Venom – La Furia di Carnage: il successo è assicurato, ma la qualità ancora lontana (recensione)

Venom La Furia di Carnage recensione

Il sequel di Venom ha confermato gran parte delle aspettative della viglia, diventando ben presto un successo dal punto di vista mediatico e incassando considerevolmente al botteghino; come spesso dimostrato dai prodotti di un universo narrativo di questo tipo – spesso contestato da alcuni registi celebri e particolarmente amati -, però, il grande successo non è garantito tanto da un fattore qualitativo, ma da un elemento di attesa e risposta all’attesa che ha funzionato per i grandissimi lavori che hanno interessato Marvel, DCU e altre case di produzione negli ultimi anni. Con Venom – La Furia di Carnage, però, la corda sembra essere stata tirata fin troppo e il rischio di andare incontro a una fragorosa rottura risulta essere fin troppo elevato: che non si tratti del film dell’anno è chiaro, e nessuno poteva aspettarsi che lo diventasse, ma il destino di questi prodotti cinematografici sembra essere sempre più segnato da una mera soddisfazione del fabbisogno di un nulla artistico propinato attraverso alcune tipologie di pellicola.

La trama inconsistente di Venom è addirittura peggiore rispetto al primo film

Se c’è qualcosa che si deve, a un prodotto cinematografico di qualsiasi tipo, è un’analisi approfondita dei caratteri che lo definiscono; riuscire a omaggiare, stroncare o esaltare qualsiasi tipologia di pellicola non è mai semplice e, per evitare qualsiasi forma di pregiudizio o di aprioristica istanza, risulta essere fondamentale considerare punto per punto, partendo dalla componente fondamentale che definisce un film. La trama di un prodotto cinematografico non è soltanto l’insieme dei meccanismi narrativi che garantiscono lo svolgimento e il percorso vero un finale, ma anche e soprattutto l’ossatura di un qualsiasi tipo di film, che inevitabilmente verrà percepita dal punto di vista critico e non solo.

Ciò significa, sostanzialmente, due cose: da un lato, per quanto il successo di film che presentino trame inconsistenti sia possibile, un prodotto cinematografico senza contenuto non ha storia, dal momento che ogni elemento tecnico è oggetto di una sua evoluzione e di un superamento, mentre l’elemento contenutistico permane nella memoria collettiva; in secondo luogo, per quanto possano primeggiare elementi di natura grafica e di effetti speciali (che in Venom – La Furia di Carnage non mancano), non si può scappare dallo sguardo di chi vorrebbe di più e, inevitabilmente, non può ottenerlo. I meccanismi che permettono la nascita del villain Carnage sono banalissimi, così come il classico sviluppo di una trama composta da incontri-scontri. Il tutto serve a condurre verso un finale che caratterizza l’unica nota positiva del film, neanche tanto per scelte di natura tecnica o di sceneggiatura, quanto più per la curiosità che si ha a proposito dell’ibridazione tra gli universi narrativi. La scelta è sicuramente interessante, ma ciò che c’è al di là della stessa non caratterizza un’ossatura valida da condurre lo spettatore al finale in modo spedito, tanto che si può tranquillamente rimpiangere di aver visto il 90% del film.

Tra effetti speciali e grosse lacune: tutto ciò che manca in Venom – La Furia di Carnage

Giungendo al punto nevralgico della questione, il sequel di Venom vive attraverso due sostanziali paralleli: da un lato l’inconsistenza della trama che non sviluppa neanche le caratterizzazioni positive poste in essere, dall’altro il sicuro pregio di fotografia ed effetti speciali che sono sicuramente ben curati. Se c’è un motivo in grado di trascinare milioni di persone al cinema, tanto da portare il film a caratterizzare un vero e proprio record al botteghino nel post Coronavirus, di sicuro questo è rappresentato da una cura grafica e tecnica di chi vuole osservare mostri, simbionti, esplosioni e distruzioni in modo consistente e considerevole. Il primo Venom non si era risparmiato sotto questo punto di vista, per quanto mancassero ancora degli elementi in grado di far parlare di capolavoro strutturale, ma con il sequel di Venom è stato sicuramente compiuto un passo in avanti.

Carnage è ben rappresentato dal punto di vista grafico: la sua estetica, le sue tonalità e – in definitiva – il suo personaggio funzionano bene sul grande schermo, animano ogni sala cinematografica e rendono il film un must dal punto di vista grafico. Anche in questo caso c’è un però: lo sviluppo del personaggio interpretato da Woody Harrelson, soprattutto prima della nascita del simbionte, poteva essere sicuramente più marcata, in virtù di una caratterizzazione del personaggio certamente positiva e gradevole; eppure, anche in virtù di una trama che si sviluppa in poco tempo, si corre subito verso lo scontro e la lotta, quasi andando incontro a un bisogno dello spettatore/cliente che penalizza l’indirizzo della trama. In definitiva, la trama di Venom 2 vive di un mancato riconoscimento possibile entro certi aspetti: fa dell’ironia sporadica e mai incisiva il suo punto di vista, si serve di un solito Tom Hardy (nei panni di Eddie Brock) a cui poco si può rimproverare e, in definitiva, è tutto un grande what if?

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Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.