Chainsaw Man: recensione episodi da 1×01 a 1×04 dell’anime MAPPA

Chainsaw Man recensione primi quattro episodi

Chainsaw Man è un prodotto relativamente recente, scritto e disegnato da Tatsuki Fujimoto a partire dal dicembre del 2018 e la cui serializzazione è ripresa nel 2022, a seguito del grande successo presso il grande pubblico e, soprattutto, nei confronti della critica, che ha destinato al prodotto il premio di miglior manga agli anni Harvey Awards, per due anni consecutivi. L’adattamento in anime, da parte della MAPPA, muove dunque le mosse da un prodotto che – per quanto non abbia avuto ancora il tempo per diventare un vero e proprio cult – mira ad esserlo in futuro, grazie al grande responso di pubblico e, soprattutto, in virtù delle atmosfere innovative del prodotto, che sa unire perfettamente una narrazione grottesca, pulp, thriller e disagiante, pur mantenendo in auge i caratteri prettamente shonen della narrazione. Ma come sta funzionando “l’uomo motosega” nelle vesti di anime? Vale la pena considerarlo nella recensione degli episodi che vanno da 1×01 a 1×04.

La trama degli episodi di Chainsaw Man da 1×01 a 1×04

Chainsaw Man racconta la storia di Denji, un ragazzo solo e in preda alla povertà da quando suo padre si è impiccato per sfuggire ai debiti che aveva nei confronti della Yakuza. Avendo ereditato i debiti del padre, Denji decide di vendere parti del suo corpo (occhio, testicoli, rene) per riuscire a vivere di stenti, compiendo un doppio lavoro: taglia la legna ed è cacciatore di demoni per conto della mafia giapponese, che gli impartisce ordini che non vengono disattesi. Con lui c’è Pochita, un diavolo a metà tra un cane a una motosega: quando Denji sarà preda di un agguato della Yakuza, che decide di ucciderlo dopo aver fatto accordi con il Diavolo zombie e aver trasformato tutti gli scagnozzi in zombie, Pochita decide di salvarlo possedendo il suo corpo e occupando il suo cuore; nasce così Chainsaw Man, a metà tra un uomo, un demone e una motosega.

A seguito del massacro, Denji viene raggiunto da un gruppo di cacciatori di demoni, tra cui spicca il personaggio di Makima: si tratta di una ragazza molto attraente che abbraccia l’uomo nonostante la sua forma demoniaca, e scegliendolo come suo sottoposto. In cambio della sopravvivenza garantita con cibo e alloggio, Denji dovrà rispettare tutti gli incarichi di Makima, tra cui quello che lo porterà a vivere e collaborare con Aki Hayakawa, nonostante la diffidenza reciproca. Quest’ultimo è un uomo particolarmente retto, che combatte per un ideale e decide di non fraternizzare mai con i demoni, mentre Denji è il suo opposto: per questo motivo, uccide il suo primo avversario (un Majin, demone che occupa un cadavere) senza trasformarsi in Chainsaw Man. L’uomo fa, poi, la conoscenza di Power, una ragazza-demone che ha il potere del sangue e che Denji dovrà controllare dato il suo carattere esuberante; lei lo convince (in cambio di una palpata al seno) a salvare il suo gatto, ma si tratta di una trappola: la ragazza ha promesso al Demone pipistrello di portargli un umano da mangiare per riavere il gatto – l’unico essere di cui si sia mai affezionata -, ma il mostro ingerisce dapprima il felino, poi la ragazza.

A seguito della sua trasformazione in motosega, Denji uccide il Demone pipistrello, ma viene attaccato dal Demone sanguisuga, che sta per sconfiggerlo: prima di morire, il protagonista viene salvato da Hayakawa, che si serve del Demone volpe per uccidere quello sanguisuga. L’uomo, che vedrà il suo carattere cambiare rispetto all’inflessibilità iniziale, spiega a Denji che il suo è un patto con il Demone, che gli permette di essere aiutato in cambio di un sacrificio (in quel caso, la pelle del suo braccio). Alla fine del quarto episodio, anche Power abiterà in casa di Hayakawa, per poter meglio controllare la sua intemperanza.

La recensione dei primi quattro episodi di Chainsaw Man

I primi quattro episodi di Chainsaw Man caratterizzano sicuramente l’ottimo lavoro della MAPPA nell’immettere lo spettatore in una narrazione, che in tema anime, in futuro potrebbe diventare cult; gli anni di Chainsaw Man sullo schermo saranno ancora numerosi, soprattutto per la cadenza con cui questi stessi vengono distribuiti sulle piattaforme, ma l’anime ha già superato quel naturale ambientamento tipico di opere che sono neonate. Chiaramente, il merito è della narrazione presente nel manga, in grado di focalizzare immediatamente lo sguardo dello spettatore su tipologie di racconto che fanno a meno di spiegazioni prolungate, oltre che di un prologo particolarmente sviluppato: l’abilità di MAPPA, per mezzo di un’animazione che ancora una volta appare fluida e, soprattutto, capace di riprendere molto anche dalle controparti cinematografiche, funziona su più livelli.

In primo luogo, l’alternanza tra i frequenti POV (presenti già nel primo episodio del prodotto) e le riprese non in prima persona permettono di restituire un clima saldamente dinamico, che si ottiene sulla base di una rappresentazione serrata e volutamente frenetica, che raramente restituisce calma nello spettatore; di episodi filler non c’è – ancora – neanche l’ombra, l’azione vuole essere costantemente protagonista e anche quando lo spazio deve essere interessato dalla presentazione personalistica dei personaggi sul piccolo schermo, le modalità permettono di non evadere dalle dinamiche di combattimento o corsa dai protagonisti di Chainsaw Man. In alcuni punti dell’anime, sembra di osservare riprese cinematografiche: piani sequenza accennati, montaggi frenetici e un ritmo in climax ascendente proiettano lo sguardo verso quel tono costantemente pulp che viene mostrato sullo schermo; il gioco degli sceneggiatori, a questo punto, è creare la distensione: piccoli secondi di silenzio, transizioni completamente in nero, il respiro dell’osservatore e si ritorna alla battaglia, dove il sangue imperversa come nei più arditi horror in cui il tono dello splatter non viene risparmiato neanche quando potrebbe essere possibile.

Chainsaw Man: l’animo rock di un anime edonistico

Sangue ed edonismo: questi i due termini che riassumono perfettamente i primi quattro episodi di Chainsaw Man; guardando al corrispettivo anime, le licenze narrative di chi adatta appaiono piuttosto ridotte, ma non appare necessariamente un problema: si tratta di un prodotto ancora in maturazione, che necessita di uno sviluppo caratteristico e che già mostra alcune delle tendenze dominanti nella dinamica complessiva dell’anime. In primis il carattere pulp: non c’è dubbio che Chainsaw Man attinga molto da una tradizione cinematografica che si fonda sul sangue a tutto schermo, di matrice tarantiniana, non risparmiandosi mai nelle rappresentazioni della violenza. Così, l’attacco degli zombie a Denji riporta alla mente le atmosfere di The Walking Dead, così come l’uccisione del Demone pipistrello, penetrando con la motosega nel suo stomaco, è il rimando in anime della tradizione Sharknado (piccola chicca: un capitolo del manga prende proprio questo nome), che squarta, distrugge, smembra e seziona attraverso l’acritica e folle violenza più pura.

Uccidere soltanto per palpare un seno? Il Denji rappresentato appare più schiavo di tutti gli schiavi, poiché il messaggio disagiante che l’opera vuole recare appare manifesto: desiderare vuol dire inevitabilmente essere assoggettati. La MAPPA torna a trattare una materia dai caratteri sociali approfonditi dopo Attack On Titan, in cui i temi dell’occupazione territoriale imperversano nelle dinamiche della narrazione dell’anime; con Chainsaw Man si è ben lontani da quel dinamismo narrativo, dal momento che si spinge molto sulla caratterizzazione adolescenziale del protagonista: eppure, pur in una dinamica che potrebbe far storcere il naso al pubblico più adulto, si coglie il messaggio maturo che l’opera vuole donare allo spettatore; il freddo disinteresse nei confronti del mondo che Denji nutre non è pura improvvisazione caratteriale, bensì il risultato di una vita di stenti, fame e privazione: è nella repressione costante di ogni stimolo, sessuale compreso, che l’edonismo la fa da padrone. In fin dei conti, quale essere umano che non ha nulla guarderebbe all’etica in quanto primo obiettivo della sua azione?

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.