Barbarian: la sorprendente opera prima horror di Zach Cregger (Recensione)

Barbarian recensione film di Zach Gregger su Disney Plus

Distribuito sulla piattaforma di streaming Disney Plus a partire dal 26 ottobre del 2022, Barbarian è l’opera prima horror di Zach Cregger, con Bill Skarsgaard, Georgina Campbell e Justin Long presenti all’interno del cast. Nonostante un budget ridotto – di soli 4.5 milioni di euro -, il film ha ottenuto un grande successo mediatico, ricevendo anche il plauso da parte della critica. L’horror statunitense, in effetti, rappresenta una ventata di aria fresca nell’ambito di un genere che, per quel che concerne ideali rappresentativi e tipologie di narrazioni negli ultimi anni (se si escludono i grandi lavori di registi come Jordan Peele e Ari Aster), appariva piuttosto povero di originalità. Servendosi dell’ormai consolidato assunto secondo cui commistione is the key, Zach Cregger dirige un film che sa inquietare davvero, sa sorprendere attraverso i suoi plot twist e, soprattutto, sa provocare al punto giusto quel pregiudizio di genere da parte dello spettatore. Di seguito, si approfondiscono questi elementi nella recensione di Barbarian.

La trama di Barbarian, nuovo film di Zach Cregger

Tess Marshall (Georgina Campbell) è una donna che dovrà tenere un importante colloquio di lavoro all’interno della città di Detroit e, per questo motivo, decide di affittare un appartamento tramite Airbnb, in un quartiere particolarmente fatiscente e degradato della città. Dopo aver faticato nel trovare le chiavi della sua casa, scopre che al suo interno c’è già un uomo: si tratta di Keith Toshko (Bill Skarsgaard), che aveva prenotato anch’egli la casa e che già aveva occupato l’abitazione. Dopo un’iniziale ritrosia, i due scoprono di avere delle passioni in comune e passano una piacevole serata, per poi addormentarsi in due stanze separate. Durante la notte, Tess scopre Keith in preda ad incubi e, spaventata, lo sveglia. Quando, il giorno dopo, la donna rimarrà bloccata in cantina e sola in casa, scoprirà un passaggio oscuro presente all’interno della stessa che la porta fino a una stanza misteriosa con un letto, una telecamera e un secchio, oltre che un impronta di sangue sul muro.

Quando Keith fa ritorno a casa, Tess gli chiede di verificare che cosa ci sia nella cantina: Keith sembra apparentemente sparito, quando Tess scopre un’ulteriore apertura verso alcuni sotterranei, da cui provengono le urla di terrore del suo coinquilino. Quando la donna finalmente lo trova, questi viene attaccato da una creatura mostruosa che lo uccide. Cambio di narrazione e il protagonista è AJ Gilbride (Justin Long), che vede la sua carriera prendere una piega pericolosa in virtù delle accuse di violenza sessuale di un’attrice con cui ha avuto un rapporto qualche giorno prima. L’uomo, ormai rassegnato a vedere i suoi ruoli compromessi, decide di fare cassa attraverso la vendita dei suoi appartamenti in Michigan, tra cui spicca la casa di Detroit precedentemente citata; qui, avendo notato il soggiorno abitato, decide di scendere in cantina e sfidare l’eventuale occupante, ma – nel raccogliere la metratura dell’intera abitazione – viene a contatto con una stanza fetida prima e con la donna mostruosa poi, che lo cattura e lo chiude in gabbia; qui, incontra Tess, apparentemente dopo giorni di prigionia.

In un altro cambio di narrazione, un flashback degli anni ’80, Frank (Richard Brake) è al supermercato e chiede ad un addetta alle vendite un aiuto per prodotti da acquistare, in virtù del fatto che stia per nascergli una figlia in casa; di ritorno in casa, si sente l’uomo violentare una donna all’interno del tunnel. Ritorno al presente e la donna mostruosa decide di fornire un biberon ai due, trattandoli come figli: AJ si rifiuta e per questo viene trascinato nella stanza fetida, dove la donna è intenta ad allattarlo al seno; Tess riesce a scappare e viene a contatto con un uomo del posto, che le racconta del fatto che la donna mostruosa non sia la creatura peggiore presente in quella casa. AJ, infatti, riuscendo a sfuggire al mostro trova Frank in una stanza, ormai anch’egli in stato mostruoso, che decide di togliersi la vita con una pistola: prima di suicidarsi, però, AJ scopre che l’uomo aveva filmato ognuna delle violenze che aveva perpetuato nei confronti delle donne, crescendo i figli di questi stupri.

Tess decide di aspettare che la donna mostruosa esca dalla casa per attaccarla con l’auto e salvare AJ che, però, per sbaglio la colpisce con un colpo di pistola, ferendola appena. I due riusciranno ad allontanarsi e raggiungono la torre idrica, indicata dall’uomo – che Tess aveva incontrato – come luogo mai attaccato dalla donna mostruosa. Quest’ultima, tuttavia, aggredisce proprio l’uomo e lo uccide dopo avergli staccato un braccio; Tess e AJ scappano ma, di fronte alla possibilità di essere attaccato, l’attore hollywoodiano fa precipitare Tess dalla torre, con la donna mostruosa che si butta anch’ella per salvarla. Alla fine del film, la donna – che si scopre essere una delle numerose vittime degli incesti e degli stupri di Frank – ucciderà AJ e salverà Tess, che la uccide con un colpo di pistola.

Recensione di Barbarian: un horror che sa sorprendere

L’opera prima di Zach Cregger stupisce per numerosi elementi, soprattutto tecnici, che funzionano perfettamente all’interno del film; eppure, la reale chiave di volta è determinata dalla capacità che Barbarian ha di sorprendere. Quasi come se volesse giocare con lo spettatore, provocandolo a proposito di quell’ormai naturale pregiudizio di genere che si ha – negli ultimi anni – nell’osservare determinate tipologie di lavoro, il regista imposta un lavoro che non è mai uguale a se stesso, cambiando repentinamente nel corso della pellicola stessa e, soprattutto, sapendo stupire. In effetti, Barbarian inizia con una dinamica molto più che classica: una donna si ritrova in un una casa in compagnia di un uomo sconosciuto (interpretato da un inquietante Bill Skarsgaard), che ci si aspetta sarà fautore di un qualche tipo di violenza o barbarie nei confronti della donna.

Man mano che il clima si distende e il personaggio maschile si mostra per la sua simpatia e il suo impaccio, il sospetto dello spettatore cresce: è davvero lui il motivo per cui Barbarian è un horror? Non si aspetta altro che il momento in cui si osserverà il colpo di scena in jumpscare, che determinerà l’evolvere della pellicola. Quando Keith non appare sconvolto dalle rivelazioni di Tess, arrivano anche le prime conferme: si tratta di una personalità deviata, pronta a fare del male alla donna. Eppure, Keith è la prima vittima di una donna mostruosa che lo uccide frantumandogli il cranio contro un muro: plot twist puro, non soltanto per il jumpscare che deriva nell’osservare una figura nuova (e inimmaginabile, data la prima ora di film), ma anche per il repentino cambiamento nelle dinamiche narrative. Zach Gregger ha preso in giro tutti attraverso questo film, provocando lo spettatore già immerso nella visione del film e fornendogli tutti gli elementi – scelta di Bill Skarsgaard, eterno villain e attore tipico da horror, il suo volto e il suo sguardo appaiono quasi didascalici in tal senso – per supportare quel pregiudizio di fondo, che porta a credere di star osservando qualcosa che, nella migliore delle ipotesi, è nella media.

Realizzato in tre atti, Barbarian trascende ogni impostazione classica del cinema horror, capovolgendo ogni narrazione, appiattendo e sgonfiando il racconto di tono patetico al termine di ogni cresta terrorizzante e, in ultima analisi, creando un senso di agitazione generale nello spettatore che perde costantemente ogni punto di riferimento: non è un horror classico, non è uno slasher, non fa dello splatter volontario, non è un film che si propone attraverso atmosfere thrilling; Barbarian sa realizzare una commistione così esatta di generi – ancora, attingere da elementi variopinti non è necessariamente segno di debolezza, qualora il collage abbia un’anima rappresentativa – da far perdere la lucidità allo spettatore, desideroso di giungere al finale solo ed esclusivamente in virtù della volontà di trovar pace. E’ la chiara dimostrazione che fare horror non passa necessariamente attraverso il jumpscare gratuito e, certamente, non è la traduzione di fiumi di sangue sullo schermo: una nuova strada, inaugurata da grandi registi della contemporaneità, in grado di cambiare decisamente il futuro del cinema horror.

Barbarian e il valore di un horror che sa essere (anche) impegnato

Il turning point del genere horror degli ultimi anni è rappresentato dalla volontà, sempre più crescente, di realizzare prodotti che non siano soltanto funzionali alla sensazione di paura provata durante la visione della pellicola, ma anche al veicolo di un messaggio morale. Così, prodotti come Scappa – Get Out o Midsommar rappresentano sicuramente i capolavori di una certa concezione di cinema, che crea automaticamente un solco tra chi ha i mezzi comunicativi per rendere possibile una formalizzazione di tali messaggi e chi, invece, perde di vista la strada dell’horror, che pur deve conservare la sua capacità di sorprendere e provocare un ritmo adrenalinico nello spettatore.

Barbarian fa entrambe le cose, con una certa umiltà nell’utilizzo dei mezzi e con una chiara considerazione di quali siano le capacità e quali i limiti che si trovano alla base della realizzazione del film. Il montaggio ritmico, rapido e cadenzato restituisce una gestione quasi matematica del thrilling nello spettatore, nell’ipotesi di voler governare addirittura la paura che quest’ultimo deve provare durante la visione della pellicola. In ciò si innesta, naturalmente, anche la colonna sonora, il cui ruolo non appare assolutamente secondario nelle dinamiche complessive di paura e percezione dell’elemento horror. Ma è accanto a questa capacità che si accompagna l’altro grande pregio di Zach Gregger, capace di realizzare un ottimo prodotto impegnato che sa veicolare – per mezzo di una presentazione personalistica netta e attraverso scelte di trama assolutamente lapalissiane – messaggi morali e prese di posizione nette nei confronti dei veri caratteri degradanti dell’animo umano.

Si scopre così che il vero mostro è ciò che crea l’apparente disgusto, non quest’ultimo: la donna mostruosa, che i protagonisti tentano di uccidere in tutti i modi, è il risultato di una serie di incesti e stupri, perpetuati da parte di un uomo a cui non viene restituita neanche la dignità ultima del proferire parola (a differenza della donna, che sillaba “mamma” prima di scegliere la morte, morirà soltanto in preda al silenzio e al viscidume della sua saliva), lasciato nello sporco rendiconto dei suoi atti turpi. Anche l’uomo che salva Tess è punito, alla stregua di un castigo divino, così come gli uomini che osarono sfidare Dio con la torre di Babele: quest’ultimi persero la facoltà di parlarsi e capirsi, mentre l’uomo di Barbarian è colui che viene ucciso nel modo più cruento e splatter: il braccio, che aveva giudicato a indicato la donna in quanto mostro, gli viene staccato, diventando l’arma della sua uccisione.

La condanna di Barbarian, però, si muove nei confronti di AJ, incarnazione di tutto ciò che l’impianto morale del film vuole contestare: il machismo maschilista, la violenza sessuale giustificata dalla percezione del consenso, l’ipocrita redenzione di un uomo che – nella sua unica occasione di reale salvezza – sceglie di salvare se stesso e sacrificare la donna che aveva scelto di aiutarlo. Quella di AJ, da parte della donna mostruosa, non è soltanto un’uccisione, bensì un vilipendio: gli vengono cavati gli occhi a forza di schiacciare con le dita, la testa gli viene aperta in due. E’ il trionfo estremo di un film che vuole, e sa, essere ancora estremo giudice dei comportamenti umani rappresentati: un’esperienza che, nel suo complesso, fa sperare a proposito del futuro di Cregger e del cinema horror.

About the Author

Gabriele Maccauro
Laureato in Lingue Orientali presso "La Sapienza" di Roma, Master in Adattamento Dialoghi per Cinema e Tv presso Accademia Nazionale Del Cinema di Bologna e Sceneggiatore. Amante del cinema e della critica cinematografica.