The Witcher 2: il grande salto in avanti della serie con Henry Cavill (recensione)

The Witcher 2: il grande salto in avanti della serie con Henry Cavill (recensione)

La seconda stagione di The Witcher era stata particolarmente attesa da parte di tantissimi spettatori su Netflix; tuttavia, l’insieme delle difficoltà che hanno riguardato il periodo di pandemia e le condizioni di salute di Henry Cavill avevano comportato un rallentamento nella produzione. Dopo essere stata distribuita, The Witcher 2 è diventata subito un successo sulla piattaforma di streaming; i fan della serie, ovviamente, hanno subito richiesto a gran voce una terza stagione – confermata – della serie tratta dai romanzi di Andrzej Sapkowski. In effetti, la serie in questione è già stata annunciata e permetterà di approfondire il legame a tre tra Geralt di Rivia, Ciri e Yennefer, soprattutto in vista di eventi di grande spolvero, magistralmente raccontati all’interno dei romanzi. Intanto, comunque, non si può che notare il grande salto in avanti della serie con Henry Cavill. Dopo gli errori e i limiti della prima stagione, The Witcher 2 ha alzato particolarmente la qualità del suo sceneggiato, attraverso scelte più che semplicemente interessanti.

Il rapporto tra Geralt e Ciri e la nuova caratterizzazione dei due personaggi

Il cambiamento più importante nella seconda stagione di The Witcher si assiste con la migliore caratterizzazione del personaggio di Ciri; ciò passa, naturalmente, attraverso la dinamica di rapporto con Geralt di Rivia. Chiaramente, nel cercare di descrivere una situazione genitoriale, fatta anche e soprattutto di responsabilizzazione, promesse, scontri e collaborazioni, entrambi i personaggi descritti sembrano aver ottenuto un miglioramento, soprattutto nelle caratteristiche individuali. Geralt ha visto sostituita la sua spalla, dopo che nella prima stagione era stato Ranuncolo il bardo ad essere costantemente presente nelle puntate in cui Geralt di Rivia era protagonista; quanto a Ciri, invece, nella prima stagione era stata rappresentata costantemente come principessa in fuga impaurita, dopo gli eventi che l’avevano interessata all’inizio del prodotto televisivo.

Per questo motivo, era stato difficile riuscire a comprendere parte del carattere e delle capacità della giovane dal sangue ancestrale, per quanto si potesse prevedere che il suo ruolo – legato a quello di Geralt di Rivia – fosse ben altro rispetto a quello di semplice comparsa nell’esistenza del Witcher. Dal sangue ancestrale, che permette di far vivere nuovi Witcher, oltre che di alimentare la presenza di creature mostruose nel mondo di riferimento, fino alle incredibili abilità che Ciri ha dimostrato nel combattimento e nella gestione del caos, c’è tanto da raccontare a proposito del personaggio che, per questo, è stato spesso centrale all’interno della narrazione della seconda stagione del prodotto su piccolo schermo. Ovviamente, per chi ha letto i libri o giocato i videogiochi, non è un mistero il futuro della protagonista della serie televisiva ma, intanto, la serie segue il suo corso, attraverso il colpo di scena finale mostrato sullo schermo: Ciri è la figlia dell’imperatore supremo di Nifgaard, e la ricerca della ragazza sarà il motivo di una grandissima guerra pronto a essere osservato nella terza stagione di The Witcher.

La narrazione di The Witcher 2 e il migliore equilibrio politico nella serie

La prima stagione di The Witcher aveva confuso tantissimo le acque; la seconda stagione del prodotto televisivo ha cercato, con grande successo, di riordinare le idee che non erano state rese al meglio attraverso l’adattamento televisivo dei romanzi di Andrzej Sapkowski. In effetti, il mondo di The Witcher è particolarmente vasto, oltre che ricco di una serie di caratterizzazione che rimandano ad universi diametralmente opposti tra loro: da un lato la caratterizzazione dei Witcher, uomini mutati geneticamente che possiedono delle abilità straordinarie e che possono salvare il mondo dall’avvento dei mostri; dall’altro la magia, rappresentata non soltanto dal complesso di Aretuza, di cui si è parlato all’interno della prima stagione di The Witcher, ma anche da tutte le possibilità che i maghi hanno nell’evadere dalle regole fondamentali dell’Accademia e del mondo magico in questione. Per questo motivo, si sente molto spesso parlare di caos, di equilibrio e degli effetti negativi che una mancata gestione ottimale della magia può avere sugli individui. Infine, The Witcher è anche un luogo ideologico, dominato da una serie di intrighi politici: guerre, accordi, spionaggi, accordi tra parti politiche e, soprattutto, il destino di tantissime realtà fantasy che riescono a coesistere sullo schermo solo attraverso una certa abilità.

Nella prima stagione, dominati da un complesso di caratteristiche sicuramente difficili da narrare con gli stessi termini, era molto semplice ritrovarsi di fronte a una certa confusione da parte dello spettatore, che non riusciva a cogliere le caratteristiche della realtà che osservava né dal punto di vista geografico, né – soprattutto – per una gestione dei tempi narrativi (soprattutto il passato-presente, non reso ottimamente), che confondevano molto non permettendo di comprendere in quali momenti della narrazione ci si trovasse. La seconda stagione riesce a riordinare tutto nonostante degli errori che sono ancora presenti ma che, allo stesso tempo, appaiono come meno percepibili e grossolani: l’incontro tra le diverse realtà precedentemente citate e, soprattutto, la caratterizzazione di momenti politici (incontri, accordi espliciti e concili) permette anche di capire il perchè di tanti scontri e di teatri bellici costantemente organizzati sul piccolo schermo.

I personaggi rappresentati e le attese per la terza stagione di The Witcher

Nel complesso, The Witcher 2 spicca anche e soprattutto per una migliore rappresentazione dei personaggi, che riescono a entrare meglio – e non solo forzatamente – all’interno della realtà narrata. Al di là dei tre protagonisti, che continuano ad essere oggetto di una descrizione ottimale, soprattutto per quel che concerne le caratterizzazioni psicologiche, sono tanti i personaggi rappresentati sul piccolo schermo. E’ emblematica, ad esempio, la trattazione del personaggio di Vesemir, che riesce ad offrire una caratura ottimale alla storia dei Witcher: il bagaglio umano apportato, oltre che le inquietudini rappresentate dal personaggio, sono il motore di una rappresentazione secondaria che permette di capire meglio la storia dei Witcher, oltre che il tragico destino che ha riguardato la maggior parte di questi personaggi.

Anche Francesca Findabair, regina degli elfi, permette di aggiungere una caratura importante alla rappresentazione di un popolo che, nella prima stagione, era stato descritto solo ed esclusivamente come bersagliato e, per questo, completamente alienato dalla realtà di The Witcher. Con la collaborazione con Nifgaard e, soprattutto, con l’espediente della morte della figlia di Francesca, si può notare una personalizzazione del personaggio perfetta, soprattutto nella descrizione del dolore provato che, ovviamente, si traduce in voglia di vendetta.

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.