Recensione – RRR: il kolossal indiano su Netflix

La recensione di RRR, il kolossal indiano disponibile su Netflix dal 20 maggio 2022

RRR è un kolossal indiano distribuito in Italia su Netflix a partire dal 20 maggio 2022. Diretto da S.S. Rajamouli, che in patria ha realizzato uno dei film più costosi mai realizzati con un budget dichiarato di 72 milioni di dollari, ma è anche uno dei maggiori incassi di sempre in India. Inoltre, è stato un successo di pubblico e, anche in chiave premi sembra potrà dire la sua sia ai Golden Globe che agli Oscar, presente nelle shortlist in più categorie. Di seguito la trama e la recensione di RRR, kolossal indiano.

La trama di RRR, kolossal indiano disponibile su Netflix

Saga epica ambientata in India prima dell’indipendenza, dove un guerriero impavido impegnato in una missione rischiosa affronta un inflessibile poliziotto britannico. Infatti, ambientato nel 1920, in India, si seguono le vicende della talentuosa bambina della tribù Gond, rapita dal tirannico amministratore britannico e dalla moglie. Komaram Bheem, che vigila sulla tribù, si mette in viaggio per cercarla e riportarla a casa, ed è pronto ad affrontare qualunque ostacolo pur di riuscire nel suo arduo compito.

Si imbatterà lungo il cammino in Rama Raju, un ambizioso ufficiale della polizia imperiale indiana cui è stato assegnato il compito di fermarlo, ma che è inconsapevole della sua identità, finendo per diventare suo amico fraterno fino a quando cominceranno ad emergere le prime verità, determinando uno scontro epocale. Quest’incontro fittizio tra i due personaggi principali, Komaram Bheem e Rama Raju, si ispirano a due figure reali della lotta contro l’oppressore britannico.

La recensione di RRR, l’epica indiana ad altissimo budget

RRR è un film epico indiano ad altissimo budget che mescola stimoli della mitologia classica dell’India con una forte retorica nazionalista e anticolonialista; questa è la finalità ultima ed espressa a caratteri cubitali dall’opera di S.S. Rajamouli. Il regista sfrutta le potenzialità delle immagini nel senso più prestazionale, impregnando di spettacolarizzazione la realtà storica da cui parte per sradicarsi dalla verosimiglianza. L’impianto favolistico che segue è quanto di più semplice si possa pensare: due guerrieri, Bheem e Ramu, sono inconsapevoli di essere destinati a combattersi; nel frattempo, sviluppano un’amicizia fraterna, ma pian piano i fatti vengono a galla pregiudicando la loro relazione. In più, non può mancare del sentimentalismo passionale nei confronti delle donne e un senso di appartenenza legato alla tradizione delle tribù indiane. La natura scorre nelle vene di Bheem, un pastore-guardiano che tenta in tutti i modi di portare a termine la sua missione, cioè riportare a casa la piccola Malli rapita dal governatore inglese. La sua attinenza con Madre Natura è espressa attraverso la simbologia dell’acqua, che più volte ricorre durante le scene con Bheem protagonista. Al contrario, Ramu è il fuoco che arde per la vendetta, e la sua determinazione è uno degli aspetti più interessanti per la piega che prende nel corso della narrazione. Siccome c’è la contestualizzazione dell’epica declinata in tutti gli elementi che compongono il film, dalla colonna sonora vibrante in grado di smuovere gli animi in maniera psicoattiva, alle sequenze d’azione di cui RRR è ricco, la retorica sopra citata è sottolineata in tutta la sua muscolarità senza risultare sfibrante. Persino i dialoghi, per quanto lineari, non appaiano gratuiti ed estenuanti.

La durata di circa 3 ore e 5, così facendo, non è ingolfata e artificiosa come in altre pellicole, e la consapevolezza degli autori di star girando un kolossal pretenzioso visivamente, dimostra grande impegno. Le ingenuità, da un punto di vista prettamente tecnico, non mancano; eppure una CGI non sempre di livello – soprattutto per ciò che concerne i movimenti degli animali nell’ambiente limitrofo – e qualche esaltazione di troppo dell’azione che sfora la ridicolaggine, le si perdonano in confronto a una maggioranza di sequenze discretamente riuscite. Si raggiungono ottime vette di divertimento, e tutta la passione con la quale gli attori si sono immessi in questo ambizioso progetto, non possono far altro che scaldare il cuore. Anche perché bisogna mettere di fronte lo spettatore ad un fatto: il modo di intendere il barocco per gli occidentali è diverso da quello degli orientali, che sfruttano appieno l’esagerazione con una certa dimestichezza e con scopi ben precisi: arrivare al popolo. Il cinema, dall’altra sponda del mondo, è un mezzo utilizzato per raccontare stralci di tradizione con un linguaggio volto all’esaltazione di certi valori popolari. Ecco che la storia indiana, inscindibile dal colonialismo britannico d’origine, si veicola con una morale incentrata sulla libertà e la voglia di rivalsa. Gli inglesi sono i cattivi, persone arricchite che sfruttano le inestimabili risorse di questa terra per il proprio tornaconto, svilendo il popolo. Infatti, gli ufficiali britannici affermano a più riprese di valutare la vita di un indiano vale meno di un proiettile inglese, che ha dovuto fare un viaggio su una delle navi nazionali.

Per quanto il discorso registico, incredibile il lavoro apportato alla pulizia delle immagini, soprattutto quando ci sono numerose comparse e si alternano inquadrature a campo largo con altre più strette sui personaggi: tutto è perfettamente comprensibile, e lo spettatore difficilmente potrà recriminare sulla limpidezza delle scene. Le soggettive immersive e deformate come un grandangolo, i ralenti pompati al punto giusto, i colori sgargianti e le coreografie degli intermezzi musicali (tra gli aspetti maggiormente positivi del film) nonché dei combattimenti, sono perfettamente in linea con il tono epico di RRR. Persino gli oggetti lanciati o sparati, che sia una freccia o una pallottola, o addirittura un animale che diventa strumento nella sfarzosa battaglia, sono seguiti digitalmente dall’occhio della macchina da presa, in modo frequentemente credibile. Aperta parentesi: lampante che questa idea di cinema, un regista come Zack Snyder stia cercando da tempo di occidentalizzarla, peccato che gli manchino il contesto da favola, da retorica nazionalpopolare e la grazia nell’uso di certi stilemi. Un conto è quando ci si prende sul serio, un altro è quando si adopera la settima arte nel tentativo di semplificare dei concetti per un target a tutto campo; chiusa parentesi. Persino nella danza viene fatto presente che c’è uno spirito liberalista, forsennato, con una voglia dirompente di fuoriuscire dalle strutture ingabbianti come quelle del flamenco (ballo suggerito da un inglese).

Il giustificato didascalismo di RRR

Che RRR debba parlare alle masse è palese, e dunque che utilizzi didascalismi estetici e narrativi con estrema frequenza, è assolutamente giustificato. Bisogna accettare che i fini del film sono quelli finora discussi, e ricercare un linguaggio appartenente ad altre modalità di cinema sarebbe abbastanza inutile, tanto varrebbe stoppare immediatamente la visione di questo kolossal. Già in quanto kolossal, presuppone che vada venduto ad un pubblico ampio, specie se Netflix offre l’occasione di poter essere visto su piattaforma in tutto il globo, avvicinando gli usi e costumi cinematografici e tradizionali indiani o di qualunque altra nazione. Allora ecco che si mettono subito in chiaro gli aspetti fondamentali che riguardano la psicologia dei protagonisti, il loro background ricostruito con dei flashback, e addirittura c’è un flashback in un altro flashback per ripetere un concetto e per presentare i due individui allo spettatore e per farne comprendere le peculiarità e gli eventuali sviluppi. La narrazione viene velocizzata quando si devono riprendere momenti già visti in precedenza, per ricordare allo spettatore quanto detto, e rallentata quando si ci vuole concentrare su un aspetto particolare.

La scelta delle inquadrature aiuta l’occhio: per sottolineare il fatto che i due si scontreranno, inizialmente vengono contrapposti ai due lati dell’immagine; si usano oggetti in primo piano per metaforizzare ciò che accadrà, e quindi sbarre = gabbia, schiavitù; ruota circolare = destino ineluttabile; spine = sofferenza e sangue; acqua = natura; fuoco = vendetta, fermezza. La scelta dei cali di frame sta ad indicare un preciso utilizzo dei sensi da parte dei due personaggi, dotati di forza sovraumana, perché lo sono nello spirito e nella costante determinazione. Per quanto riguarda la scelta del titolo, sono dei valori contenuti nelle parole didascalicamente espresse, giocando con la tripla R.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.