Recensione – The Last Of Us 1×02: “Infected”

La recensione del secondo episodio di The Last Of Us, serie HBO Max Original

Prosegue con il secondo episodio The Last of Us, serie TV basata sull’omonimo videogioco, con protagonisti Pedro Pascal e Bella Ramsey. Nella puntata precedente intitolata “When You’re Lost in the Darkness” si è avviata la lunga avventura che vedrà protagonisti Ellie e Joel. La serie ha debuttato alle ore 03:00 dello scorso 16 gennaio su Sky Atlantic e Now TV in versione sottotitolata in italiano, in contemporanea con gli Stati Uniti. Si è registrato il secondo miglior debutto degli ultimi 12 anni su HBO Max con ben 4,7 milioni di spettatori, cresciuti poi a circa 10 milioni nei giorni successivi. I numeri continuano a lievitare, e la narrazione prosegue appassionando i fan del videogioco e non solo. Debutta alla regia Neil Druckmann, scrittore del gioco e della serie; ma non è l’unico a debuttare, perché anche il doppiaggio italiano parte dal primo episodio il 23 gennaio. Di seguito la trama e la recensione del secondo episodio di The Last of Us: “Infected”.

Allerta SPOILER!!!!!

La trama del secondo episodio di The Last of Us, serie basata sull’omonimo videogioco

Nella notte tra il 22 ed il 23 gennaio 2023 è andato in onda il secondo episodio di The Last of Us, intitolato “Infected”. Ancora un breve incipit sull’esplosione della pandemia, questa volta ambientato dove il virus derivato dal fungo Ophiocordyceps ha avuto origine: in Indonesia. La professoressa universitaria Ibu Ratma, specializzata in micologia, avverte le autorità militari dell’inevitabile e incombente pericolo per il mondo intero, sottolineando come sia momentaneamente impossibile fornire un medicinale o un ipotetico vaccino contro il ceppo virale in rapida diffusione. Non viene rivelato il paziente zero, il primissimo morso che ha dato il via alla catastrofe globale, ma ancora una volta il richiamo al reale è evidente (Covid19).

Nel frattempo Joel (Pedro Pascal), Tess (Anna Torv) ed Ellie (Bella Ramsey) sono usciti dalla zona militare e sono alla ricerca del gruppo di Luci con una finalità: scoprire come mai la bambina sia immune e creare un vaccino partendo dal suo DNA. Ciò potrebbe risultare una grandissima svolta per l’umanità, ma gli ostacoli che si frappongono tra i protagonisti ed il loro nuovo obiettivo sono abbondanti e letteralmente “scattanti”. Non solo i cosiddetti zombie runner, anche i clicker vengono introdotti con modalità sinistre. C’è ancora tanta strada da fare, e la devastazione continua a minare alla vita dei personaggi, costantemente in difficoltà. La città di Boston è colma di infetti in agguato tra una rovina e l’altra.

La recensione del secondo episodio di The Last of Us: si entra nel vivo dell’horror

L’intelligenza della scrittura e della messa in scena di The Last of Us prosegue su una linea dritta, concisa e ben studiata per accaparrarsi un ampio pubblico, non solo quindi i fan del gioco. Ma quest’ultimi possono dirsi ancora una volta soddisfatti per il rispetto e la fedeltà nei confronti del materiale di partenza, trattato finalmente come una vera e propria opera letteraria. Ciò dovrebbe far riflettere sull’ormai considerazione che si potrebbe attuare nei confronti dei videogames, fin troppo snobbati; invece è considerabile arte anche quella, nell’epoca della crossmedialità e della transmedialità. La forza di raccontare storie e dell’influenza tra i differenti linguaggi mediali segna la società contemporanea, ed eluderne i pregi delinea una chiusura mentale forzata quanto ingiustificata nel suo essere conservatrice. HBO Max ha portato sul piccolo schermo un prodotto che già ha vissuto in televisione, come videogioco, pur prendendo in prestito peculiarità tipiche delle serie TV e del cinema, soprattutto per narrazione ed effetti visivi, intesi anche come proposta estetica per recitazione (espressività facciale) e movimenti di macchina (piano sequenza). In questo secondo episodio di The Last of Us, l’incipit fa ancora riflettere sul presente indissolubilmente legato al Covid19, incutendo un timore reale sulle possibilità di apocalisse causata dal riscaldamento globale e dalla diffusione di virus nati proprio per i danni arrecati all’ambiente. La natura tenterebbe così di scacciare l’uomo, organismo eccessivamente inquinante e gravoso sugli equilibri globali. Il tentativo di difesa disegnato ad hoc dagli sceneggiatori risulta credibile, e l’inumanità mostrata nel precedente episodio viene qui ripresa sin dalle prime battute, quando la dottoressa ammette di desiderare i bombardamenti sulla città indonesiana piuttosto che lasciar emigrare altrove la nuova infezione. L’atmosfera è ancora una volta polverosa, catastrofica ma sfacciatamente e pessimisticamente empirica; l’ambiguità morale dettata dalla paura sfonda le pareti più reconditi della mente, lasciando lo spettatore in un pericolo limbo alle prese con la domanda: “bisogna necessariamente sacrificare le vite umane di una città per impedire la morte di tutti?”.

La comunicazione tra i diversi medium continua, e la serie TV dimostra di poter avere un’ossatura ben solida e indipendente dal videogioco, pur rispettandone i canoni. Ma di mezzo c’è il gameplay, ovvero come riempire i momenti d’azione presenti in The Last of Us (videogame)? La risposta è d’impatto, tutt’altro che scontata: il suono, gli scatti, le corse e gli scontri sono lo scenario prediletto per offrire intrattenimento di qualità. I Clicker introdotti in questo episodio sono ciechi, e allora le orecchie sono il fil rouge che inevitabilmente inducono alla tensione, così come i movimenti dei personaggi, che dovrebbero essere costantemente attenti al dettaglio. Un pezzo di vetro, un passo troppo incauto e una parola in più significano rischio di morte, poiché questi infetti “anziani” sono più feroci dei runner. Il fungo li ha resi anche esteticamente, con un trucco prostetico che merita elogi per la fedele e concreta rappresentazione, simili ad esso: gli occhi sono inesistenti, e la faccia presenta inquietanti protuberanze. Lo scontro tra Joel e i Clicker è decisamente ad alta tensione, mentre Ellie è in balìa dell’inquietudine e Tess non smette mai di offrire il suo aiuto agli altri due. Le scenografie diventano essenziali per tante ragione, tra cui il verde della natura che si espande al posto del grigiore urbano, come a voler comunicare la distruzione già precedentemente portata dagli esseri umani al territorio. Ma in particolare vengono messi in evidenza gli oggetti appartenenti ad una vita precedente, ormai segnata da 20 anni di abbandono e desolazioni dopo il tentativo maldestro di arrestare la pandemia. Le bombe sono segno di irrazionalità, paura, oltre che ad accrescere un inutile sentimento di forza nei militari che le hanno sganciate. Boston con le sue macchine abbandonate e i suoi grattaceli distorti e crollati, sono la prova di una morte incontrastabile, riprendendo il “noi perdiamo” già contrassegnato nel primo episodio come espediente per raccontare le atrocità intrinseche all’uomo. Il museo diventa campo di battaglia, e i vetri così come gli orologi e i tetti pericolanti possono essere utili così come possono diventare un ulteriore ostacolo per i personaggi.

Nel frattempo le relazioni tra i protagonisti non scadono mai nei didascalismi, emergendo con dei brevi quanti intensi dialoghi spesso malinconici ma contemporaneamente alleggeriti da battute, come se fossero stati scanditi narrativamente da tempi appartenenti al montaggio. Anche i movimenti da macchina a mano alternati alle riprese in campi lunghi e lunghissimi per fornire una visuale ampia, distaccata dal punto di vista dei personaggi, mostra l’orrore in cui l’ormai anarchica società vive. Ellie è pur sempre una 14enne e si comporta come tale, gironzolando allegramente e provando un terrore assolutamente comprensibile per una bambina che non è mai uscita dalle grigie mura domestiche, imparando a scuola tutto ciò che c’è da sapere sulla realtà novizia. Cerca di farsi amica Tess, per la quale accresce un sentimento di empatia tra il materno e l’amicizia, così come per Joel c’è un interesse amichevole e d’interesse su una figura oscura, misteriosa, quale è l’ex soldato. Il rapporto tra i due si sta costruendo piano piano, il rispettivo background non ha fretta di essere eretto ma procede gradualmente, mattoncino dopo mattoncino, tra un’azione spensierata e una parola ragionata. Il finale, invece, è un climax incredibile di tensione e commozione per la perdita di Tess, morsa nello scontro fisico avuto nel museo. Le Luci sono state raggiunte, ma il virus è stato più rapido; l’orda di infetti ha captato i personaggi che grazie al sacrificio finale della donna, sono riusciti a scappare senza troppi indugi se non legati alla difficoltà emotiva di abbandonare definitivamente un loro punto di riferimento.

The Last of Us episodio 2: la novità rispetto al videogioco

Ciò che sorprende maggiormente nel secondo episodio di The Last of Us è come vengano fornite poche ma essenziali informazioni. Il flashback iniziale è un riempitivo funzionale per parlare di presente reale e per ricostruire moderatamente l’avvio del declino. Per di più c’è un netto distacco narrativo rappresentato dai filamenti del fungo, in quanto quest’ultimi giustificano gli attacchi di massa degli infetti, elemento dato per scontato in un videogioco ma che poteva risultare più forzato in campo seriale. Qui gli zombie sono collegati in modo celebrale dai filamenti, quasi come se fossero tutto un corpo in movimento, mosso dagli stessi obiettivi. E i filamenti sono presenti sul terreno, sulle mura, i pavimenti; calpestarli potrebbe significare morte: il richiamo degli infetti avviene così, caricando ancor di più d’ansia ogni singolo passo dei personaggi. Nell’epoca di internet, un riferimento all’umanità desensibilizzata come corpo omogeneo dal virus (i social? il digitale?) pone un ulteriore riflessione, in quanto è possibile essere “ovunque” e conoscere “tutto”; e chissà come verrà esteso e incrementato questo interrogativo col proseguo della narrazione.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.