Recensione – Marcel the Shell: film d’animazione in stop-motion candidato agli Oscar

Ecco la trama e la recensione di Marcel the Shell, film d'animazione in stop-motion candidato agli Oscar 2023

Marcel the Shell è un film d’animazione in stop-motion che mescola commedia e dramma del 2021, diretto da Dean Fleischer-Camp, con Jenny Slate, Dean Fleischer-Camp e Isabella Rossellini. Distribuito dalla A24 in America nel 2022, dopo averne acquistato i diritti nel 2021. Invece è stato distribuito al cinema in Italia da Lucky Red e da Universal Pictures International Italy a partire dal 9 febbraio 2023. La sua durata è di 90 minuti. Candidato agli Oscar 2023 per il Miglior Film d’animazione, ecco la trama e la recensione di Marcel the Shell.

La trama di Marcel the Shell, film d’animazione candidato agli Oscar 2023

Marcel è una conchiglia di piccole dimensioni essendo ancora un “bambino”. Vive con sua nonna Connie, dopo il terribile incidente che ha portato via tutta la comunità di molluschi, compresi la mamma ed il papà di Marcel. I precedenti inquilini dell’appartamento erano una coppia, ma durante un furioso litigio si sono portati dietro anche il cassetto con la famigliola di conchiglie nascostevi all’interno. Da quel giorno, Marcel e la nonnina vivono da soli nella casa messa in affitto.

Quando le due conchiglie vengono scoperte da un regista di documentari, l’uomo decide di riprendere la vita di Marcel e Connie, alle prese con tutte le difficoltà del caso ma dotati di uno spirito vitale. Una volta postati dei video in rete su Marcel, la conchiglia diventa famosa in tutto il paese e i bambini cercano la casa dove vive per andare a trovarlo. La sua vita cambierà radicalmente, perché aumenteranno i pericoli, ma ci sarà anche una nuova speranza nel cuore del mollusco: quella di ritrovare la sua famiglia perduta, chiedendo aiuto alla comunità di umani.

La recensione di Marcel the Shell: aprirsi alla vita

Marcel the Shell (Marcel the Shell with Shoes On) segna l’esordio cinematografico come regista di un lungometraggio per Dean Fleischer-Camp, che porta sul grande schermo un mockumentary in tecnica mista su di una conchiglia con indosso delle scarpe. L’autore stesso è presente nel film, interpretando in un certo senso sé stesso, riprendendo lui in persona la vita di Marcel e di sua nonna Connie. Viene rappresentata così l’idea della realtà che influenza la finzione e viceversa, sin dalla base della pellicola siccome Marcel è un personaggio preesistente proveniente da una serie di cortometraggi ideati e pubblicati su YouTube da Dean Fleischer-Camp nel 2010. Non solo, ma così come nel film il regista di documentari si è separato, anche nella vita reale si è separato dall’ex moglie con la quale aveva scritto e girato i corti. L’azione si è ripetuta per il lungometraggio, e Jenny Slate (l’ex moglie in questione) è accreditata come soggettista e sceneggiatrice della pellicola, oltre che come doppiatrice del protagonista. Marcel the Shell ha ricevuto una nomination per il Miglior Film d’animazione agli Oscar 2023. Isabella Rossellini è la doppiatrice di nonna Connie, e ha contribuito a rendere spontanei i dialoghi tra i personaggi, umani e molluschi.

Per realizzare il film c’è voluto un lungo processo, e pare che ci abbiano impiegato ben sette anni per poterlo completare. Uno degli elementi di maggior interesse riguarda proprio la scelta di mescolare due tecniche, quella live-action con personaggi umani tra cui Dean è il principale esponente, e l’animazione in stop-motion per dar vita a Marcel e sua nonna. Il film è un finto documentario che mescola a sua volta due generi di finzione, ossia la commedia ed il dramma. I toni sono ben bilanciati in un film che sa aprirsi con tenerezza alla riflessione. La comicità è uno degli aspetti più positivi di tutta la pellicola, poiché l’estetica della piccola conchiglia Marcel risulta in contrasto con battute e dialoghi piuttosto maturi e logici. Ciò può risultare divertente sia per i bambini che, e soprattutto, per un pubblico di adulti; l’ampio target a cui il film si rivolge, non potrà fare a meno di empatizzare con i personaggi in scena, decisamente umani nei sentimenti e nei ragionamenti sia individuali che relazionali. Non c’è dubbio che la qualità dei dialoghi è alta, sia nelle già citate battute che nel racconto in sé per sé di sprazzi di vita vissuta o di speranza, come il desiderio di Marcel nel ritrovare la sua famiglia perduta. Quando raggiunge la fama, il primo autentico pensiero del protagonista è di chiedere aiuto alla comunità di umani per ritrovare la famigliola di molluschi, ma ben presto si rende conto che i fan provenienti dal web e dai sociale sono un pubblico, non degli amici.

Il meccanismo da documentario permette di ascoltare il racconto della vita di Marcel con la sua dolce nonnina Connie, spiegando alla cinepresa catalizzatrice del mockumentary cosa è accaduto alla sua comunità di conchiglie. Il regista è in scena e cerca di non intervenire per non intaccare la realtà sottoposta alla coppia di conchiglie, ma la genuinità di Marcel gli estrapolerà eventi da lui vissuti o dei suoi pensieri su ciò che è in procinto di accadere. Il passato narrato è per lo più girato in soggettiva, ed è un metodo efficace per l’affiancamento delle immagini al racconto sembrando addirittura influenzate o deformate dalle parole enunciate. Ad esempio ci sono delle insistenti sfocature quando a parlare è nonna Connie, a prova della sua anzianità e della precarietà della salute. Anche i ricordi di Marcel non sono del tutto chiari, e le riprese mostrate sono come sporcate dal vissuto della piccola conchiglia. L’apertura alla vita è il filo conduttore dell’opera, facendo comprendere agli spettatori che è importante accantonare la paura in favore dei veri sentimenti e della sinergia con il prossimo. Marcel ha, infatti, timore nel vivere la sua condizione da “star” del web, serra le finestre con dei fogli di giornali e intende proteggere sua nonna a tutti i costi dai pericoli esterni quali i rumori dei bambini, ad esempio. L’azione di Connie è commovente: finge di star bene solo per non far preoccupare ulteriormente Marcel, inducendolo a rilasciare un’intervista per la stimata (anche da Connie stessa) Lesley Stahl. Alla fine, la sua apertura mentale ed affettiva sarà ricompensata in un toccante e gioioso finale.

Marcel the Shell: il film d’animazione non spicca il volo?

Marcel the Shell è un ottimo film riflessivo, una messa in scena che evidenzia la commistione di generi e di linguaggi cinematografici quali il documentario, la finzione e l’animazione. Ma si tratta anche di vita reale che influenza l’opera “scritta”, risultando una myse en abime stuzzicante per l’ampio target al quale si rivolge. Per una parte il film ricorda le atmosfere agrodolci di Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento, proprio per l’istinto di sopravvivenza sfoggiato dalle piccole creature che soggiornano in un ambiente abbandonato a seguito di un terribile incidente. La risposta al malessere è nel prendere di petto la vita, e Marcel dimostra una forza centrifuga rappresentata anche dalle immagini rotatorie intrinseche negli oggetti mostrati quali il giradischi e il frullatore, così come è la sua voglia di socializzare e di prendersi cura dell’altro (la nonnina Connie) a donargli vitalità e simpatia. Nonostante ciò, l’aura malinconica pervade l’immagine che, come detto in precedenza, viene distorta a seconda della percezione, e gli ambienti reali trasmettono un effettivo senso di abbandono. Il design del personaggio, di “burtoniana” memoria per le scarpe indossate e l’occhio laterale, lo contraddistingue e lo rende funzionale agli occhi sia dei bambini che degli adulti.

La seconda parte del film tende invece ad appianare la riflessione sulla comunicazione tra il reale e la finzione, la concretezza della vita influenzata dal digitale, così come Marcel viene reso pubblico genera un’altra tipologia di comunità dopo aver perso la sua composta da molluschi: un fandom per certi versi “impazzito”. Questi elementi estremamente interessanti che avrebbero permesso alla pellicola di elevarsi in toto, spariscono gradualmente in favore di conversazioni perlopiù comiche che danno maggior spazio al solidificarsi della relazione tra il regista e le due conchiglie. Non solo, ma la morale sulla bellezza e caducità della vita viene esternata su più fronti ed ecco che la narrazione si tramuta definitivamente in un racconto di formazione “classico”, perdendo il brio mostrato in precedenza. Il finale è molto tenero: il guscio della piccola conchiglia viene oltrepassato dal vento, Marcel ricorda sua nonna dirigendosi nella stessa stanza dove lei era solita recarsi. Il momento di gioia viene così spezzato dal senso esistenziale del vissuto che non può essere più restituito, ma appartiene ai ricordi dell’individuo. La conchiglia antropomorfa è un espediente pedagogico per dimostrare all’umanità l’importanza dei legami e del senso totale di una comunità.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.