancora una volta centrato e soddisfacente – a numeri e simboli che perfettamente dominano la realtà allegorica e metaforica del prodotto cinematografico spagnolo. In primo luogo la composizione delle stanze, rese attraverso l’antipodica rappresentazione dei due letti, messi l’uno opposto all’altro e unico oggetto di una stanza insieme ad un piccolo abbeveratoio. Si tratta di una scenografia scarna ed essenziale, che non ha bisogno di orpelli e che ritorna in una serie di numeri che si ripetono nella scena: 200 sono i livelli previsti da Goreng e Imoguiri, 202 è il livello in cui i due si ritrovano dopo aver occupato i livelli alti, e che porta al suicidio rassegnato e quasi compassionevole della già ormai destinata alla morte Imoguiri, che entra nel Buco per cambiarne invano i meccanismi.

E ancora il numero 3, nella trattazione dantesca rappresentazione ideale della trinità: 3 sono le cantiche della Divina Commedia e 33 i canti per ognuna; nel film di Galder Gaztelu-Urrutia sono 333 i livelli presenti all’interno del Buco, comprensivi (pur non considerando i suicidi che avvengono nello scoprire la propria collocazione) di 666 persone totali, numero che certamente ha bisogno di poche presentazioni in maniera simbolica.

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.