Gli 11 migliori film horror degli ultimi 20 anni

I migliori 11 horror degli ultimi 20 anni, la classifica

L’horror è uno dei generi più abusati dalle produzioni cinematografiche, sia per motivi di budget che di realizzazione dei contenuti. I bassi costi consentono di raccontare storie facilmente commerciabili e ad ampio target, motivo per cui gli esercenti guadagnano, le case di produzione anche, e la troupe porta a casa il risultato con tanto di paga finale. Tutti felici e contenti, tranne la qualità. Il più delle volte i film horror che passano in sala hanno a che fare con i soliti archetipi narrativi quali le possessioni, le case infestate, assassini a piede libero, e per giunta sono mal fatti, con un comparto tecnico di bassa qualità e uno scarso impegno realizzativo. Tra la sovrabbondanza di titoli di questo genere però, c’è qualche rara e bella eccezione, ed è giusto porla all’attenzione dei lettori e dei possibili spettatori. Ecco la classifica dei 11 migliori film horror degli ultimi 20 anni.

11. ‘Martyrs’ (2008) di Pascal Laugier

In questo scenario di folle violenza, delle bambine vengono rapite e torturate per anni. Lo scopo è quello di trarne risposte universali quali il viaggio post-mortem e la relativa esistenza di un luogo ultraterreno che possa essere vicino alla definizione di ‘paradiso’. Nel frattempo lo spettatore, per conoscere la riposta, insieme ai personaggi, viene catapultato nell’inferno. Anna è la protagonista, è nell’altruista tentativo di aiutare chi l’ha preceduta, resta vittima di questo gruppo segreto. Diventa una martire, ossia una persona che accetta le sofferenze e la tortura, non morendo completamente ma restando in un limbo tra vita e morte, in modo tale da fornire delle risposte sull’aldilà agli interessati. La conoscenza di tali risposte è talmente sconvolgente da non poter essere rivelata, e il segreto morirà con ne resterà ammaliato.

10. ‘Scream 4’ (2011) di Wes Craven

Quarto seguito della saga originata dalla mente creativa del regista Wes Craven, Scream 4 è una riflessione sul modo stesso di continuità di una saga, nonché sulla voglia sfrenata del meta cinematografico e del post moderno da parte dello spettatore generalista. Basterebbe il prologo: una sequenza di mise en abyme come se si fosse inseriti in un gioco di scatole cinesi, generando tensione e divertimento contemporaneamente. La nuova generazione di assassini sono più esperti, più feroci; non vedono l’ora di spodestare le vecchie star, gettandole nel dimenticatoio.

9. ‘Quella casa nel bosco’ (2012) di Drew Goddard

Film parodia che riesce sia a divertire che a spaventare, dando vita ad una sceneggiatura che brilla per freschezza e intelligenza. Gli stereotipi dell’horror, pur sembrando inizialmente motore d’azione di uno dei classici film del genere, subiscono una sovversione dei ruoli e si prestano a discorsi intertestuali e metatestuali. La sfida di rendere avvincente un tipico horror con personaggi ingenui che si chiudono volontariamente in una baita abbandonata in montagna, è vinta. Da zombie a tritoni assassini, lo spettatore vivrà il dietro le quinte della produzione di sequenze spaventose, ammaliato dal brillante tentativo d’inversione della rotta.

8. ‘Raw − Una cruda verità’ (2016) di Julia Ducournau

Originale trasposizione e rappresentazione del mondo femminile in dialogo con il proprio corpo, generato dal cannibalismo, dall’ossessione, la maledetta voglia di conoscersi fino in fondo per accettarsi. La protagonista Justine sembra essere riluttante al mangiare carne umana, pur essendo spinta dalla sorella, ma dopo averla assaggiata per la prima volta sembra non poterne fare più a meno. Pulsioni sessuali, autocontrollo, c’è tanta umanità nel dipinto horror messo in scena con eleganza da Julia Ducournau. La claustrofobia delle inquadrature e la fotografia che le accompagnano, rendono artistico ma allo stesso tempo grottesco ciò che si vede.

7. ‘L’evocazione – The Conjuring’ (2013) di James Wan

A proposito di archetipi narrativi dell’horror classico, cosa spaventa più di una casa infestata e di una possessione con annesso esorcismo finale? Sembrano elementi passati di moda, ma James Wan dietro la macchina da presa dimostra quanto il regista possa offrire una messa in scena inquietante anche con un soggetto standard e per lo più prevedibile. La famiglia Perron è dilaniata dalle presenze demoniache. Wan con un ottimo gioco di vedo-non vedo, anche senza mostrare riesce ad incutere terrore. Basta un battito di mani, uno sguardo e una porta che si apre da sola per far sobbalzare lo spettatore.

6. ‘Scappa – Get Out’ (2017) di Jordan Peele

Parola chiave: originalità. Al netto di qualche didascalismo nei dialoghi, l’opera prima di Jordan Peele ha segnato l’immaginario collettivo diventando un instant cult. Questo lo si deve ad una messa in scena studiata minuziosamente per veicolare il messaggio identitario e razziale che contiene in sé il film. I ricchi bianchi catturano i neri perché dotati di un fisico migliore che possa farli vivere più a lungo e nelle migliori condizioni. Il protagonista, Chris Washington (cognome non casuale), è l’ultima preda scelta dalla famiglia Armitage. Le sue scorribande notturne, unito a dei sinistri incontri, invitano chi guarda a riflettere sugli eventi appena accaduti. Erano reali, oppure onirici? Ci si chiederà. Tra parentesi, ogni elemento del comparto tecnico è incredibilmente curato, dalla colonna sonora alle scelte registiche, oltre che alla fotografia e alle interpretazioni attoriali. Film premiato agli Oscar per la miglior sceneggiatura originale.

5. ‘It Follows’ (2014) di David Robert Mitchell

Un’ansia primordiale assale chi si trova di fronte It Follows, un vero e proprio gioiello del cinema horror degli ultimi anni. Ambientato a Detroit, Jay è una ragazza che a seguito di un rapporto sessuale con un ragazzo da poco conosciuto, si ritroverà inseguita continuamente da una presenza muta forme. Quest’entità può trasformarmi anche in persone esistenti. Simbolo delle malattie sessualmente trasmissibili, il film mette in scena tensione e ossessione disturbanti, e lo fa tramite grandangoli e colonna sonora elettronica. L’horror per il sociale, qui vede una delle sue massime rappresentazioni, almeno negli ultimi 20 anni.

4. ‘Hereditary – Le radici del male’ (2018) di Ari Aster

Ari Aster è il regista che l’horror lo domina: appesantisce, nel senso positivo del termine, l’atmosfera per poi inserirci elementi classici del genere, ben contestualizzando la parte sovrannaturale. In pochi anni riesce ad essere già un’opera da cui altri registi prendono spunto. Il lutto e il sentimento di rimorso come espedienti narrativi per far rendere l’ambiente circostante lugubre; le interpretazioni emotivamente caricate giovano all’obiettivo del film di incutere terrore, insieme alle deformità, alle perversioni per il macabro e ai modellini ricreati dalla protagonista interpretata da Toni Colette. Inizialmente ci si chiede quanto di vero ci sia nelle immagini messe in scena, se sono allucinazioni dovute ai traumi, o se il sovrannaturale è diventato reale. La distruzione del nucleo familiare avviene gradualmente nelle 2 ore e 10 circa dell’opera, per poi culminare in un finale spietato che non manca di criticare le sette di fanatici, realmente esistenti. Tutto questo confezionato con scelte di montaggio e di fotografia che si sovrappongono, lavorano per continuità dei movimenti e offrono fluidità alla narrazione.

3. ‘The Witch’ (2015) di Robert Eggers

Si assiste alla discesa nella disperazione e nella follia di una famiglia di contadini del New England del XXVII secolo, dopo essere stati cacciati dagli altri membri della comunità per divergenze relative alla religione. Il neonato della famiglia viene rapito da una strega locale; da lì in avanti i sensi di colpa e la solitudine tormenteranno i personaggi. Il film contiene alcune sequenze davvero terrificanti, con un travolgente senso di inquietudine derivato da ciò che non si vede sullo schermo. Uno scontro tra la natura e le istituzioni, con lo sguardo cieco e puritano della religione come limite alla vita.

2. ‘Midsommar – Il villaggio dei dannati’ (2019) di Ari Aster

Si parte nuovamente dalla rielaborazione del lutto e dalla disfunzione familiare a seguito del suicidio della sorella di Dani, che ha coinvolto anche i suoi genitori uccidendoli. Avendo perso tutti, la giovane protagonista si aggrappa a Christian, il suo fidanzato. Parte con lui e il suo gruppo di amici per la Svezia, ospitati dal villaggio natale di uno di loro: Pelle. Le luci del giorno non salvano dal terrore, e ancora una volta tra il pericolo reale e la distorsione delle immagini, lo spettatore viene travolta da una tremenda inquietudine per ciò che si rivela essere realmente questo festival folkloristico del solstizio d’estate. Simbolico, etnologico e antropologico, decostruttivo e ricostruttivo consequenzialmente, Midsommar – Il villaggio dei dannati è uno dei migliori horror degli ultimi anni.

1. ‘Nope’ (2022) di Jordan Peele

Il primo in classifico è l’horror western-fantascientifico di Jordan Peele, al suo terzo lungometraggio. Nope è un mix di genere cinematografici che omaggiano Gli incontri ravvicinati del terzo tipo e Lo Squalo, incarnandone lo spirito e adeguandolo alla contemporaneità. Si riflette sul senso delle immagini e della loro rappresentazione, criticando il capitalismo su cui si basa la fiera dell’intrattenimento. Ancora una volta è importante il messaggio sociale sull’identità afroamericana, in aggiunta allo scontro predatore-preda in cui lo sguardo è da rivolgere verso il basso. Vecchio e nuovo dialogano, dando vita ad un’opera fortemente e meravigliosamente post moderna, oltre che attuale.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.