Recensione − Il ritorno di Mary Poppins: il sequel del classico Disney

La recensione de Il ritorno di Mary Poppins, sequel Disney con Emily Blunt

Dopo cinquant’anni, torna sul grande schermo la bambinaia più famosa del mondo: Mary Poppins! Il tanto atteso sequel della Disney, diretto da Rob Marshall e con Emily Blunt nei panni della protagonista, è sbarcato nelle sale italiane il 20 Dicembre 2018. Ecco la trama e la recensione de Il ritorno di Mary Poppins, un sequel in casa Disney.

La trama del ritorno della bambinaia più amata di sempre ne Il ritorno di Mary Poppins

Basato sul secondo romanzo scritto da Pamela Lyndon Travers, il film, ambientato a Londra durante la grande depressione, riporta lo spettatore in casa Banks con i bambini, Michael e Jane, ormai diventati adulti. Michael ha perso la moglie un anno prima degli eventi narrati, ha tre figli e sua sorella Jane lo aiuta nel gestire la situazione. Come se non bastasse, i Banks stanno per perdere la loro storica casa in Viale dei Ciliegi 17 e questo influisce parecchio sul loro già scarso morale.

In un momento così difficile e triste, interviene la nostra Mary Poppins, che cercherà di aiutare i bambini e non solo, ad affrontare il lutto e guardare le cose da diversi punti di vista. L’unico modo per Michael di salvare casa sua, è trovare il foglio che dimostri la proprietà di azioni bancarie dei Banks, ereditate dal padre George. Ma sfortunatamente, la ricerca sarà lunga e per niente facile.

La recensione de Il ritorno di Mary Poppins, sequel Disney

Un’atmosfera decisamente più pesante di quella vista tanti anni fa, e questo influenza le canzoni e le musiche del film: alcune sono più lente, più tristi e soprattutto più lunghe.

Si inizia quindi col dire che musicalmente e scenograficamente, per quanto sia carino, non è ai livelli del precedente capitolo; certe scene da questo punto di vista sono troppo lunghe e rischiano di annoiare lo spettatore. Tolti i paragoni con il primo film, non è ai livelli di un grande musical, i testi delle canzoni sono buoni, le musiche decenti, ma non si va mai oltre (stesso discorso per le scenografie).

La stessa Emily Blunt, per quanto sia stata bravissima, tanto da essere candidata ai Golden Globes, non è paragonabile a Julie Andrews, anche perché la prima è attrice e basta, mentre la seconda è anche performer e cantante, e la differenza si nota. Vuoi che sia per questo, ma alla nuova Mary Poppins manca un po’ del suo mordente.

Ci sono poi le comparse di due attori noti: la prima è di Dick Van Dyck, lo spazzacamino (in realtà un tuttofare) del primo film, che interpreta il vecchio direttore della banca, Mr. Dawes Junior, ballando e cantando persino a 93 anni; la seconda è di Angela Lansbury, famosa per aver interpretato La Signora in Giallo, qui invece nei panni di una venditrice di palloncini nel parco.

Tornando al film, la nota più dolente è la sceneggiatura, dato che il comparto tecnico grosso modo si salva. Non ha un’anima, non ha praticamente nulla di autoriale e scopiazza (male) il suo predecessore: la struttura è identica, con la presentazione iniziale; l’arrivo di Mary Poppins; la prima avventura mescolata ai cartoni animati (questa volta in un vaso di ceramica invece che in un quadro); l’incontro con un parente strambo, prima lo zio Albert, ora la cugina di Mary Poppins, Topsy, interpretata da Meryl Streep (con una scena di ballo tremendamente lunga); i bambini che scappano dal cattivone di turno in banca; il ballo (interminabile) dei lampionai in sostituzione di quello degli spazzacamini; il discorso del padre, ora divenuto Michael; epilogo. Il finale è l’unico elemento che cerca di diversificarsi, ma è scritto male: i dialoghi sono incerti, gli eventi scontati (alcuni davvero ingenui) ed il messaggio finale risulta un po’ confuso. C’è solo uno schizzo di originalità, ossia il sogno che diventa incubo. Nel mondo fantastico, i bambini risentono dei pensieri negativi che hanno nella vita reale trasformando appunto, il sogno in un incubo. Incredibile ma vero, il film è pesante e non scenderebbe nemmeno con 1 kg di zucchero, questa volta Mary Poppins non può proprio dire che la pillola va giù.

Per chi scrive, uno degli elementi peggiori è il personaggio di Jack il lampionaio, interpretato da un buon Lin Manuel Miranda, che a quanto pare i Banks conoscevano già da piccoli. Lavorava come spazzacamino con Bert (interpretato nel primo film da Dick Van Dyck), è il copia e incolla di quest’ultimo, risultando essere inutile in questo contesto. Era preferibile aggiungere un personaggio diverso o non aggiungerlo proprio, ma una copia di Bert è l’ultima cosa di cui questo film aveva bisogno. Oltretutto personaggi che dovrebbero essere morti, anche perché più anziani dei signori Banks (al contrario, deceduti), sono ancora vivi e in ottima forma: l’ammiraglio Boom, la badante Ellen e il vecchio direttore della banca, Mr. Dawes Junior. Davvero poco credibile che i bambini siano diventati adulti, i loro genitori morti, e questi personaggi invece sono ancora in vita.

Infine, spendiamo due parole per il villain del film, il signor Wilkins (interpretato da Colin Firth), il nuovo direttore della banca in cui lavora Michael Banks, poiché nipote del precedente direttore, che ha deciso di affidare a lui il suo incarico. Wilkins è una macchietta, ostruisce il cammino dei protagonisti per profitto, cattivo per il gusto di esserlo e non per motivazioni un attimino più profonde. Insomma il classico cattivone che è cattivo perché si. L’idea di un villain in Mary Poppins ci sta, ma non così.

Dunque la Disney non si sforza, non crea nulla di originale e non aggiunge niente al primo storico film sulla nostra amata bambinaia. Sforna un sequel mediocre, con una colonna sonora soltanto carina e con scelte parecchio discutibili, distaccandosi anche dal romanzo su cui si basa. I vari messaggi, come guardare le cose da un diverso punto di vista, diventare adulti e smettere di usare l’immaginazione, superare il lutto, non sono mai approfonditi più di tanto, ma risultano comunque abbastanza chiari e ci va bene così. La performance degli attori è l’unica cosa davvero convincente, ma è troppo poco per il seguito di un capolavoro senza tempo con alle spalle la vittoria di 5 premi Oscar e 13 nomination.

About the Author

Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.