Recensione – The Last of Us 1×03: “Long Long Time”

Ecco la recensione del terzo episodio di The Last of Us: "Long Long Time"

La serie che è destinata ad essere legata indissolubilmente ad aggettivi perlopiù superlativi, prosegue con il corso degli eventi. La narrazione di The Last of Us, serie TV HBO Max Original, è giunta al terzo episodio rilasciato con cadenza settimanale dal lancio. Da ricordare che le puntate in totale sono nove, e dunque mancano sei appuntamenti alla fine dell’avventura con protagonisti Joel ed Ellie. Ecco la trama e la recensione di The Last of Us 1×03: “Long Long Time”.

ATTENZIONE SPOILER!!!!!!!!!

La trama di The Last of Us 1×03: “Long Long Time”, un episodio quasi total flashback

The Last of Us ha ormai palesato che tratterà la storia di Joel ed Ellie, legati in un imperdibile viaggio on the road con l’obiettivo speranzoso di porre rimedio alla catastrofe umana generata dalla pandemia. Il flashback è un espediente narrativo utilizzato in tutti gli episodi distribuiti finora, ed il terzo intitolato “Long Long Time” che è anche un brano musicale di Linda Ronstadt, lo ha reso protagonista principale della sua linea narrativa e temporale. I personaggi a popolarlo e ad impreziosirlo, sono Bill e Frank; il primo è un uomo solitario che è riuscito a sfuggire agli smistamenti in campi appositi della popolazione, da parte del governo. Un cospicuo numero di persone vengono uccise spietatamente dai soldati, ma Bill prevede questa violenta mossa e decide di nascondersi in un angolo buio della casa, dove nessuno riesce nemmeno lontanamente a scrutarlo. Al contrario, lui nota tutto ciò che gli accade intorno, siccome è dotato di un pacchetto videocamere che circondano il territorio nei pressi dell’abitazione.

Per 4 anni Bill vive in totale solitudine, piazzando ingegnose trappole per gli infetti che si portano vicino le sue mura domestiche, e andando di soppiatto a racimolare cibo nei supermercati abbandonati nella oramai tranquilla cittadina. Ma c’è un sostanziale cambiamento che entra prepotentemente nella sua vita, sconvolgendola: un “barbone” di nome Frank cade in una delle sue trappole, anche se non non è ferito gravemente, riporta una vistosa lividura sul braccio. Dopo attimi di angoscia e tensione tra i due, Bill lo invita ad andarsene dicendogli che lo lascia libero di correre via, senza sparargli. Frank, tuttavia, non demorde e cerca di pregare Bill a lasciarlo entrare in casa sua per una doccia e un pasto caldo.

Durante il consumo delle gustose portate cucinate dallo spigoloso Bill, tra un bicchiere di vino e le note eseguite al pianoforte del brano “Long Long Time”, i due uomini vengono allo scoperta dopo l’esibizione commovente di Bill. Frank gli si avvicina in lacrime e lo bacia, lasciando intuire come quella soave musicalità gli abbia aperto il cuore tanto da esteriorizzare subito i suoi sentimenti, magari incentivati da un’iniziale attrazione fisica. Da ora in avanti, sarà tutta un’altra storia per i protagonisti del terzo episodio di The Last of Us, una storia composta da litigi, cura, amore e sopravvivenza, che tanto contraddistingue il soggetto base della serie TV tratta dall’omonimo videogioco.

La recensione di The Last of Us 1×03, un episodio volto all’amore umano

Probabilmente, bisogna dirlo subito, ci si trova di fronte uno dei migliori esempi di linguaggio seriale degli ultimi anni. Se Netflix prosegue nella politica di dar vita a serie commerciali per il grande pubblico finanziando progetti in tutto il globo, HBO Max da vita a dei prodotti dal taglio puramente cinematografico e assolutamente pregevoli per la scrittura presentata. Il terzo episodio di The Last of Us è uno dei migliori racconti, e parlare di miglior episodio della serie sarebbe anche pretestuoso, per questo è preferibile usare “racconto” o “storia”. Storia di persone, di umani che entrano in relazione tra di loro per colorare le scenografie grigie e consumate dalla pandemia globale, in grado di risucchiare improvvisamente in un vortice di morte e malinconia la società. L’incipit si concentra, giustamente, sul proseguo del cammino di Joel ed Ellie, a seguito della morte di Tess sono entrambi molto colpiti e risentono della perdita. I dialoghi sono ancora una volta concisi, poco didascalici e meravigliosamente pungenti, in attinenza con il discorso sulla (dis)umanizzazione corrente, a posteriori dello scoppio pandemico. Prima di passare al flashback, i due protagonisti fanno rifornimento, e lì la bambina trova un infetto rimasto bloccato sotto le macerie. Mentre Joel è al piano superiore, Ellie scende in questa botola richiamata dalla curiosità nei confronti dello zombie: lo scruta, lo percepisce, ne è quasi subdolamente affascinata. E infine gioca con le pupille della creatura che segue attentamente i movimenti del coltello in mano alla ragazza, che decide prontamente di accoltellarlo per ucciderlo e sfogare una rabbia repressa, potenzialmente intrinseca alla nuova generazione venuta al mondo; un mondo però ben diverso da come lo si conosceva prima del 2003, una Terra desolata, cinica e claustrofobica nonostante gli ampi spazi ed il verde della natura che risorge dalle ceneri.

Quando Joel ed Ellie passano davanti una prateria, l’uomo avverte la piccola dello spettacolo raccapricciante che le si porrà dinanzi i suoi occhi, ma Ellie è troppo spinta dal desiderio di sapere. Ecco che viene a conoscenza dei bruschi e disgustosi metodi attuati dai militari del governo durante la diffusione del virus: o si veniva portati nei campi per sfuggire al contagio (e cosa ricorda l’essere portati nei campi?) o si restava uccisi senza pietà, anche bambini e donne. Tramite il vestito di una di queste, il cinema e la televisione muovono i loro passi indipendenti dal videogioco (opera letteraria), poiché c’è un ellisse al montaggio che riporta al 2003, anno in cui Bill riesce a sfuggire alle atroci azioni dei soldati americani. Nel 2007 si incontra con Frank e nasce l’amore tra i due, portando finalmente un attimo di respiro dalla pesante visione dovuta alla difficoltosa situazione nella quale si muovono inesorabilmente i personaggi principali della serie. Infatti, il motore d’azione per esteriorizzare i sentimenti sono le canzoni, ricollegando anche logicamente l’espediente utilizzato da Joel e la coppia qui presente, con le associazioni dei momenti vissuti in base agli anni delle hit mandate in radio. Ma si va oltre: i testi musicali non sono una mera soluzione stilistica, bensì raccontano ciò che passa per la testa, e soprattutto per l’anima, a Bill e Frank. “Long Long Time” è lo scorrere del tempo, ma è anche un’elegia a ciò che è andato e non può più, per forza di cose, ritornare. La storia d’amore che viene messa in scena nel terzo episodio di The Last of Us, è l’esplorazione più vivace da poter presentare per distaccarsi, almeno per un arco narrativo, dal videogioco omonimo.

Due personaggi rilegati ad una comparsa e ad una lettera, in televisione sono i protagonisti di una storia avvolgente, ricca di sotto trame che includono riflessioni sull’eutanasia, presente nel finale struggente proprio a dimostrare che c’è una totale anarchia dei personaggi. Ormai è lecito scegliere cosa è meglio per sé, come agire, e soprattutto chi amare: anche in questo c’è una libertà sconfinata, e che pervade simbolicamente e concretamente gli occhi di chi osserva un meraviglioso ritratto di umanità. Ci si dimentica degli infetti, del virus, della piaga umana spietata e violenta. Ci si concentra sulla purezza di una relazione, intatta nel tempo e concentrata in poco più di 15 anni, arco narrativo dove i due personaggi sono in grado di aiutarsi l’un l’altro, salvandosi la vita e donando un senso diverso ad un’esistenza vuota prima e dopo la pandemia. Bill è spigoloso sì, ma odiava la società e gli esseri umani: forse troppo duri con lui e la sua omosessualità è stata forzatamente repressa? Non vengono spiegati elementi che non devono essere obbligatoriamente spiegati, non si ingolfa mai la trama e ci si concentra sull’esteriorizzazione dei sentimenti di Bill e Frank. Quest’ultimo insegna all’altro cos’è la sensibilità, l’annullamento del nichilismo originario di Bill passa per il prendersi cura di un giardino, una staccionata, una porta; in vecchiaia, poi, Bill salva la vita a Frank come era viceversa successo durante l’attacco dei banditi alla casa. Una delle scene più suggestive è sicuramente la coltivazione della pianta di fragole, un gesto che commuove la coppia, più che il ritrovato gusto del frutto. Ecco come una vita potenzialmente insignificante e volta alla quasi inutile sopravvivenza, viene ridisegnata in favore della cura, dell’amore, dell’altruismo e dell’elogio individuale. Una potenza genuinamente umana, che finalmente squarcia il grigiore e lo squallore del nuovo mondo per far trasparire un respiro più puro, una fioca luce osservata con serenità dalla finestra di casa propria, come un tempo era ancora possibile fare. Bill e Frank sono l’esempio di come il tradizionale e vero amore possa salvare la vita in qualsiasi condizione.

The Last of Us 1×03: come si ricongiunge il flashback alla narrazione principale?

La chiusura dell’episodio passa per il ritrovamento della lettera lasciata da Bill a Joel, consapevole di star uccidendo, su richiesta dello stesso Frank, sé stesso e suo marito. Anche se, Frank non era al corrente della drastica quanto romantica decisione del compagno, divenuto neo marito con lo scambio degli anelli finale. Ci si scherza su questo folle gesto, quasi appartenente ad altri tempi a detta dello stesso Frank. Ma Bill ha instaurato rapporti anche con Joel, non considerandolo un amico, ma un uomo assolutamente da rispettare. Per questo, la lettera di annunciato doppio suicidio, ottenuto anche con soddisfazione e dopo un bellissimo “ultimo giorno”, viene ritrovata da Joel ed Ellie. I due si fanno una doccia, si rimettono in sesto e partono con la macchina verso il fratello di Joel, in difficoltà. L’avventura prosegue, ma il toccante discorso di Bill ha la potenza (mai didascalica) di far comprendere allo spettatore le motivazioni che hanno indotto Joel a comprendere, a reagire, a scovare in Ellie una speranza vitale che permetterà, da adesso, di allacciare finalmente un rapporto vero e sincero.

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Christian D'Avanzo
Cinefilo dalla nascita e scrittore appassionato. Credo fermamente nel potere dell'informazione e della consapevolezza. Da un anno caporedattore della redazione online di Quart4 Parete, tra una recensione e l'altro. Recente laureato in scienze della comunicazione - cinema e televisione presso l'università degli Studi Suor Orsola Benincasa.