Strappare lungo i bordi: recensione alla nuova serie animata Netflix

Strappare lungo i bordi: recensione alla nuova serie animata Netflix

Strappare lungo i bordi: la nuovissima, e dal gusto agrodolce, serie tv animata Netflix che, uscita solo dal 17 novembre 2021, ha già invaso tutte le piattaforme social italiane. Nel giro di 6 episodi è riuscita a farci ridere, commuovere e soprattutto riflettere. Essa, infatti, rappresenta una sorta di ironico e satirico flusso di coscienza dallo spiccato accento romano, che si fa portavoce attraverso divertenti analogie di tutte le preoccupazioni di una generazione intera: quella dei millennials.

Strappare lungo i bordi: la trama

Strappare lungo i bordi, la nuova serie italiana di Netflix, presentata in anteprima alla festa del cinema di Roma il 18 ottobre 2021, porta sullo schermo le rocambolesche avventure quotidiane, i flashback e gli aneddoti che ripercorrono l’intera vita di Zerocalcare, alter-ego fumettistico dell’autore Michele Rech, accompagnato dall’iconica incarnazione della sua coscienza sottoforma di armadillo (doppiato da Valerio Mastandrea) e gli inseparabili amici d’infanzia Sarah e Secco, diretti verso qualcosa di incredibilmente doloroso.

Attraverso un linguaggio scanzonato e ironico, lo spettatore viene catapultato in un vero e proprio viaggio tra riflessioni e ansie, affrontate attorno un perfetto ritratto della disarmante tenerezza e fragilità dell’essere umano gettato nella società moderna (rappresentata attraverso il mito della caverna di Platone), nella frenesia del quotidiano e nella stretta del capitalismo. Le vicende comprendono temi comuni, come il tenere in ordine la casa o scegliere cosa guardare, ma anche situazioni più delicate da cui prendono vita mille interrogativi e universi paralleli in cui le cose sarebbero potute andare diversamente.

Strappare lungo i bordi: a cosa fa riferimento il titolo?

A cosa fa riferimento il titolo della nuova serie animata di Zerocalcare? Domanda che trova facile risposta in una delle battute più amate dell’intera serie: “E allora noi andavamo lenti, perché pensavamo che la vita funzionasse così, che bastava strappare lungo i bordi, piano piano, seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere. Perché c’avevamo diciassette anni e tutto il tempo del mondo.

Il titolo fa riferimento alla riga tratteggiata che la società moderna ci indica: “Studio-Laurea-Lavoro-Famiglia”, un percorso che, per chi è nato dopo gli anni ’80, è ormai difficile da seguire in modo lineare. Ed è così che diventa complesso disegnarsi aprioristicamente una forma definita e doverla scontornare rimanendo all’interno del tracciato senza strappare il foglio.

Ognuno cerca disperatamente di costruirsi un posto in un mondo incerto. La serie sembra voler scardinare il meccanismo a cui pensiamo di essere destinati, dato di fatto che ci rivela esposti all’imprevedibilità dell’esistenza e consapevoli della nostra difettosa ma meravigliosa unicità, mettendo a tacere la credenza che vede l’erba del vicino più verde e le vite degli altri come perfettamente ritagliate e impilate. Ma in realtà non vediamo che solo un pezzo dell’intero puzzle, la vita delle persone è intricata e non sempre guidata da una logica comprensibile, da un principio di causa-effetto, bensì da motivazioni complesse e intime.

Strappare lungo i bordi: tutte le tematiche affrontate nella serie

Strappare lungo i bordi è un vero e proprio compendio di tutte le tematiche delicate del XXI secolo: c’è la critica velata al patriarcato, la precarietà lavorativa ed esistenziale, la fragilità psicologica, gli stereotipi sociali, la violenza sulle donne, il problema della ludopatia online e, in ultimo, il dramma del suicidio.

Rivendicando il proprio “diritto alla lagna”, con intelligenza l’autore pone in evidenza anche l’angoscia del maschio alfa, chiamato a ricoprire un ruolo di dominio e forza, in una società che vede in lui un soggetto privilegiato che, di conseguenza non ha diritto di mostrare le proprie debolezze o chiedere aiuto.

Zerocalcare racconta inoltre, attraverso un dialogo con Sarah, anche un’altra caratteristica tipicamente attribuita ai millennials: il narcisismo. Quell’atteggiamento di arroganza ed egocentrismo, accompagnato dall’assurda convinzione di essere unici e insostituibili al punto da sentirsi il peso del mondo addosso, che causa a sua volta la percezione di un forte senso di colpa immotivato. Stando alle parole esatte del dialogo: “Ma non ti rendi conto di quant’è bello? Che non ti porti il peso del mondo sulle spalle, che sei soltanto un filo d’erba in un prato? Non ti senti più leggero? (Sara)”

La genialità di questo prodotto seriale sta proprio nel suo tentativo di raccontare il disagio esistenziale di una generazione che si ritrova a convivere con un senso di vuoto, causato da un’improvvisa perdita delle certezze e punti di riferimento. Michele Rech riporta il dramma in un format visivo e animato impeccabile, gettando l’ancora dell’ironia e capovolgendo tutta una serie di convinzioni, aiutando i giovani che si affacciano ai problemi della vita a superare l’ossessione verso sé stessi, entrare in empatia con l’altro e guardarsi dentro senza pretese o pregiudizi, nell’intento di esorcizzare le scelte sbagliate e la paura di fallire.

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Stefania D'Aniello
Appassionata di lingue, culture e comunicazione in tutte le sue forme verbali e non.