Recensione – Junji Ito Maniac: Japanese Tales of the Macabre, anime horror su Netflix

Ecco la recensione di Junji Ito Maniac: Japanese Tales of the Macabre. Si tratta di un anime strutturato ad episodi autoconclusivi rilasciati su Netflix

Dal 19 gennaio 2023 è disponibile su Netflix un nuovo anime, strutturato come una serie antologica composta da 12 episodi. Il genere d’appartenenza è l’horror, ed il materiale di base sono i fumetti dell’orrore scritti dall’autore Junji Ito, dichiarandolo apertamente sin dal titolo. Siccome è un fumettista di successo in Giappone e, piano piano, anche globalmente, inserire il suo nome può essere soltanto un vantaggio dal punto di vista commerciale.

La recensione di Junji Ito Maniac: Japanese Tales of the Macabre, il nuovo anime horror disponibile su Netflix

Quando si attinge da un materiale letterario importante, nel caso specifico i fumetti di Junji Ito, c’è sempre il problema della trasposizione fedele al soggetto di base ed il rischio di “ferire” il fandom è dietro l’angolo. Junji Ito Manica: Japanese Tales of the Macabre tenta di mantenere lo spirito dell’autore anche nella proposta d’anime su Netflix, con 12 episodi, presentati da una sigla con musica elettronica, dalla trama orizzontale che consenta anche una visione casuale, senza un preciso ordine. Il problema principale è che la qualità, sia tecnicamente per ciò che concerne le animazioni, sia narrativamente, è fin troppo altalenante. Ci sono, infatti, episodi molto più validi di altri che trasmettono un senso di incompiutezza, come se negli 8-10 minuti di spazio non raccontino una storia dell’orrore ma delle sinistre vicende fantascientifiche o spirituali senza molto senso o visione d’insieme. Non c’è un vero filo conduttore ad unire l’orizzontalità di questa serie, e siccome la qualità non è compatta sembra non ci sia una coesione strutturale, lasciando fluire l’anime nel dimenticatoio in maniera eccessivamente precoce. Sul fronte animazioni, c’è frequentemente staticità e si nota quasi che alcuni disegni siano rimasti banalmente delineati e colorati in modo elementare. Certo, è una caratteristica dell’animazione nipponica quella di dare l’impressione di pagine disegnate staticamente, mentre i dialoghi invece proseguono, ma nel 2023 è una scelta che frena la fantasia e che si sposa poco con il genere horror, che invece va accompagnato da atmosfere e immagini suggestive. E per inciso, a cosa servono esattamente le brevissime storielle esposte dalla voce narrante dopo ogni puntata? Sono ben pochi gli episodi rilevanti, e si potrebbe tracciare una mappatura per delineare il meglio e peggio di Junji Ito Manica: Japanese Tales of the Macabre.

1)” I bizzarri fratelli Hikizuri”

Si comincia con un episodio singolo da 20 minuti dove il tema dell’elaborazione del lutto e della prova del paranormale coinvolgono questo bizzarro gruppo di fratelli. La fotografa appassionata di spiriti è il pretesto per i sei per poter tentare di rievocare i genitori deceduti. Peccato che l’episodio, tra l’altro il primo di una serie, dovrebbe fare più di così, ma non riesce ad essere più di una storiella puerile sui dispetti tra i due fratelli maggiori, per capire chi deve essere l’erede del padre famiglia.

2) “La storia del tunnel misterioso”

Quanto di più banale possibile, probabilmente una delle storie più classiche di tutta la serie. Luogo oscuro quasi labirintico questo tunnel, avvolto da un mistero riguardante presenze spiritiche. Ci sono i fantasmi, i protagonisti sono intrappolati uno ad uno lì. Quindi? Si poteva far meglio, tuttavia non è tutto da buttare, dato che l’atmosfera tetra e le animazioni piuttosto statiche contribuiscono a tenere acceso l’interesse per la breve durata di questa seconda puntata.

3) “L’autobus dei gelati”

Tra i più rilevanti della serie il terzo episodio, che narra di un padre probabilmente divorziato che deve badare settimanalmente al figlioletto. Quest’ultimo, come tutti gli altri bambini del quartiere, è attratto da un colorato autobus che vende gelati e nel contempo porta anche i pargoletti in giro. L’autista belloccio raffigura, secondo la metafora messa in scena, un sinistro pedofilo rivoltato in chiave horror: i gelati ammassati al centro del veicolo vengono consumati dai bambini, che finiscono per trasformarsi a loro volta in gelato, morendo.

4) “Palloncini appesi”

Il miglior episodio di tutto l’anime è questo quarto, lungo ben 20 minuti ma dotato di una potenza visiva e di un’atmosfera tremendamente claustrofobica pur muovendosi i personaggi in ambienti urbani. Il contrasto è ben reso dai colori grigi e pallidi dei personaggi, estesi a tutte la poderosa scenografia; la morte si cela dietro la vita, colpisce inaspettatamente la popolazione giapponese. Infatti è il suicidio di una pop star a gettare nella paranoia la società, non capendo realmente le motivazioni di tale gesto sconsiderato. Così facendo è come se un’isteria di massa prendesse il sopravvento, sintomo di una depressione ingestibile per la gente. I palloncini sono sintomo di un’interiorità che assale, inscindibile dall’esteriorità corporale, e per questo tendono a voler catturare gli esili fisici per trasportarli con loro nell’abisso.

5) “Quattro mura”

Episodio abbastanza puerile con Koichi che vuole studiare e Soichi, il fratello minore, che fa di tutto per rendergli la vita difficile. La decisione del fratello maggiore consiste nel far costruire quattro mura, come da titolo, attorno alla sua camera rimpicciolendola. Lo strano falegname che si mette all’opera per assistere Koichi, aiuta in realtà Soichi, costruendo un percorso labirintico esterno alla camera che permetta all’inquietante bambino di disturbare con dei rumori, fingendo siano dovuti a fenomeni paranormali. In sintesi: divertente ma poco horror.

6) “Il covo del demone del sonno”

Un demone interiore esce fuori alla Nightmare – Dal Profondo della Notte, anche se in realtà è diverso da Freddy Krueger, poiché è come se risucchiasse da dentro il corpo del ragazzo ospitante. Le due anime sono scisse, e “l’altro” viene fuori solo quando il principale dorme. Chiara raffigurazione della depressione, a mancare è il mordente e la forza estetica, lasciando che l’episodio culmini in piattezza. La ragazza co-protagonista aiuta il ragazzo, lasciandosi aspirare anche lei con lui, ma chissà cosa succede e come andrà a finire. La storia, anche in questo caso, sembra non essere autoconclusiva.

7) “L’intruso”

Si candida ad essere il peggior episodio dell’anime horror, in quanto sembra appartenere innanzitutto al genere sci-fi, e poi non è autoconclusiva. La casa di un ragazzo è invasa da strani rumori, quando si scopre che è il sé stesso di un mondo parallelo ad essersi intrufolato nel suo spazio. Inoltre, ha fatto fuori sadicamente i nuovi amici del ragazzo, sempre però del mondo parallelo da cui proviene, per sotterrarli poi nel mondo principale del protagonista. Non se ne capisce il senso, l’unica cosa mostrata di orrorifica è l’immagine dei ragazzi che hanno dei sé stessi trovati morti nel giardino.

8) “I lunghi capelli in soffitti”

Un episodio molto interessante dove il tema è la rottura relazionale tra ragazzi, e la conseguente depressione che colpisce chi viene lasciato. In questo caso la protagonista, dopo tanto tempo, è in rottura con il fidanzato poiché quest’ultimo ammette di non amarla più. Siccome non solo non prova più dei sentimenti, ma addirittura ha la volontà di dedicarsi ad altre donne, si instaura una strana emozione nella protagonista. Infatti, mentre vuole tagliarsi i capelli in segno di cambiamento, non si sa come viene sgozzata e il corpo senza testa viene trovato dai familiari. Dopo qualche tempo, viene ritrovata proprio la testa in soffitta, con i capelli a mantenerla come se fossero realmente vivi. La vendetta è ottenuta, sadicamente e lentamente i capelli uccidono l’ex ragazzo. Resta il mistero sulla testa sgozzata con tanto di urlo di sottofondo: è un suicidio? Una forza più grande? Non è dato saperlo, ma forse non è nemmeno un problema.

9) “Muffa”

Altro episodio abbastanza incomprensibile. Il protagonista affitta contro volontà il suo appartamento ad un suo ex insegnante in difficoltà e la famiglia. La casa viene come travolta da una muffa, però non se ne conosceranno le origini e tutto l’episodio verte sul contagio nei confronti del ragazzo. Francamente non c’è un senso, e l’eventuale senso metaforico è buttato in superfice in modo pretestuoso.

10) “Allucinazioni in biblioteca”

L’ossessione invade la psiche del protagonista, nonostante la ragazza tenti in tutti i modi di aiutarlo per uscirne. Chiara metafora di come la fissazione per qualcosa, fosse anche una passione, come in questo caso la letteratura, possa tramutarsi in depressione. Le allucinazioni non sempre sono in chiave horror, anzi, talvolta fantasy; eppure il vero orrore è la deformazione psicologica.

11) “Le città delle lapidi”

Di “hitchcockiana” memoria la struttura narrativa, con una tensione crescente in base alla colpevolezza che trascina i personaggi. Sfortunatamente uccidono una bambina che giocava per strada, travolgendola con la macchina; quello che non sanno è che nella città dove sono dirette, i cadaveri si tramutano in lapidi. Spiritualmente, la trasformazione fa sì che l’anima di chi perde la vita vada via in pace. I protagonisti, quasi in un noir, seguono le tracce dell’omicidio con gli altri abitanti come se fossero innocenti, ma in realtà tentano di coprirsi. Nonostante questo, un evento del genere non riuscirà ad eliminarsi dalle loro vite.

12) “Strati di terrore”

Fil rouge ancora una volta l’ossessione, l’amore genitoriale che diventa asfissiante nei confronti di una figlia piuttosto che in un’altra. La crescita viene vista come un ostacolo che si frappone tra madre e figlia. La madre se potesse, e qui lo fa in chiave horror, tirerebbe fuori il corpo da bambina. La maledizione è un espediente narrativo semplice ma funzionale per la breve durata dell’episodio.

13) “Oggetti trascinati a riva”

Teoricamente ci sarebbe una trasposizione della natura che si vendica sugli umani, assorbendoli e risputandoli come se fossero maggiormente genuini, purificati. Il poco minutaggio a disposizione, e la semplice messa in scena con una strana creatura marina che contiene in sé delle persone, è poco horror e per niente autoconclusiva. Sembra uno stralcio di storia buttata lì.

14) “Tomie – Fotografie”

Episodio da 20 minuti incentrato sul bullismo dovuto all’inserimento di una nuova strana ragazza. La protagonista sembra soffrire la presenza della neo studentessa, che le rende la vita da fotografa estremamente complicata e fa più volte la spia. La vendetta non è la migliore delle soluzioni, e infatti l’elemento più interessante è l’ambiguità morale, il non prendere realmente parteggiamenti per una delle due ragazze.

15) “Labirinto insopportabile”

Probabilmente il titolo è tutto un programma. L’episodio è solo un cosiddetto “filler”, una costruzione di un climax che non esploderà mai. Le due ragazze restano bloccate nel labirinto degli “spiriti” dei monaci, ma non si capisce perché vaghino nel nulla senza che succeda letteralmente nulla.

16) “La bulla”

Decisamente disturbante, probabilmente poco horror ma un episodio interessante. In questo caso è quasi lo strano compiacimento sessuale che si sviluppa nella ragazzina protagonista nei confronti del bambino, a destare inquietudine nello spettatore. Il bullismo si deforma in piacere, ed è un elemento decisamente macabro; i protagonisti crescono, ma resta ambiguo questo rapporto relazionale instaurato, tanto che adesso si amano. Sembra però che sia frutto di una falsa speranza, poiché il bambino ormai uomo, abbandona la donna e poi il figlioletto per vendetta. La madre cade in un terrore psicologico tale da dover sfogare le sue frustrazione sul bambino, come faceva con l’attuale marito quando erano piccoli.

17) “Il vicolo sul retro”

Ecco un altro episodio sinceramente inutile. Corto, e soprattutto senza un vero significato. Peccato che ci metta 10 minuti per mostrare come il nuovo ragazzo che ha affittato l’appartamento, è una delle vittime disegnate della ragazza con problemi psicotici. Quest’ultima, infatti, ha già ucciso diverse persone in passato. Il vicolo è stato barricato per nascondere le anime dei cadaveri, e i cadaveri stessi. Alla fine avviene la vendetta, poiché la ragazza stessa cade dalla finestra finendo letteralmente in pasto agli spiriti. E allora?

18) “Sculture senza testa”

Una storia classicissima dell’orrore, senza nessuna metafora o sottotesti, bensì dei sinistri avvenimenti partiti da un insegnante d’arte e dalle sue sculture senza testa. Fantasmi che prendono vita, corpi posseduti, una specie di “final girl” che scappa dai vari assassini. Forse non è tra il peggio della serie, ma sicuramente non va nel meglio.

19) “La donna che bisbiglia all’orecchio”

Nel meglio, invece, ci finisce questo penultimo episodio. La donna che bisbiglia all’orecchio è una storia matura con un sottotesto profondo ed importante legato al femminicidio. Per sfuggire ad episodi quotidiani di violenza domestica, la protagonista aiuta una bambina con problemi decisionali dovuti a una qualche forma di autismo, in preda anche all’isteria. Man mano però è come se questa donna venisse consumata interiormente e quindi anche esteriormente, e facendo delle ricerche, il padre della bambina viene alla conoscenza della verità sul compagno della protagonista. Una volta che è rimasta vittima di omicidio, anche a causa del non interventismo di un altro uomo (il padre della bimba), decide di vendicarsi sul suo assassino tramite la piccola. Il suo spirito-fantasma è come se fosse ancora lì a sussurrare, e dunque si serve delle mani della bambina per mietere una vittima.

20) “L’animaletto di Soichi”

Una delle classiche storie su un animale che viene posseduto, per mano sta volta dello stesso bambino presente nell’episodio “Quattro mura”, ossia Soichi. Il gatto è il protagonista che diventa pestifero, ma presto avrà la sua vendetta “elettrica” sul bambino. Episodio piuttosto banale che finisce nel peggio della serie, poco horror e per nulla intrigante. La morale dovrebbe essere di trattare bene gli animali domestici, e non solo? Ma c’è modo e modo per mettere in scena, e qualche episodio precedentemente citato ne è la dimostrazione.

Insomma, Junji Ito Maniac ha del potenziale che viene anche espresso con delle metafore messe in scena in qualche episodio. Tematiche ricorrenti sono la vendetta, le relazioni tra ragazzi, il lutto e le atmosfere sinistre ad accompagnare gli eventi. Peccato che, alcuni episodi tra quelli citati siano praticamente inutili poiché stralci di storie non terminate, ma buttate giù come un mero riempitivo. Le animazioni potrebbero essere più curate e al passo coi tempi, piuttosto che limitarsi all’essere per lo più governate da colori pallidi e disegni geometricamente semplici, come le linee tracciate negli scavi che si vedono all’inizio dell’episodio “Strati di terrore”.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.