Licantropus: l’esordio alla regia di Michael Giacchino nel nuovo speciale dei Marvel Studios (Recensione)

Licantropus recensione del nuovo film di Michael Giacchino, trama e cast del nuovo film su Disney+

Dal nuovo speciale dei Marvel Studios, Licantropus, ci si poteva aspettare tanto o si poteva attendere pochissimo, in base alle differenti modalità di valutazione del prodotto in questione; in ogni caso, però, è pur vero che lo speciale della Marvel – distribuito nella piattaforma di streaming Disney+ – sia stato presentato come un prodotto slegato rispetto agli aspetti narrativi convenzionali del Marvel Cinematic Universe: nessuna forzatura, dunque, è presente all’interno del prodotto di 54 minuti, così come nessun rimando articolato che deve richiamare il dettaglio di questo o quel film presente all’interno della linea temporale. Sulla base di un’introduzione di questo genere, è possibile considerare nel dettaglio tutto ciò che c’è da sapere a proposito della recensione di Licantropus, il nuovo film dei Marvel Studios che vede un Michael Giacchino – collaboratore di vecchia data della Marvel – esordire alla regia, se si escludono i cortometraggi speciali che lo statunitense aveva realizzato nel contesto di Star Trek.

La trama di Licantropus, il nuovo speciale dei Marvel Studios diretto da Michael Giacchino

Con poche pretese e, soprattutto, con un’attenta fedeltà al racconto dei fumetti, Licantropus mette in scena una narrativa lineare e particolarmente efficace, anche e soprattutto grazie alla grande sorpresa nella regia di Michael Giacchino. La narrazione prende le mosse dalla morte di Ulysses Bloodstone, uno dei più celebri cacciatori di mostri, a seguito di una spiegazione iniziale che permette di comprendere che cosa sia la Bloodstone, arma che indebolisce i mostri permettendo una più semplice cattura. In virtù della sopraccitata dipartita, la sua vedova Verusa decide di invitare i più prestigiosi cacciatori di mostri all’interno della propria casa, con l’obiettivo di decretare chi sarà l’erede di Ulysses nel possedere la celebre Bloodstone.

Tra questi ultimi, sono presenti anche il protagonista, Jack Russell, ed Elsa, figlia di Ulysses che – nonostante un futuro promettente sulla scia del padre – ha deciso di allontanarsi da quest’ultimo, recandogli il più grande dispiacere della sua vita. L’obiettivo della prova è chiaro: i cacciatori di mostri dovranno abbattere Man-Thing (l’Uomo Cosa), che nel film viene presentato soltanto attraverso il nome di Ted; chi riuscirà a farlo, conquisterà la tanto agognata Bloodstone. Fin dall’inizio della prova ci si rende conto che Jack non è un vero cacciatore di mostri, in virtù di comportamenti particolarmente ambigui: il suo vero obiettivo è liberare il mostro, che si rivela essere suo amico, e per farlo si serve dell’aiuto di Elsa – che intanto, nonostante non abbia continuato ad allenarsi con il padre, si rivela essere molto più abile di tutti gli altri -, la quale accetta una tregua tra i due; il patto è semplice: Elsa aiuterà a liberare Ted e Jack le lascerà il controllo della Bloodstone. Quando il tutto si concretizza, Jack – che viene a contatto con la pietra – viene scagliato via dall’arma, rivelando la sua natura di mostro.

Verusa e gli altri cacciatori di mostri rimasti in vita decidono di chiudere in gabbia Jack Russell ed Elsa, affinché il primo, la cui natura di licantropo verrà rivelata attraverso il potere della Bloodstone, ucciderà la seconda: tuttavia, a seguito della trasformazione, Jack si scaglia contro tutti gli altri, provocando una vera e propria carneficina; Elsa, intanto, si occuperà di uccidere tutti gli altri cacciatori di mostri. Quando, in occasione dello scontro finale, Jack si renderà conto (nonostante sia un licantropo) di chi è Elsa, risparmiandole la vita, quest’ultima rimarrà da sola contro Verusa, che verrà uccisa da Ted, in cerca del suo amico Jack. Il film si chiude a colori (dopo una sola tonalità di bianco e nero dopo tutti i 50 minuti), attraverso una scena che vede Jack – tornato umano – e Ted parlare e scherzare tra di loro.

La nota pregiata nella regia di Michael Giacchino

Si parte da una considerazione che, a margine della visione del prodotto distribuito dai Marvel Studios su Disney+, risulta essere necessaria: prodotti di questo genere, benché il film TV sia stato presentato come uno speciale, vanno osservati senza enormi aspettative, dal momento che non vengono realizzati con la pretesa di raggiungere successi planetari, pubblici piuttosto ampi o consensi unanimi. Osservando un prodotto per quello che è, in questo caso una sperimentazione di genere sicuramente riuscita, attraverso alcuni accorgimenti che appaiono anche piuttosto ben realizzati, la valutazione posteriore non risentirà certamente di quell’enorme aspettativa delusa che, anche nel caso di Licantropus così come in numerosi prodotti dei Marvel Studios, apparirebbe sicuramente fuori contesto.

La nota più positiva, nei 54 minuti di Licantropus, è determinata sicuramente dalla regia di Michael Giacchino; collaboratore di vecchia data della Marvel – anche della DC, a dire il vero, come dimostra la colonna sonora di recente realizzata per The Batman diretto da Matt Reeves -, Giacchino si destreggia perfettamente nel suo nuovo ruolo di regista e, contemporaneamente, compositore del film TV in questione. Se, per quanto riguarda la seconda attività, si avevano ben pochi dubbi a proposito dell’effettiva riuscita del suo lavoro, stupisce sicuramente il lavoro nella direzione di Licantropus, che strizza l’occhio ad espedienti narrativi, tecnici e rappresentativi tipici del cinema degli anni ’30 e che, per mezzo di una narrazione lineare e mai troppo piena di sé, riesce a portare a casa il risultato.

Giacchino appare molto sicuro di sé sotto tutti i punti di vista: il linguaggio, dietro la macchina da presa, sicuramente gli appartiene attraverso un carattere nostalgico che emerge attraverso gli artifici tecnici del prodotto cinematografico in questione; allo stesso tempo, alcune scene mostrano anche una grande qualità che – al di là di quella linearità che comunque non va contrastata nei suoi aspetti – rende il prodotto degno di essere guardato, indipendentemente dalla propria eventuale passione per la Marvel o per il personaggio di Licantropus. E, a proposito di narrazione, sorprende l’assenza di scene post-credit che (fatta eccezione per Avengers: Endgame, che pur contiene un riferimento sonoro ad Iron Man) appare certamente inedita nel MCU: il regista è stato chiaro nelle sue dichiarazioni, spiegando che un prodotto relativamente breve, fatto e finito come Licantropus, avesse ben poco bisogno di una macchina di distrazioni per accontentare il buon gusto del fan modello della Marvel. A ben vedere, confrontando l’esordio alla regia di Michael Giacchino con quelli che furono i lavori di Jon Favreau, in Iron Man e Iron Man 2, che aprirono il Marvel Cinematic Universe, si nota un vero e proprio abisso, qualitativamente e ideologicamente parlando, che evidenzia la bravura del primo.

Tutto ciò che funziona nel nuovo speciale dei Marvel Studios su Disney+

Che sia per le aspettative della vigilia, che certamente non ricercavano – nel prodotto in questione – un capolavoro o che sia per la durata relativamente breve del film TV, di 54 minuti (comprensivi dei 6 di titoli di coda), certo è che in Licantropus si fa fatica a identificare dei difetti particolarmente consistenti; o meglio: per quanto esista una naturale compresenza tra ciò che rende il film ottimo e ciò che, invece, non fa gridare al capolavoro, si farebbe fatica a definire questi stessi elementi accorpandoli in uno dei due estremi. In termini molto più semplice: Licantropus è un prodotto che funziona, che si lascia guardare, che non stanca nella sua ora di visione, che comunica ciò per cui è preposto e che, in fin dei conti, non delude nelle sue caratteristiche.

Tra gli elementi che funzionano, all’interno del film in questione, ci sono sicuramente tutte le scelte tecniche che riguardano il prodotto in questione; strizzando l’occhio a una cinematografia tipica degli anni ’30, lo speciale Marvel continua con una tendenza che era già stata inaugurata con gli one shot prima e con la serie di Wandavision poi: da un lato “riesumare” personaggi lontani dalla narrativa popolare (anche se con una trattazione ben diversa dal cortometraggio), dall’altro arricchire questi riferimenti con continui omaggi alla cultura cinematografica e televisiva del secolo scorso. In questo film si possono osservare una fotografia in bianco e nero ottenuta sulla base di una sola tonalità, una fotografia piuttosto esatta nei suoi intenti, l’espediente tecnico delle bruciature di sigaretta – una “chicca” che si era permesso anche David Fincher nel suo Mank – e, in ultimo, una colonna sonora che non poteva che essere esatta nelle sue rappresentazioni. Richiamando quella narrativa tipica dell’horror classico, che si struttura attraverso climax ascendenti, macchine da presa fisse su una scena in evoluzione ed elementi scenografici (come il sangue sullo schermo, in questo caso) d’impatto, Licantropus fa tornare nostalgicamente indietro nel tempo con dovizia, non sorprendendo entusiasticamente e non deludendo le aspettative.

Si conclude con una, pur veloce, panoramica sugli attori che non deludono: menzione speciale per il Gael Garcia Bernal, che appare particolarmente divertito all’interno del film e che dimostra una versatilità che gli era certamente stata già riconosciuta nel corso degli anni. Non resta che un interrogativo: sarà possibile osservare prodotti di questo genere ancora, da parte dei Marvel Studios, o si tratterà di una firma unitaria che apparirà piuttosto fuori contesto nel Marvel Cinematic Universe? Non resta che attendere il responso, soprattutto per quel che concerne gli speciali previsti a partire dall’episodio natalizio dei Guardiani della Galassia.

About the Author

Bruno Santini
Laureando in comunicazione e marketing, copywriter presso la Wolf Agency di Moncalieri (TO) e grande estimatore delle geometrie wesandersoniane. Amante del cinema in tutte le sue definizioni ed esperto in news di attualità, recensioni e approfondimenti.